Ultimo appuntamento, prima della pausa estiva, con “Artesalvarte”, rassegna organizzata dall’Associazione “L’Atrio delle Trentatré” Onlus, presieduta da Francesco Galluccio, in collaborazione con il maestro Antonello Cannavale.
Ospiti della serata i pianisti Valeria Lonardo e Antonio Biancaniello, che si sono confrontati con brani di grande complessità e talora anche di raro ascolto.
Valeria Lonardo ha eseguito la Sonata op. 57 in fa minore di Ludwig van Beethoven (1770-1827) e la Sonata n. 2 in sol diesis minore, op. 19 “Sonate-fantaisie” di Aleksandr Skrjabin (1872-1915).
La prima, passata alla storia con il nome di “Appassionata”, venne composta dall’autore tedesco fra il 1804 ed il 1806 e pubblicata a Vienna nel 1807, con dedica al conte Franz von Brunswick.
Fra i brani più significativi del secondo dei tre periodi, detto anche “eroico”, nei quali si suole suddividere la produzione beethoveniana, il pezzo deve il suo soprannome a Cranz di Amburgo, che lo appose per la prima volta su un’edizione per pianoforte a quattro mani stampata nel 1838.
Riguardo al russo Aleksandr Skrjabin, ricordiamo innanzitutto che fu un musicista molto particolare nel panorama a cavallo fra fine Ottocento ed inizio Novecento, fautore sia della sinestesia (abbinava infatti note e colori, ed aveva adattato tale sistema anche ai tasti del suo pianoforte), sia del rapporto fra musica e misticismo, che, col passare degli anni, divenne talmente stretto da rasentare la follia.
Per la Sonata n. 2 in sol diesis minore, op. 19, divisa in due movimenti e completata nel 1897, dopo quasi cinque anni di gestazione, prese a prestito l’indicazione di Beethoven (Sonata-fantasia) della celeberrima sonata “Al chiaro di luna” e volle corredare la sua creazione con la seguente descrizione: “La prima sezione rappresenta la calma della notte su una spiaggia del sud; lo sviluppo è la buia agitazione del mare profondissimo. Il “mi maggiore” della sezione centrale evoca il chiaro di luna che appare, simile a una carezza, dopo il primo buio della notte. Il secondo tempo rappresenta l’ampia distesa dell’oceano agitato dopo una tempesta”.
Il programma di Antonio Biancaniello era invece rivolto a Robert Schumann (1810-1856) e Sergej Prokofiev (1891-1953).
Del primo sono stati proposti gli Studi sinfonici, op. 13, che conobbero una lunga e travagliata genesi, a partire dal 1834, anno in cui il barone Ignaz Ferdinand von Fricken, flautista dilettante e padre adottivo di Ernestina (all’epoca fidanzata di Schumann), sottopose al parere del musicista un tema con variazioni.
Nacquero così le “Variazioni patetiche”, pubblicate però solo nel 1837, con il nome di “Studi sinfonici”, dopo essere state sottoposte a diversi cambiamenti.
Rivedute e corrette, vennero poi ripubblicate nel 1852, con il titolo definitivo di “Studi in forma di variazioni” (e nel frattempo il tema originario si era ormai perso per strada, così come la storia d’amore con Ernestina).
Molto interessante anche la Sonata n. 5 in do maggiore, op. 38 di Prokofiev, dedicata al mecenate russo, trapiantato in Francia, Pierre Souvtchinsky.
Il brano, di grande complessità e ancora fortemente sperimentale, esordì a Parigi nel 1924, eseguito dall’autore, riscuotendo scarso successo.
Forse per questo motivo Prokofiev aspettò il 1939 per confrontarsi nuovamente con tale forma, dando vita ad un terzetto, racchiuso sotto l’appellativo di “Sonate di guerra”, mentre la Sonata n. 5 venne poi rivista, lasciando inalterata la struttura principale, pochi mesi prima della morte ed è oggi catalogata come op. 135.
Uno sguardo, ora ai due bravissimi interpreti, che hanno probabilmente scelto brani legati alle rispettive personalità.
Così la Lonardo ha puntato su composizioni corpose, dove solidità e compattezza prevalevano spesso sul virtuosismo, caratterizzati da una maturità raggiunta da entrambi i due musicisti presi in considerazione, mentre Biancaniello, dall’alto della sua giovanile esuberanza, si è voluto cimentare con due lavori dove Schumann e Prokofiev, ancora alla ricerca di una loro precisa identità, obbligavano l’esecutore a un costante virtuosismo.
Pubblico entusiasta, che ha applaudito a lungo i due protagonisti, ognuno dei quali ha eseguito un bis, naturale prolungamento del programma proposto: un romanticissimo notturno chopiniano per la Lonardo, mentre Biancaniello ha voluto chiudere il suo recital con il funambolico Studio n. 6 in la minore di Liszt, basato sul tema e alcune variazioni relative al Capriccio n. 24 di Paganini.
Al termine della serata, il maestro Cannavale ha accennato alla prossima stagione autunnale, che dovrebbe portare, nella sala dell’ex refettorio del Complesso Monastico di Santa Maria in Gerusalemme, diverse novità e tanta buona musica, grazie alle iniziative portate avanti insieme a Francesco Galluccio e all’Associazione “L’Atrio delle Trentatré” Onlus da lui presieduta.
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