L’ottavo appuntamento dei “Concerti di Autunno”, rassegna organizzata dalla Chiesa Evangelica Luterana e affidata alla direzione artistica di Luciana Renzetti, ha portato alla ribalta il duo Chi Asso, formato da Valerio Celentano (chitarra) e Marco Cuciniello (contrabbasso).
In programma una serie di autori sudamericani, da cui il titolo “Sul Sur” – a South American Anyhology dato alla serata, anche se l’inizio è stato rivolto al francese, nato a Tunisi, Roland Dyens (1955-2016), uno dei maggiori chitarristi del Novecento.
Dopo un viaggio in Brasile, Dyens venne colpito dalle sonorità carioca e volle dare il suo apporto, scrivendo tre saudades, l’ultima delle quali è stata proposta in apertura di concerto.
Era quindi la volta del brasiliano Ernesto Nazareth (1863-1934), compositore e apprezzato pianista, che approfondì il repertorio legato alle danze, non solo del suo paese, ma anche del continente europeo ed africano, spesso fondendole in pezzi divenuti molto popolari.
Alla sua produzione appartenevano Batuque, ballo di origine capoverdiana, Odeon, “choro” ripreso poi da Nogueira e Toquinho, e Resignação (Rassegnazione), struggente valzer lento, ultimo brano scritto da Nazareth, risalente al 1930 e pubblicato soltanto nel 2008.
Toccava poi ad Agustín Barrios (1885-1944), leggendario chitarrista paraguayano, noto anche per la sua originalità, in quanto amava spesso calcare le scene vestito da indio, facendosi chiamare Nitsuga Mangoré, dal nome di un famoso capo guaraní.
Nel corso della serata abbiamo ascoltato Aconquija e Aire de Zamba, dalla Suite Andina, La Catedral, assoluto capolavoro formato da tre movimenti ed ispirato alla cattedrale di Montevideo, e Maxixe, legato ad una danza nata a Rio alla fine dell’Ottocento, che toccò l’Europa agli albori del Novecento.
Chitarrista autodidatta e cantante fu invece Paulinho Nogueira (1929 – 2003), docente di Toquinho ed inventore della craviola, una chitarra a dodici corde di forma ameboide, costruita dalla liuteria brasiliana Giannini.
Di Nogueira abbiamo ascoltato la Bachianinha n. 1, nata dall’incontro fra la musica antica brasiliana e quella europea.
Con Canción e La danza de la paloma enamorada si passava all’argentino Héctor Roberto Chavero Aramburo (1908 – 1992), meglio noto con lo pseudonimo di Atahualpa Yupanqui, (da Atahualpa, l’ultimo imperatore inca, giustiziato dai conquistadores, e Yupanqui, grande cacicco degli indiani quechua, etnia di appartenenza del padre del compositore).
Autore di circa 1500 canzoni, fu costretto a scappare in Francia nel 1948 per motivi politici, in quanto contrario al regime di Peron, e lì proseguì la sua carriera, finendo i suoi giorni a Nimes.
Penultimo autore in programma Jorge Morel (1931), nato a Buenos Aires, e spostatosi a 30 anni a New York, città nella quale tuttora risiede.
Chitarrista di fama mondiale, ha intrapreso tournée in tutto il mondo, nell’ambito di una carriera trentennale ricca di successi, eseguendo sue composizioni ispirate alla musica contemporanea e ai ritmi sudamericani, come la Danza brasileira proposta nel concerto.
Conclusione con 7 anéis, contenuto nell’album Infância (1990) di Egberto Gismonti, nato nel 1947 in Brasile, da padre libanese e madre siciliana.
Polistrumentista ancora in attività, ha maturato esperienze molto diverse, da quelle più strettamente “classiche”, in quanto allievo della leggendaria Nadia Boulanger a Parigi, nonché di Webern e Schönberg, alla musica popolare del suo paese, passando per il jazz.
Uno sguardo, ora , agli interpreti, Valerio Celentano e Marco Cuciniello, che costituiscono un ensemble piuttosto raro (probabilmente è la prima volta che incontriamo un duo formato da chitarra e contrabbasso), eppure il connubio fra le sonorità dei due strumenti funziona benissimo, anche grazie alla estrema bravura di entrambi gli esecutori, perfettamente affiatati.
A ciò va aggiunto un certosino lavoro di trascrizione, che nobilita ulteriormente i brani, e un senso del ritmo straordinario.
Quest’ultima peculiarità si poteva apprezzare anche nel bis, chiesto a gran voce da un pubblico numeroso ed entusiasta, consistente nel famosissimo El Choclo (dalle nostre parti noto più prosaicamente come “Tango di Maradona”), tratto dalla produzione di Ángel Villoldo, il padre del tango (quello originario, privo di contaminazioni europee), splendida conclusione di un concerto estremamente piacevole, dove è stato evidenziato un repertorio frutto della sapiente fusione fra la musica colta e quella popolare sudamericana.
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