Il terz’ultimo appuntamento dei “Concerti di Autunno”, rassegna organizzata dalla Comunità Evangelica Luterana di Napoli e affidata alla direzione artistica di Luciana Renzetti, ha ospitato il Duo Amigdala, costituito dal chitarrista Gian Marco Ciampa e dalla flautista Bianca Maria Fiorito.
La serata, dal significativo titolo “Musica di integrazione”, in quanto rivolta alla “contaminazione” fra repertorio popolare e classico, si è aperta con Trois mouvements perpétuels di Francis Poulenc (1899-1963), che l’autore francese scrisse per pianoforte solista nel 1918, per poi concepirne una versione orchestrale nel 1925.
Il lavoro risente indubbiamente delle influenze di Ravel e Stravinskij e, anni dopo, venne sconfessato dal musicista, che lo considerava superficiale e rozzo in confronto alla produzione della maturità.
Ma, nonostante le distanze prese a suo tempo, il pezzo gode ancora oggi di una discreta fama, sicuramente maggiore delle composizioni con le quali Poulenc pensava di passare alla storia.
Dalla Francia all’Argentina con Histoire du tango di Astor Piazzolla (1921-1992), risalente al 1986 e diviso in quattro tempi, unico brano concepito dall’autore sudamericano per chitarra e flauto, coppia di strumenti ai quali, nel 1882, vennero affidati gli esordi del ballo, diffuso inizialmente nei postriboli di Buenos Aires.
Non a caso il primo movimento è intitolato Bordel 1900, ai quali fanno seguito Café 1930, Night Club 1960 ed infine Concert d’aujourd’hui, per una successione dove Piazzolla tendeva a sottolineare anche i meriti da lui avuti per aver nobilitato il tango, portandolo dalle case di tolleranza argentine alle sale da concerto europee.
La successiva Sonatina op. 205 per flauto e chitarra portava alla ribalta Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968), compositore ancora oggi scarsamente conosciuto, fiorentino di origini ebraiche, che scappò negli USA per sfuggire alle leggi razziali emanate dal regime fascista.
Il brano venne composto nell’estate del 1965, su richiesta del duo formato dal flautista Werner Tripp e dal chitarrista Konrad Ragossnig, e contiene in sé diversi spunti, che ricordano le atmosfere delle numerose colonne sonore create da Castelnuovo-Tedesco per il cinema americano.
Chiusura affidata alle Danze popolari rumene, frutto delle numerose ricerche etnomusicologiche di Béla Bartók (1881-1945).
Suite formata da sei brevissimi movimenti, corrispondenti ad altrettante danze originarie della Transilvania, venne composta nel 1915 per pianoforte, ed in seguito trascritta per piccola orchestra nel 1917, portando i movimenti a sette, in quanto l’autore divise l’ultima danza in due parti.
Veniamo ora ai due splendidi protagonisti, il chitarrista Gian Marco Ciampa e la flautista Bianca Maria Fiorito, che hanno chiamato il loro duo “Amigdala”, prendendo come riferimento l’agglomerato di nuclei nervosi presenti nel cervello, a forma di mandorla, responsabile della memoria legata alle emozioni.
Entrambi si sono rivelati musicisti di elevatissimo spessore, con Gian Marco Ciampa, classe 1990 (la cui ultima apparizione ai “Concerti di Autunno” risaliva al 2015), che ha confermato la sua enorme bravura, espressa attraverso sonorità nitide e di notevole raffinatezza, grazie alle quali si è affermato nelle competizioni di maggiore prestigio del settore ed ha ricevuto in tutto il mondo unanimi apprezzamenti da pubblico e critica.
Non è stata da meno Bianca Maria Fiorito, appena ventenne, da poco trasferitasi a Salisburgo per perfezionarsi, che è apparsa artista pienamente matura, evidenziando una versatilità straordinaria, abbinata ad un suono ricco di espressività e di sfumature e contraddistinto da una solidità interpretativa, per cui, in sintesi, siamo di fronte ad un assoluto talento.
Insieme hanno dato vita ad una prova straordinaria, dove sono emerse le eccezionali qualità di entrambi, senza che l’affiatamento complessivo ne risentisse, in quanto ognuno risultava al servizio dell’altro, così come dovrebbe sempre essere nell’ambito della musica da camera.
Spettatori molto numerosi, che hanno seguito con grande attenzione il concerto e sono rimasti favorevolmente colpiti da un duo così giovane, accompagnandolo con scroscianti applausi lungo l’intera esibizione.
Alla fine hanno chiesto a gran voce un bis, prontamente accontentati con l’esecuzione di Entr’acte, tratto dalla produzione del francese Jacques Ibert, degna conclusione di un recital di altissimo livello.
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