Un intenso Requiem di Fauré chiude in grande stile la giornata in memoria di Corradino di Svevia

Nel 1268 il sedicenne Corrado Hohenstaufen, noto come Corradino (all’epoca Re di Gerusalemme), dall’avita Germania scese in Italia per cercare di riconquistare i territori che il sanguinario re di Francia Carlo d’Angiò aveva sottratto a suo zio Manfredi.
Sconfitto dalle truppe nemiche nella battaglia di Tagliacozzo, dopo una fuga rocambolesca il giovane fu catturato e condannato a morte.
La sentenza venne eseguita a Napoli, il 29 ottobre, nell’attuale Piazza Mercato, dove Corradino fu decapitato.
L’evento fece grande scalpore, sia per la giovanissima età del nobile, sia per la sua innocenza, visto che l’unico “delitto” del quale si era macchiato era quello di voler riprendersi ciò che gli spettava.
La figura di Corradino è ancora ben impressa nella mente dei napoletani, anche grazie al monumento a lui dedicato, che si trova nella Basilica del Carmine Maggiore, adiacente a Piazza Mercato, fatto erigere nel 1847 da Massimiliano II di Baviera, nel cui piedistallo riposano le spoglie mortali dell’adolescente.
Una serie di manifestazioni, organizzate lo scorso 27 ottobre dal Consorzio “Antiche Botteghe” di Piazza Mercato, in collaborazione con NarteA e la II Municipalità di Napoli, hanno contribuito ad onorare questa giovane vittima del potere, nei luoghi che hanno segnato l’epilogo della sua breve esistenza.
L’evento è culminato in un concerto serale di fortissima suggestione, svoltosi nella Basilica del Carmine Maggiore, durante il quale il Coro Exsultate Deo di Davide Troìa, accompagnato all’organo da Maurizio Rea, ha eseguito tre brani tratti dalla produzione del francese Gabriel Fauré (1845-1924).
Un breve saluto di Claudio Pellone, presidente del già citato Consorzio “Antiche Botteghe” di Piazza Mercato, ha preceduto il brano di apertura, l’Ave Verum, op. 65 n. 1 per coro femminile (1894), il cui testo, risalente al XIV secolo, è stato musicato da diversi autori, fra i quali Mozart.
Pezzo successivo, il Cantique de Jean Racine, op. 11, scritto da un Fauré diciannovenne, come saggio finale dei suoi studi all’ École Niedermeyer, utilizzando le parole di Verbe égal au Très-Haut, parafrasi curata dal tragediografo francese Jean Racine dell’inno medievale Consors paterni luminis.
Chiusura con il brano più atteso, il Requiem in re minore, op. 48, passato alla storia per l’affermazione del suo autore di aver voluto creare un lavoro “per il solo piacere di farlo” (ma la morte del padre nel 1885, così come la perdita della madre tre anni dopo dovettero influire non poco).
Sicuramente si tratta di una composizione abbastanza anomala nel suo genere, per l’atmosfera luminosa che lo attraversa e, non a caso, è privo del Rex tremendae e termina con l’antifona In Paradisum.
Interessante ricordare, infine, come il brano ebbe una formazione progressiva (e numerosi rimaneggiamenti successivi da parte del suo autore) con un primo nucleo, costituito da Introito, Kyrie, Pie Jesu, Agnus Dei e In Paradisum, completato nel 1888 ed eseguito per la prima volta durante un funerale nella chiesa parigina della Maddalena, allargato in seguito con l’Offertorio (1889) ed il Libera me (1891).
Riguardo agli interpreti, va segnalata l’ennesima prova di elevatissimo livello del Coro Exsultate Deo, diretto dal maestro Troìa, compagine nata più di venti anni fa a Pozzuoli (Na) e diventata presto una delle realtà più interessanti del panorama musicale campano.
Nel programma monografico proposto, l’ensemble ha saputo mettere in luce la splendida e raffinata musicalità del compositore francese, che nel Requiem diviene delicatezza ed anche struggimento nei confronti della vita ultraterrena, evidenziando la costanza del percorso evolutivo di Fauré, il cui giovanile Cantico contiene già tutte quelle caratteristiche che si ritroveranno, con una cura ancora più attenta per i particolari, nei brani della maturità.
Di notevole spessore anche l’esecuzione di Maurizio Rea, organista titolare della Basilica del Carmine Maggiore, che ha mostrato, oltre alla consueta bravura, un ottimo affiatamento con il Coro.
Ben tre i bis, iniziati con il nostalgico The lovely april, il cui testo deriva da un frammento di un sonetto scespiriano, dedicato dal compositore laziale Francesco Milita al maestro Troìa che, a sua volta, lo ha voluto eseguire in memoria della madre, scomparsa un paio di anni fa.
Gli altri due, consistenti nella riproposizione del Cantique de Jean Racine e del Libera me del Requiem, hanno contribuito a concludere nel migliore dei modi un concerto, coronato da una notevole presenza di pubblico, che ha risposto pienamente allo scopo dell’intera manifestazione, che era quello di onorare, a tanti secoli di distanza, un personaggio sfortunato come Corradino di Svevia.

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