I “Concerti in Villa Floridiana” hanno recentemente ospitato la prestigiosa pianista Anna Lisa Bellini, che si è confrontata con alcuni capisaldi del repertorio legato alla prima parte dell’Ottocento.
L’apertura era rivolta alla Sonata in mi maggiore n. 30, op. 109 di Ludwig van Beethoven (1770-1827), dedicata a Maximiliane Brentano, giovane figlia di Franz Brentano, all’epoca amico e principale mecenate del compositore tedesco.
Pubblicato nel 1821, il brano appartiene all’ultimo periodo creativo del gigante di Bonn, contrassegnato da lavori che risultano oggi molto più comprensivi di quando furono proposti per la prima volta.
E, se escludiamo gli ultimi quartetti, che risultano veramente proiettati verso il futuro, lo scopo di Beethoven era, all’inizio di questa fase, quello di dar vita a forme nuove, utilizzando gli usuali contenuti (nell’op. 109, ad esempio, sono riscontrabili numerosi echi bachiani).
Un discorso simile fu spesso affrontato anche da Fryderyk Chopin (1810-1849), e la Sonata n. 2 in si bemolle minore, op. 35 (1839), con la quale si è chiuso il concerto, ne è un esempio lampante.
In questo caso il nucleo dell’intera composizione è rappresentato dalla celeberrima Marcia funebre, che caratterizza il terzo movimento, scritta dall’autore polacco nel 1837, ovvero ben due anni prima di tutto il resto.
Non ci dobbiamo meravigliare, quindi, se la sonata si attirò le critiche di molti illustri colleghi, a cominciare da Schumann, che marchiò la marcia, definendola “repulsiva”, aggiungendo che “al posto suo un Adagio in re bemolle, per esempio, avrebbe fatto un effetto incomparabilmente migliore”.
Inoltre contestò decisamente la definizione stessa di sonata, considerandola “un capriccio” sotto il quale Chopin aveva riunito “quattro delle sue creature più bizzarre, per farle passare di contrabbando sotto questo nome”, anche se fu costretto ad ammettere la bellezza di molti passaggi, e l’enigmaticità di un brano “simile a una sfinge dall’ironico sorriso”, sicuramente fra i principali motivi che ancora oggi affascinano gli appassionati, decretando la fama costante e duratura di questa composizione.
Fra le due sonate, Anna Lisa Bellini ha eseguito, sempre di Chopin, i Notturni op. 27 (n. 1 in do diesis minore e n. 2 in re bemolle maggiore), completati nel 1836, e la Fantasia-Improvviso in do diesis minore, op.66, risalente al 1834.
Nel primo caso ci troviamo nell’ambito di un genere, il Notturno per pianoforte, ideato dall’irlandese John Field, che però raggiunse vette inarrivabili con Chopin; nel secondo siamo di fronte ad un brano che ha raggiunto enorme notorietà, ripudiato dall’autore polacco (forse per la sua affinità con l’Improvviso in mi bemolle maggiore di Moscheles), per cui fu pubblicato postumo nel 1855, grazie all’interessamento del dedicatario, l’amico editore e pianista Julian Fontana, responsabile anche dell’aggiunta del sostantivo Fantasia, ad un pezzo che era stato definito originariamente soltanto Improvviso.
Veniamo ora all’interprete, la pianista Anna Lisa Bellini, divenuta una delle ospiti più assidue e maggiormente gradite della rassegna organizzata dall’Associazione Golfo Mistico.
Anche in questa occasione ha evidenziato un tocco di estrema raffinatezza, al servizio di un’esecuzione di grande intensità emotiva, il cui apice si è avuto durante la proposizione della Marcia funebre di Chopin.
Riguardo al pubblico, meno numeroso del solito (in quanto molti spettatori sono stati bloccati dal tempo inclemente o dall’influenza), ha mostrato di apprezzare molto il concerto, tributando nei confronti dell’artista lunghi ed entusiastici applausi, ricambiati con un bis chopiniano, consistente nello Studio in do minore, op. 10 n. 12, noto anche con l’appellativo di “Rivoluzionario”, degna chiusura di un recital di elevatissimo spessore.
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