Nella chiesa dell’Ascensione a Chiaia si è svolto, per la rassegna “Maggio della Musica”, il concerto dell’Elias Quartet, compagine nata nel 1998 al Northern College di Manchester, che deve il suo nome all’oratorio di Mendelssohn Eljah (Elias in tedesco).
Attualmente l’ensemble è costituito dal violinista scozzese Donald Grant e dalla violoncellista franco-catalana Marie Bitlloch, componenti del gruppo di partenza, ai quali si sono aggiunte, nel 2003 la violinista Sara Bittloch, sorella di Marie e, di recente, la violista olandese Simone van der Giessen.
L’appuntamento, che doveva aver luogo lo scorso giugno, era stato rinviato per l’improvvisa indisposizione di uno dei componenti dell’ensemble e rientrava nell’ambito del ciclo rivolto all’integrale dei Quartetti per archi di Beethoven, che si concluderà l’anno prossimo, in concomitanza con il 250° anniversario della nascita del grande compositore.
Due i brani in programma, il Quartetto per archi in do minore, op. 18 n. 4 ed il Quartetto per archi in si bemolle maggiore, op. 130.
Il primo appartiene ai Sei quartetti op. 18, esordio di Beethoven in tale ambito cameristico.
Scritti fra il 1798 ed il 1800, su commissione del principe Lobkowitz, che fu anche il dedicatario, ebbero una genesi alquanto sofferta e, al momento della pubblicazione, avvenuta nel 1801, vennero stampati in un ordine differente da quello del reale completamento, e suddivisi in due raccolte da tre, per una scelta di natura commerciale dell’editore viennese Mollo.
Dal punto di vista stilistico, i sei quartetti guardavano sicuramente a Mozart e Haydn, indicando però nuove possibili strade da seguire.
Dal canto suo, il Quartetto in si bemolle maggiore, op. 130, completato nel 1825, si colloca nella produzione conclusiva del musicista.
Affidato per il suo esordio, avvenuto l’anno seguente, al Quartetto Schuppanzigh, rientra fra i brani scritti su commissione del principe russo Nikolay Borisovich Galitzin.
La divisione in sei movimenti, così come la sua complessità, sono ancora oggi argomento di accese dispute fra i musicologi e va inoltre ricordato come il finale, consistente in una Grande Fuga, dalle dimensioni monumentali (divenuto un pezzo a sé stante e pubblicato nel 1827 come op. 133), venne modificato nel 1826, con un più breve Allegro in stile ungherese, composto da Beethoven pochi mesi prima di morire.
E veniamo all’ Elias Quartet che, nonostante abbia da poco cambiato la viola, è apparso un ensemble estremamente compatto ed affiatato, contraddistinto da una notevole tecnica, abbinata ad una grande sensibilità esecutiva, entrambe esaltate soprattutto nell’op. 130 e fortemente apprezzate dal pubblico presente (meno numeroso del solito probabilmente a causa della sede inusuale del concerto).
In conclusione un “recupero” particolarmente gradito, caratterizzato da un quartetto di altissimo livello, che speriamo possa presto ritornare a calcare le scene napoletane.
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