Nato a Torremaggiore in provincia di Foggia, Raimondo di Sangro (1710-1771) si trasferì da bambino a Napoli per vivere con il nonno Paolo, in quanto la mamma morì quando aveva meno di un anno ed il padre era per lunghi periodi lontano da casa.
Ragazzino dotato di grande intelligenza e vivacità, fu mandato a studiare presso il collegio dei Gesuiti di Roma, dove eccelse in varie materie, talora molto distanti fra loro, dando prova di una estrema ecletticità che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
Alla morte del nonno, il padre rinunciò a titoli e beni a favore del figlio, che acquisì quindi il titolo di settimo principe di Sansevero e si stabilì nel palazzo di Sangro, affacciato su piazza San Domenico Maggiore.
Fu questa la sede principale delle sue molteplici attività di letterato, inventore, alchimista, massone e mecenate (solo per citarne alcune) che, se da una parte ne accrebbero progressivamente la fama in tutta Europa, dall’altra furono spesso alla base di credenze popolari, portate a considerare il nobile una figura misteriosa al limite del demoniaco.
Ma, nonostante la sua importanza nell’ambito della storia del Settecento, se Raimondo di Sangro è ancora oggi noto, lo deve in particolare alla Cappella Sansevero, da lui concepita utilizzando uno spazio già esistente, dove fece collocare una serie di opere d’arte, secondo un ben determinato disegno complessivo, affidandole ai più grandi artisti dell’epoca (una per tutti, il celeberrimo “Cristo velato” dello scultore Giuseppe Sanmartino).
E quindi le celebrazioni per i 250 anni dalla morte di una figura così versatile, avvenuta il 22 marzo 1771, non potevano che partire da tale luogo dove, grazie ad un’iniziativa congiunta fra Museo Cappella Sansevero e Associazione Alessandro Scarlatti, l’Ensemble Barocco di Napoli, diretto da Tommaso Rossi, ha eseguito le musiche di alcuni autori del Settecento.
La serata, dal titolo “Concerto per il Principe”, trasmessa in streaming, e tuttora presente in rete sulla pagina Facebook del Museo Cappella Sansevero (https://www.facebook.com/museocappellasansevero/videos/261567345564129) e sulla pagina YouTube dell’Associazione Alessandro Scarlatti (https://www.youtube.com/watch?v=yWeBXhS), ha avuto inizio con due interventi.
Il primo, di Fabrizio Masucci, presidente del Museo Cappella Sansevero e discendente del principe, che ha fornito brevi notizie sulle attività di Raimondo di Sangro e sulle opere d’arte che ornano la cappella, mentre il secondo, curato da Tommaso Rossi, direttore artistico dell’Associazione Alessandro Scarlatti, era rivolto alla descrizione del programma musicale.
Apertura nel segno di Alessandro Scarlatti (1660-1725) con la Sonata IX in la minore per flauto, due violini e basso continuo, contenuta nel manoscritto che raccoglie i “24 Concerti di flauto, violini, violetta e basso di diversi autori”, custodita nella biblioteca del Conservatorio di “San Pietro a Majella”, frutto probabilmente del passaggio a Napoli del grande flautista tedesco Johann Joachim Quantz.
Abbastanza curiosa la storia alle spalle della successiva Trio sonata n. 1 in sol maggiore per due violini e basso del veneziano Domenico Gallo (1730-1768), che per più di due secoli venne considerata opera di Giovan Battista Pergolesi.
Sempre con questa errata attribuzione, l’allegro moderato del brano fu utilizzato da Stravinskij nell’incipit del suo balletto “Pulcinella”, con il quale nel 1920 l’autore russo inaugurò il cosiddetto “periodo neoclassico”.
Terzo brano in programma, la Sonata IV in la minore per flauto e basso continuo di Francesco Mancini (1672-1737), tratta da una raccolta pubblicata a Londra nel 1724.
A proposito di Mancini, allievo di Provenzale al Conservatorio della Pietà de’ Turchini, trascorse quasi tutta la sua carriera a Napoli, dove ricoprì numerosi incarichi di grande prestigio.
Chiusura con il Concerto in sol maggiore per traversiere, due violini e basso continuo di Leonardo Leo (1694-1744), nativo di San Vito degli Schiavoni (attualmente San Vito dei Normanni) che giunse a Napoli quindicenne, entrando nel Conservatorio della Pietà de’ Turchini, in qualità di allievo esterno, avendo Nicola Fago come docente.
Una volta diplomato, iniziò la sua attività di organista, alla quale aggiunse quella di maestro di cappella, compositore e maestro sia del Conservatorio di Sant’Onofrio a Porta Capuana che di quello della Pietà de’ Turchini.
Probabilmente fu quello che ebbe i maggiori contatti con il principe di Sansevero poiché nel 1736 scrisse, in occasione delle nozze del nobile con Carlotta Gaetani dell’Aquila d’Aragona, la serenata Pasitea, andata purtroppo perduta.
Uno sguardo, ora, all’Ensemble Barocco di Napoli, diretto da Tommaso Rossi (anche solista al flauto dolce e al traversiere), e formato da Rossella Croce e Marco Piantoni (violini), Manuela Albano (violoncello), Giorgio Sanvito (contrabbasso) e Patrizia Varone (clavicembalo).
La compagine, immersa in uno scenario quanto mai suggestivo, ha dato vita ad un’ottima interpretazione, ricreando atmosfere uniche, nell’ambito di una serata di grande livello musicale che, malgrado fosse trasmessa in streaming, è riuscita a restituire in buona parte il fascino legato all’abbinamento fra piccoli gioielli del Barocco e un luogo ricco di arte come la Cappella Sansevero.
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