Il concerto inaugurale della stagione dell’Associazione Domenico Scarlatti, giunta alla XXXVII edizione e affidata alla direzione artistica del maestro Enzo Amato, ha ospitato la chitarrista napoletana Cristina Galietto, talento appena ventenne ma già affermato.
Il suo primo maestro è stato il padre Alberto, docente di chitarra classica, ma scorrendo il curriculum di Cristina si può leggere un lungo elenco di celebrità nazionali ed internazionale, con le quali ha studiato o si è perfezionata, riscuotendo sempre apprezzamenti unanimi ed entusiastici.
Per l’apertura della rassegna, svoltasi presso il Centro di Cultura Domus Ars, la Galietto ha concepito un programma vario ed articolato, dove autori del Novecento e contemporanei si alternavano con compositori del passato.
Il recital è iniziato con lo Studio n. 11, dai Dodici studi del musicista brasiliano Heitor Villa-Lobos (1887-1959), scritti a Parigi tra il 1924 e il 1928 e dedicati ad Andrés Segovia.
Era poi la volta dello spagnolo Francisco Tárrega (1852-1909) che, tra l’altro, ebbe il merito di portare la chitarra classica nelle grandi sale da concerto.
Nell’ambito della sua produzione, uno dei pezzi più famosi è Recuerdos de la Alhambra, la cui fonte di ispirazione fu presumibilmente un libro dello statunitense Washington Irvin, incentrato sulla storia dello splendido edificio situato a Granada.
Il lavoro, oltre ad essere attraversato da una particolare atmosfera, risulta un serio banco di prova per gli interpreti.
Un’incursione nel contemporaneo con l’intrigante e suggestiva Mermaid di Enzo Amato, creata appositamente per la Galietto quando era sua allieva, precedeva la chiusura della prima parte, dedicata a Niccolò Paganini (1782-1840).
Dalla produzione meno nota del grande virtuoso del violino, che fu anche un chitarrista di grandissimo valore, abbiamo ascoltato la Romanza e l’Andantino variato, dalla Grande Sonata in la maggiore.
Dopo un breve intervallo, si riprendeva nel segno di Domenico Scarlatti (1685-1757) con le trascrizioni delle Sonate K. 408 e K. 377, entrambe in si minore, che appartenevano ad un corpus monumentale formato da 555 sonate (per alcuni 556), principalmente rivolte agli strumenti a tastiera.
Toccava quindi ad un altro brano scritto per la Galietto, Moderato di Gennaro Caruso (presente in sala), contraddistinto da sonorità vicine alle musiche da film, mentre il gran finale era rivolto ai Tres piezas españolas di Joaquín Rodrigo (1901-1999), composizione del 1954 di un autore universalmente noto per l’evocativo e romantico Adagio, movimento centrale del Concierto de Aranjuez.
Uno sguardo ora alla protagonista, per sottolineare come Cristina Galietto rappresenti uno strepitoso talento, che abbina grande tecnica, forte determinazione e straordinaria sensibilità, alle quali si aggiunge una eccezionale versatilità per cui, considerando la giovanissima età, siamo certi che di lei si parlerà molto anche negli anni a venire.
Pubblico entusiasta, che ha chiesto a gran voce un bis, ed è stato accontentato con una vera chicca, Shadow Box dell’irlandese contemporaneo Darragh O’Neill, chiusura ritmica e scoppiettante di un concerto splendido, che ha evidenziato una musicista alla quale auguriamo di proseguire la sua prestigiosa carriera e di avere l’opportunità di ritornare ad esibirsi quanto prima a Napoli, in contesti altrettanto autorevoli.
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