Anche il “Maggio della Musica ha aperto la sua stagione ufficiale, nei giardini di Villa Pignatelli, davanti ad un pubblico limitato a causa dell’emergenza Covid.
Il concerto, preceduto da alcuni brevi saluti di benvenuto da parte del dr. Sergio Meomartini, in rappresentanza dell’Associazione Musicale “Maggio della Musica”, della dr.ssa Fernanda Capobianco, direttrice del Museo Pignatelli, e del maestro Michele Campanella, direttore artistico della rassegna, ha ospitato il Quartetto Adorno, costituito da Edoardo Zosi e Liù Pelliciari (violini), Benedetta Bucci (viola) e Danilo Squitieri (violoncello).
Il programma proposto, interamente rivolto alla produzione di Ludwig van Beethoven (1770-1827), del quale si celebrano i 250 anni della nascita, si è aperto con il Quartetto per archi n. 1 in fa maggiore op. 18 n. 1, tratto dai Sei quartetti, op. 18, scritti fra il 1798 ed il 1800, che costituirono l’esordio di Beethoven in tale ambito cameristico, e mostrano nel loro insieme comprensibili riferimenti a Mozart e Haydn, ma nel contempo indicano nuove possibili strade da percorrere.
La raccolta venne commissionata dal principe Lobkowitz, uno dei principali mecenati di Beethoven (che risultò anche il dedicatario) e, per esigenze commerciali, le sei composizioni vennero stampate nel 1801 dall’editore viennese Mollo in due gruppi da tre, non tenendo conto della cronologia di composizione (il n. 1, ad esempio, risulta il secondo in ordine di tempo).
Va ricordato che il nobile mostrò di gradire i brani a tal punto, da assegnare a Beethoven un vitalizio annuo di 600 fiorini, e ad omaggiarlo di ben quattro strumenti di grandissimo valore (un violino ed un violoncello Guarneri del Gesù, un violino Amati ed una viola Ruger).
Secondo brano della serata il Quartetto in fa maggiore, pubblicato nel 1802 e oggi catalogato come Hess 34, trascrizione curata dall’autore della prima delle due Sonate per pianoforte, op. 14.
E’ molto probabile che, alla base di questo pezzo, vi fosse il tentativo di ingraziarsi il barone von Braun, personaggio molto influente dell’epoca (che sarebbe diventato direttore del Theater an der Wien e con il quale il musicista avrebbe avuto in seguito una serie di dissapori), in quanto venne dedicato alla moglie del nobile, pianista dilettante, già omaggiata in precedenza nell’intestazione dell’op. 14.
Chiusura con il Quartetto per archi n. 10 in mi bemolle maggiore, op. 74 “delle arpe”, dedicato al principe Lobkowitz, datato 1809 ed appartenente quindi al cosiddetto “periodo di mezzo”, nonostante appaia già un lavoro che si proietta nella stagione conclusiva.
L’appellativo “delle arpe”, aggiunto postumo, secondo una tipica usanza del periodo romantico, è giustificato dalla presenza di numerosi passaggi dove il suono è ottenuto pizzicando le corde.
Per quanto riguarda il Quartetto Adorno, nato nel 2015, è apparso un ensemble di sicuro avvenire, caratterizzato da raffinate sonorità e notevole compattezza, doti grazie alle quali ha già ottenuto prestigiosi riconoscimenti.
Pubblico entusiasta che ha lungamente applaudito i protagonisti ed è stato omaggiato da un bis, sempre beethoveniano, consistente nel Presto dal Quartetto in si bemolle maggiore op. 130, ottimo finale di un concerto di elevato spessore.
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