Il Festival del Barocco Napoletano dedica una serata a Farinelli ed ai suoi illustri colleghi

Foto Carlo Farina

Nella Sala del Toro Farnese nuovo appuntamento con il Festival del Barocco Napoletano, rassegna organizzata dal presidente dell’Associazione Festival Barocco Napoletano, dott. Massimiliano Cerrito e affidata alla direzione artistica del maestro Giovanni Borrelli.
Al centro della serata, dal titolo “Il Canto sublime, viaggio intorno a Farinelli. En Travestì”, il particolare universo artistico settecentesco, legato alla presenza di castrati, con l’esecuzione di brani espressamente concepiti per loro, intervallati ad approfondimenti sulla vita di Carlo Broschi (vero nome di “Farinelli”).
I primi erano affidati ad Angela Luglio (soprano) e Marina Esposito (mezzosoprano), accompagnate dall’Ensemble barocco “Accademia Reale”, formato per l’occasione da Giovanni Borrelli (direttore e violino barocco di concerto), Isabella Parmiciano (violino barocco), Carmine Matino (viola barocca), Silvia Fasciano (violoncello barocco), Michele Del Canto (contrabbasso), Tina Soldi (clavicembalo) e Gennaro Caruso (tiorba), mentre i secondi si avvalevano della voce recitante di Annalisa Direttore, che ha letto alcuni testi elaborati da Giulio D’Amore.
Il programma musicale si è aperto con l’Ouverture e l’aria “Va Tacito e nascosto”, dal “Giulio Cesare in Egitto” HWV 17 di Georg Friedrich Händel (1685-1759), su libretto di Nicola Francesco Haym, che nel 1724 riscosse grande successo a Londra.
Al proposito i ruoli dei due personaggi principali, Giulio Cesare e Cleopatra, vennero ricoperti rispettivamente dal famoso castrato Francesco Bernardi, soprannominato “Senesino” per le sue origini, e dall’altrettanto noto soprano Francesca Cuzzoni.
Il successivo “Perché tarda è mai la morte”, rappresentava l’aria di Arbace, dal terzo atto dell’“Artaserse” di Leonardo Vinci (1690-1730), allestita nel 1730 al Teatro delle Dame di Roma.
Toccava quindi nuovamente a Händel con l’Ouverture e la Sinfonia del terzo atto dall’opera “Il Faramondo”, proposta al King’s Theatre di Londra nel 1738.
Il lavoro, contrassegnato da un fiasco clamoroso, ebbe appena otto repliche e non fu mai più ripreso, praticamente fino al 1976, in occasione dell’ “Händel Festival” di Halle.
Il successivo “Se al labbro mio non credi”, apparteneva ad un altro “Artaserse”, risalente al 1734, scritto da Riccardo Broschi (1698-1756) per il debutto londinese del fratello Carlo.
Una nuova incursione nel “Faramondo”, con il duetto di Clotilde e Adolfo, “Caro/Cara tu mi accendi il core”, ha preceduto la sinfonia dal primo atto dell’ “Artaserse” di Johann Adolf Hasse (1699-1783), che esordì al teatro veneziano di San Giovanni Grisostomo (oggi Teatro Malibran), nel febbraio del 1730, in pieno carnevale.
Era quindi la volta di “Ombra fedele anch’io”, da “Idaspe” di Riccardo Broschi (1698-1756), anch’essa concepita per il fratello Carlo, al quale affidò il ruolo di Dario, in una vicenda che era ambientata in Persia.
Di Niccolò Porpora (1686 – 1768) era invece l’aria “Parto ti lascio o cara”, da “Germanico in Germania”, su libretto di Nicola Coluzzi, la cui “prima” ebbe luogo al Teatro Capranica di Roma nel 1732, con la presenza contemporanea di due famosi castrati, Domenico Annibali e Gaetano Majorano detto “Caffarelli”.
Il gran finale era affidato a “Vo solcando un mar crudele”, aria di Arbace, posta a conclusione del primo atto dell’ “Artaserse” di Leonardo Vinci e “Lascia ch’io pianga”, aria di Almirena da “Rinaldo”, che segnò l’esordio di Händel a Londra nel 1711, con un cast nel quale spiccava il castrato Nicola Grimaldi detto “Nicolini”.
Nel complesso un programma di grande interesse, che ha evidenziato la bravura di Angela Luglio (soprano) e Marina Esposito (mezzosoprano), due ottime soliste, caratterizzate da voci di grande spessore e brillantezza.
Dal canto suo l’Ensemble Accademia Reale, diretto da Giovanni Borrelli, ha supportato nel migliore dei modi le due cantanti, contribuendo alla riuscita del concerto, reso ancora più corposo dai brevi interventi curati da Annalisa Direttore, dedicati alla lettura relativa ad alcuni episodi della vita di Farinelli, davanti ad un pubblico piuttosto distratto e irrequieto, in particolare nelle ultime file.
In realtà, la colpa era solo in parte degli spettatori, in quanto mai come questa volta (supponiamo proprio perché il numero di presenti era obbligatoriamente contingentato), la scarsa acustica della Sala del Toro Farnese non solo non ha permesso di poter apprezzare pienamente ensemble e cantanti, ma ha impedito a molti l’ascolto sia della concisa e dotta presentazione del critico Carlo Farina (prima senza microfono poi, dopo numerose proteste, amplificato, ma con esiti ancora peggiori), che dei testi letti da un’encomiabile Annalisa Direttore, munita di microfono.
L’augurio finale è che una rassegna di sicuro interessante come il Festival del Barocco Napoletano, venga presto ospitata nell’auditorium del Museo, da poco inaugurato, per evitare che concerti di tale spessore siano vanificati da fattori esterni quali la pessima acustica e la confusione legata all’andirivieni di visitatori, che attraversano vocianti le sale attigue a quella del Toro Farnese.

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