Si è svolto, presso il Centro Culturale Domus Ars, il secondo appuntamento di “Musica al Centro Antico”, rassegna organizzata dalla Nuova Orchestra Scarlatti.
Ospite della serata il giovane Quartetto Felix, costituito da Marina Pellegrino (pianoforte), Vincenzo Meriani (violino), Francesco Venga (viola) e Matteo Parisi (violoncello) che ha proposto il Quartetto WoO 36 n. 1 in mi bemolle maggiore di Ludwig van Beethoven (1770-1827) e il Quartetto op. 47 in mi bemolle maggiore di Robert Schumann (1810-1856).
Riguardo al primo, apparteneva ad un trittico datato 1785, creato quando Beethoven risiedeva ancora a Bonn e pubblicato postumo nel 1828 dall’editore viennese Artaria (il che giustifica la particolare catalogazione, in quanto WoO caratterizza i cosiddetti Werke ohne Opuszahl ovvero brani senza numero d’opera).
Si tratta di un lavoro giovanile, che risente sicuramente dell’influenza di Mozart e Haydn, dove però già sono presenti, allo stato embrionale, diverse peculiarità che verranno sviluppate negli anni successivi, contribuendo a rendere unico lo stile del grande compositore tedesco.
Dal canto suo, il Quartetto con pianoforte op. 47 di Schumann risale al 1842, che l’autore ribattezzò “anno della musica da camera”, in quanto vide il fiorire, fra l’altro, di assoluti capolavori come i tre Quartetti per archi op. 41 ed il Quintetto op. 44.
Completato a fine novembre, conobbe l’esordio in pubblico solo due anni dopo, al Gewandhaus di Lipsia, eseguito da un ensemble che comprendeva Clara Schumann al pianoforte, Ferdinand David al violino, Niels W. Gade alla viola, ed al violoncello il nobile russo Matvi Jurevic Wielhorsky, dilettante talentuoso nonché dedicatario del pezzo.
Uno sguardo, ora, sul Quartetto Felix, nato nel 2015, che ha già ricevuto numerosi riconoscimenti, e nel gennaio 2020 ha esordito anche in ambito discografico, grazie ad un cd allegato alla prestigiosa rivista “Amadeus”.
Il suo nome fa riferimento sia alle origini campane dei componenti (ricordiamo che, all’epoca romana, si parlava di “Campania Felix” per contraddistinguere una zona, in parte sovrapponibile a quella attuale), sia alla felicità di fare musica insieme.
Ed in effetti, il quartetto è apparso quanto mai sereno, e dotato di una compattezza e di un equilibrio che denotano grande maturità.
Il Beethoven giovanile è risultato molto piacevole ed affrontato senza sottovalutarne le insidie sottese ad una freschezza, che talora rischia di risolversi, se non viene considerata nelle sue effettive dimensioni, in qualcosa al limite del banale.
Ad un ottimo Beethoven, ha fatto seguito uno Schumann strepitoso, dove sono stati evidenziati sia la scrittura corposa e ricca di sfumature, sia una giusta dose di romanticismo, insita ad esempio nell’evocativo andante, che sovente viene snaturato e reso estremamente sdolcinato con il solo scopo di ingraziarsi il pubblico.
Gli spettatori presenti, il cui numero era giustamente limitato dalle normative anti-Covid, hanno mostrato di apprezzare molto il concerto, applaudendo a lungo i quattro protagonisti e chiedendo insistentemente un bis.
Sono stati accontentati con un omaggio ad Ennio Morricone, consistente nell’esecuzione del leitmotiv, tratto dalla colonna sonora del film di Tornatore “Malèna”, che ha chiuso degnamente una serata di grande musica.
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