Poeta, librettista e drammaturgo nato a Palermo e trapiantato a Napoli, il gesuita Andrea Perrucci (1651-1706) fu anche autore di un trattato di grande interesse intitolato Dell’arte rappresentativa, premeditata e all’improvviso (1699), dove codificò temi e personaggi della Commedia dell’arte.
Il suo scritto più celebre rimane, ad ogni modo, Il Vero Lume tra l’Ombre, ovvero la Spelonca Arricchita per la Nascita del Verbo Umanato, meglio noto come “La Cantata dei Pastori”, risalente al 1698, pubblicato sotto lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone.
Si tratta di una sacra rappresentazione, incentrata sulla lotta fra le forze demoniache, tese ad impedire con tutti i mezzi la nascita di Gesù, sottoponendo a terribili prove Maria e Giuseppe in viaggio verso Betlemme, e quelle angeliche, capeggiate dall’Arcangelo Gabriele, che alla fine avranno la meglio, volte a salvaguardare le sorti della Sacra Famiglia.
Alla vicenda fanno da contorno vari personaggi, che alla fine si ritroveranno davanti al Bambino Gesù per adorarlo, fra i quali spicca Razzullo, uno scrivano napoletano giunto in Palestina per collaborare al censimento della popolazione, squattrinato e quindi perennemente affamato.
Una figura, questa, che contribuì in misura decisiva al successo della Cantata, sia per il suo linguaggio affine a quello del volgo, sia per alcune peculiarità che lo avvicinavano molto ai personaggi della Commedia dell’Arte.
Per tale motivo, verso la fine del Settecento, venne aggiunto un altro personaggio di estrazione popolare, Sarchiapone, barbiere macchiatosi di un duplice omicidio a Napoli, scappato in Palestina per evitare l’arresto.
Ma con il passare del tempo, i cambiamenti toccarono anche i testi, che finirono per essere arricchiti da lazzi, volgarità e oscenità tali, da suggerire alle alte sfere religiose di vietare, a partire dal 1889, una teatralizzazione divenuta tutt’altro che edificante per i fedeli.
A riportarla ai fasti originari ci pensò poi Roberto De Simone negli anni ’70 del Novecento, con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, della quale facevano parte artisti di grande valore, fra i quali Peppe Barra, che ancora oggi prosegue questa tradizione durante il periodo natalizio.
“La cantata dei Pastori” è stata recentemente allestita, a chiusura delle attività 2019 del Centro di Musica da Camera CERSIM, nella Chiesa di Santa Maria della Colonna, sede di eccezionale valenza storica in quanto dal 1589 al 1743 ospitò il Conservatorio dei “Poveri di Gesù Cristo”.
La sacra rappresentazione era proposta in una versione molto sintetica curata da Ferdinando de Martino, che riusciva comunque a ricreare perfettamente le atmosfere legate all’idea originaria, grazie ai dialoghi scelti appositamente per evidenziare i diversi protagonisti (dal pastore Benino con il padre, a Maria e Giuseppe, passando per Belfagor, l’arcangelo Gabriele e Razzullo) ed ai brani musicali, tratti rispettivamente dalla tradizione natalizia (Quanno nascette Ninno) e dall’allestimento desimoniano (Nascette lu Messia, Rosa d’Argento e Rosa d’Amore), sottoposti in entrambi i casi alla sapiente rielaborazione del maestro, autore anche di alcuni pezzi originali.
Il tutto era impreziosito dall’esecuzione di alto livello dell’Ensemble vocale-strumentale Comtessa de Dia, diretto da Ferdinando de Martino, dalle espressive e versatili voci recitanti di due bravissimi attori come Gioia Fusco e Andrea Manferlotti, e dagli ottimi apporti solistici dei soprani Sabrina Santoro e Gabriella Romano.
Pubblico accorso molto numeroso, nonostante una serata gelida, ignaro che fra chiesa ed ambiente esterno non ci fossero grandi differenze di temperatura.
Merita quindi un forte plauso per avere resistito ad un ambiente così ostile, plauso che va condiviso con gli esecutori, questi ultimi a rischio di assideramento.
In conclusione, se è vero che “la musica scalda i cuori”, è necessario provvedere anche al benessere del resto del corpo, per cui riteniamo una grave lacuna, alla quale porre urgentemente rimedio, non aver concepito un sistema di riscaldamento, da parte di chi ha mirabilmente riportato in vita nel 2018, dopo quasi quarant’anni di abbandono, un pezzo importante della storia musicale napoletana, destinandolo ad attività culturali.
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