Andrea Vecchiato, un flautista giovane e talentuoso con le idee molto chiare

Andrea Vecchiato, classe 1996, inizia gli studi musicali al Conservatorio di Musica “Benedetto Marcello” di Venezia, diplomandosi sotto la guida del maestro Monica Finco nel 2015 con il massimo dei voti e la lode.
Si perfeziona presso l’Accademia Perosi di Biella con il maestro Davide Formisano e all’Académie Supérieure de Musique di Strasburgo con il maestro Mario Caroli.
Nell’aprile del 2021 ha terminato gli studi di specializzazione presso il Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, sempre con il maestro Monica Finco, ottenendo il massimo dei voti e la menzione speciale.
Vincitore di concorsi nazionali ed internazionali, si è esibito come solista o in formazione cameristica in diverse sale e teatri, sotto la bacchetta di direttori di fama internazionale quali John Axelrod, Matthieu Mantanus ed Alessandro Cadario.
Ha collaborato con la Fondazione Teatro la Fenice, la Young Musician European Orchestra e con l’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza.
Si dedica attivamente all’esecuzione del nuovo repertorio, collaborando con musicisti di fama internazionale quali Manuel Zurria, Francesco Dillon, Tom Mays e performer quali Ismael Ivo, Chiara Bressan.
Ha partecipato a prime esecuzioni assolute all’interno di festival prestigiosi quali la Biennale Musica e Danza di Venezia, il Festival Musica di Strasburgo, il Festival di Camino, il Festival di Ravello.
Ha collaborato con compositori quali Luca Mosca, Doina Rotaru, Luca Francesconi, Salvatore Sciarrino, Philippe Manoury, Giovanni Mancuso, Angus Lee, e nel 2018 gli è stato dedicato “Il veleno e l’ambrosia”, edito da Edizioni Rai Milano, scritto dal compositore Marino Baratello.
Nel 2017 ha inoltre inciso un disco monografico dedicato al compositore Vincenzo Sorrentino per l’etichetta DaVinci Classical.
Ha fatto parte dell’ensemble “Chironomids Outerspace Group” diretto da Giovanni Mancuso con il quale ha affrontato un vasto repertorio, dal contemporaneo d’avanguardia al jazz-rock, eseguendo musiche di Zappa, Cage, Riley, Bjork, Pascoal, Stockhausen tra gli altri.
Ha collaborato per alcuni progetti di ricerca con la tecnologia Soundscape con l’organizzazione culturale PASE Platform.

Ad un curriculum di tutto rispetto, si aggiunge il fatto che Vecchiato è il primo flautista, nella storia del conservatorio Benedetto Marcello di Venezia,  che ha ottenuto la massima votazione possibile e per tale motivo lo abbiamo recentemente contattato.
Ne è scaturita un’intervista che mette in evidenza un artista solido e dalle idee molto chiare.

Hai da pochissimo conseguito la specializzazione presso il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia con il massimo dei voti e la menzione speciale (primo flautista nella storia del conservatorio).
Quali sono state le difficoltà maggiori incontrate in tempi così particolari come questo?

Preparare la laurea durante il Covid è stata una grande sfida.
Dalla consultazione dei libri per la stesura della tesi, resa pressoché impossibile dalla poca disponibilità delle biblioteche, fino all’organizzazione delle prove con il pianista e il tecnico del suono, per non parlare del continuo ritorno della zona rossa qui in Veneto.
Fortunatamente ho potuto contare sull’aiuto di alcuni amici compositori che mi hanno fornito gran parte del materiale bibliografico di cui avevo bisogno, e sulla disponibilità del Conservatorio per poter provare il programma con i miei collaboratori.

Il programma del tuo esame conclusivo, di grandissimo impegno, si confronta con autori nati agli albori del Novecento, quali Jolivet e Maderna, ed altri ancora in attività come Sciarrino, Hosokawa, Rotaru e Lee.
A cosa si deve la scelta di tale repertorio?

La scelta del programma è nata da un’esigenza espressiva personale, dal desiderio cioè di fare mio il repertorio delle avanguardie e di restituire alla commissione la mia visione di questi brani.
Inoltre ho pensato che come conclusione di questo percorso accademico potesse essere stimolante mostrare la metamorfosi che il flauto ha compiuto grazie a questi compositori, estrapolando alcuni masterpiece dal repertorio novecentesco.

Facciamo un passo indietro e ripercorriamo gli inizi della tua avventura musicale, ovvero l’iscrizione al Conservatorio di Venezia nel 2007.
Chi ha orientato la tua scelta e perché hai deciso di suonare il flauto?

Il flauto per me è stato un vero colpo di fulmine.
Alle scuole elementari le maestre ci portavano ogni anno a teatro a vedere un’opera, che poi commentavamo e rielaboravamo in classe (una grande fortuna).
Un anno toccava all’Orfeo di Gluck e sono rimasto catturato dalla bellezza del flauto, da come rifletteva la luce e dal suo suono puro e fascinoso.
Tornato a casa ho detto con convinzione a mia madre che sarei diventato un flautista!!

Anche se si è ricchi di talento come te, incontrare un bravo docente è fondamentale per una corretta formazione.
Ci puoi brevemente parlare della tua insegnante Monica Finco e del ruolo che ha avuto da quando hai iniziato a frequentare il conservatorio fino ad oggi?

Incontrare il mio maestro è stata una immensa fortuna.
A 10 anni, quando feci l’esame di ammissione al conservatorio, non sapevo nemmeno cosa fosse una scala.
Erano i tempi del vecchio ordinamento, e allora i docenti guardavano alla tua predisposizione per la musica piuttosto che all’effettiva preparazione strumentale.
Monica ha visto in me qualcosa, e ha avuto la pazienza di allevarmi e di insegnarmi tutto, dalla respirazione alla tecnica digitale, dal ruolo di orchestrale all’atteggiamento solistico.
Non le sarò mai abbastanza grato, perché oltre ad avermi insegnato come si suona il flauto mi ha fatto diventare un musicista, mi ha fatto capire cosa significhi vivere di musica e combattere per non scendere a compromessi.

Nel tuo curriculum si evidenzia la partecipazione ad importanti Accademie, sia in Italia che all’estero.
Come incidono sulla maturazione dell’interprete?

Personalmente sia l’Accademia Perosi di Biella che il Conservatoire de Strasbourg sono state entrambe esperienze molto formative.
La cosa importante, a mio avviso, è ascoltare e assecondare i propri bisogni ricordandosi che i maestri sono diversi fra loro, con metodi e caratteri diversi, e non è detto che funzionino con tutti.
Credo sia importante avere una struttura solida, che ci permetta di assimilare tutto quello di cui abbiamo bisogno, ma anche che ci aiuti a non essere inghiottiti dalla personalità dell’insegnante o da una scuola che non va bene per noi.
Sia il maestro Formisano che il maestro Caroli non mi hanno mai imposto niente, solo dato dei suggerimenti che credevano giusti per me in quel momento, e di questo li ringrazio molto.
Con loro ho affrontato repertori molto diversi, essendo due musicisti e due persone molto differenti, ed è stato arricchente proprio per questo motivo.

Tu hai vinto diversi premi in varie competizioni.
Quali sono secondo te gli aspetti positivi e quelli negativi di un concorso musicale?

Credo che la mia sia un’opinione condivisa da molti: certamente i concorsi aiutano a vincere la paura della performance, a gestire l’ansia da palcoscenico, ad imparare a concentrarsi e a studiare in maniera produttiva, ma sono anche un format limitato e molto limitante.
Non mi riferisco ai concorsi a premio nei quali solitamente all’interprete è concesso più tempo per far vedere quanto vale, ma più ai concorsi per le orchestre nei quali ti giochi un posto di lavoro in cinque minuti, e dove devi
riuscire a dimostrare non si sa bene cosa e in base ai gusti/parametri di chi.
Trovo giusto che la selezione sia dura, perché esigere e mantenere un livello alto nella produzione musicale è doveroso, ma credo anche che il metodo di selezione dovrebbe essere rivisto.

Finora hai suonato come solista, in formazioni cameristiche ed anche in orchestre.
Quale di questi ruoli ti è più congeniale e perché?

Non ho una vera preferenza, dipende soprattutto dal repertorio e dai musicisti con cui lavoro.
Posso dire che il solismo mi diverte di più, perché mi sento un cavallo a briglia sciolta senza nessuna inibizione, ma se guardo alle esperienze passate ho amato suonare “Butterfly” in teatro tanto quanto Frank Zappa con l’ensemble dei Chironomid’s, oppure interpretare i concerti di Vivaldi da solista così come collaborare con l’ensemble di Biennale Musica eseguendo opere di giovani compositori.
Per come vivo io la musica sarebbe bello poter lavorare sempre in questo modo, senza limiti di genere musicale, di formazione o contesti.

Cosa ne pensi dei concerti in streaming?

Sono contrario.
Uccidono il senso della performance e della musica stessa e rendono sterile il lavoro che facciamo ogni giorno di cura del suono e di comunicazione con l’ascoltatore.

Questo è l’unico utilizzo della tecnologia che non condivido per la musica: i concerti in streaming non sono il futuro, e se lo sono io farò un altro lavoro.

Nel 2018 Marino Baratello ti ha dedicato il brano “Il veleno e l’ambrosia” e, durante la tua breva ma già intensa carriera, hai più volte eseguito composizioni in “prima assoluta”.
Che tipo di rapporto hai con i compositori contemporanei?

Lavorare con i compositori è quello che più amo dell’essere musicista.
Collaborare al processo di creazione della musica è molto stimolante e arricchente, e mi dà la possibilità di riscoprire sempre me stesso e il mio strumento.
Molti compositori non sanno esattamente cosa sia possibile fare con lo strumento in questione; ne hanno un’idea, più o meno chiara, ed è qui che entra in gioco lo strumentista.

Hai recentemente partecipato ad alcuni progetti portati avanti con l’organizzazione culturale PASE di Venezia.
Ci puoi dire qualcosa in proposito?

PASE è una giovane realtà veneziana fondata da due carissimi amici musicisti, Valeria Zane e Victor Di Castri, che vuole esplorare le potenzialità di un nuovo strumento, il Soundscape, grazie al quale il suono può essere spazializzato cioè riprodotto da diverse fonti sonore.
Attraverso residenze con compositori da tutto il mondo e performance di musicisti provenienti dai generi musicali più diversi, questa organizzazione culturale offre la possibilità di conoscere un tessuto musicale più underground che in una città come Venezia sarebbe impossibile intercettare.

Sperando che questa pandemia termini quanto prima possibile, quali sono i tuoi prossimi impegni?

Sono iscritto a diverse audizioni, sia per orchestre che per ensemble, quindi sto dedicando il mio studio soprattutto a questo.
Di recente ho eseguito il Concerto in Re minore di C.P.E. Bach con l’orchestra del Conservatorio di Venezia, e con l’associazione PASE ho proposto un recital per flauto solo con musiche di Jolivet, Sciarrino, Marais e Risset utilizzando il Soundscape.
Dei prossimi concerti preferisco non dire ancora niente, ma sono sempre in movimento!

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