Libro molto particolare, “Le città invisibili” di Italo Calvino fu pubblicato da Einaudi nel 1972 ed è anche frutto delle frequentazioni parigine dell’autore, che grazie a questo suo scritto fu accolto con tutti gli onori nell’OuLiPo (acronimo di Ouvroir de Littérature Potentielle, ovvero Opificio di Letteratura Potenziale), istituzione fondata Raymond Queneau e François Le Lionnais.
In sostanza Calvino concepì un lavoro privo di trama, avente come protagonista Marco Polo, che descriveva a Kublai Kan 55 città del suo regno, visitate durante l’attività di ambasciatore, contraddistinte da nomi femminili attinti dalla tradizione classica e suddivise in 11 categorie, che si succedevano in ordine sparso.
All’inizio, e al termine di ogni gruppo, Marco Polo instaurava un dialogo con il suo interlocutore, dapprima esclusivamente tramite gesti per poi approdare progressivamente ad un linguaggio inteso da entrambi.
Un’opera intrigante, che ha suggerito al mandolinista Mauro Squillante, in occasione del novantennale della nascita di Italo Calvino (caduto nel 2013), di sollecitare sull’argomento la comunità mondiale dei compositori, con il duplice scopo di celebrare il grande scrittore mediante il ricordo di uno dei suoi massimi capolavori e rinnovare il repertorio rivolto alla musica per chitarra e mandolino.
Il frutto di questa iniziativa, che ha ricevuto un’accoglienza entusiastica, si è concretizzato con l’esordio dell’ “Invisible Cities Project”, avvenuto nell’ambito della stagione organizzata dal Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini, presso la chiesa napoletana di San Rocco a Chiaia, sede di recente acquisizione.
Protagonisti della serata, oltre a Mauro Squillante, il chitarrista Sante Tursi, gli attori Cristina Recupito e Igor Canto, che hanno dato vita ad uno spettacolo di grande intensità, durante il quale si sono alternati momenti musicali a momenti letterari, entrambi accompagnati dalla performance dell’artista Martina Troise.
Per quanto riguarda la parte musicale, sono state proposte alcune delle composizioni selezionate dal maestro Squillante (altre verranno utilizzate in futuro, visto che il progetto è solo all’inizio), dove gli autori hanno mostrato di prediligere le categorie relative alle Città dei Segni (Zirma e Zoe, rispettivamente del brasiliano Jean Goldenbaum e dell’italiano Luigi Morleo), alle Città dei Desideri (Despina dello statunitense Jeffrey Edenberg e Anastasia di Carlo Mormile) e alle Città della Memoria (Sottili Segni di desideri nascosti nella memoria. Promenade fra le Citta’ Invisibili dell’argentino Juan Mariano Porta e Desires are already Memories del greco Victor Kioulaphides), oltre a soffermarsi sulla figura di Kublai Kan e del particolare modo di dialogare fra lui e Marco Polo (Kublai, après une image invisible di Giuseppe Di Bianco e Dialogo virtuale tra Kublai Kan e Marco Polo del russo Alexey Larin).
Completavano il programma, Zemrude (La città e gli occhi) del noto chitarrista e compositore Carlo Domeniconi, eseguita in apertura della serata in prima assoluta, The City and the Sky of Andria del brasiliano Rodrigo Baggio e Smeraldina’s Song dell’italiano Joe Schittino.
Senza entrare nei dettagli di ogni brano, va però sottolineato come tutti i musicisti fossero a conoscenza delle potenzialità e dei limiti entro i quali si muovono chitarra e mandolino e abbiano avuto un approccio decisamente coinvolgente nei confronti del capolavoro di Calvino, oltre a creare pezzi moderni, ma abbastanza fruibili, e ricchi di contenuti.
Naturalmente grande merito va anche dato al mandolinista Mauro Squillante, nella duplice veste di selezionatore ed esecutore, e al chitarrista Sante Tursi, entrambi raffinati interpreti di pezzi di non facile esecuzione, ma tutti di ottima fattura.
Dal canto suo, la parte letteraria si avvaleva di alcuni passi del libro, letti e recitati, che hanno messo in evidenza la bravura dei due attori Cristina Recupito e Igor Canto, mentre Martina Troise era impegnata a dipingere un quadro ispirato al tema della serata, completato in concomitanza con la fine dello spettacolo.
Concludiamo ribadendo la validità di un’iniziativa particolarmente innovativa, che ha fornito, fra l’altro, la possibilità di ascoltare due strumenti legati all’oleografia partenopea in una veste completamente diversa dal solito.
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