Se Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847) è ancora oggi noto dalle nostre parti, lo deve principalmente alla Marcia nuziale, tratta dalle musiche di scena del “Sogno di una notte di mezza estate”, costante imprescindibile di tutti i matrimoni e, in misura minore, al Concerto per violino ed alla Sinfonia n. 4 “Italiana”.
Veramente poco, a fronte di quello che è stato uno dei più grandi compositori della storia della musica, nonché pianista, organista e direttore d’orchestra, al quale si deve anche l’inizio della cosiddetta Bach-Renaissance, che ripropose al pubblico dell’Ottocento un autore caduto inspiegabilmente nel dimenticatoio.
Dotato di una precocità superiore anche a quella di Mozart (basti pensare che Mendelssohn, a soli sedici anni, scrisse un capolavoro cameristico come l’ottetto per archi, mentre un Mozart diciassettenne ancora si trovava in grosse difficoltà nell’affrontare il genere quartettistico), ebbe la fortuna di crescere in un ambiente caratterizzato da uno spessore culturale elevatissimo che influenzò non poco i suoi orientamenti e la sua maturazione.
Alla luce di queste considerazioni, merita un forte plauso l’iniziativa della Nuova Orchestra Scarlatti che, nell’ambito dell’Autunno Musicale, ha dedicato un’intera serata alla produzione mendelssohniana, senza attendere qualche ricorrenza speciale.
In programma i due Konzertstücke per clarinetto, corno di bassetto ed orchestra, n. 1 in fa minore op. 113 e n. 2 in re minore op. 114, ed il Concerto in re minore per violino, pianoforte ed orchestra d’archi.
I primi due, risalenti al periodo 1832-1833, furono pubblicati postumi nel 1869 e vennero scritti per l’amico e grande virtuoso del clarinetto Heinrich Baermann e per suo figlio Carl, che suonava il corno di bassetto.
Particolarmente curioso il titolo completo dell’op. 113, “Gran Duetto per Gnocchetti dolci e Strudel al formaggio, Clarinetto e Corno di bassetto, composto e umilmente dedicato a Baermann sr. e Baermann jr. dal loro assai devoto Felix Mendelssohn Bartholdy”, che sembra configurarsi come una sorta di sdebitamento per un pranzo cucinato a casa del compositore dai due che, alle abilità musicali, abbinavano quelle gastronomiche.
Riguardo al Concerto in re minore per violino, pianoforte ed orchestra d’archi, clou della serata, è datato 1823 e sembra quasi impossibile che un adolescente di appena 14 anni possa essere stato in grado di imbastire strutture e sonorità di una complessità estrema e nel contempo contraddistinte da un equilibrio prodigioso.
Ancora più particolare il fatto (e ritorniamo ai già citati ambiti intellettuali nei quali si muoveva il giovanissimo Felix) che un brano così corposo fosse destinato esclusivamente ad una esecuzione “casalinga”, per cui la sua prima pubblicazione è avvenuta soltanto nel 1966.
Veniamo quindi ai protagonisti della serata, partendo da Gaetano Russo (clarinetto) e Luca Cipriano (corno di bassetto), ottimi solisti che hanno saputo entrare nello spirito talora scanzonato dei Konzertstücke, senza sottovalutare le numerose insidie legate ai due pezzi che, non bisogna dimenticarlo, erano pur sempre dedicati a interpreti virtuosi.
Il Concerto in re minore ha invece messo in evidenza la violinista Daniela Cammarano ed il pianista Alessandro Deljavan, anche loro musicisti di assoluto livello, che hanno saputo sostenere le forti tensioni di una partitura che, ripetiamo, si stenta ad attribuire ad un quattordicenne, ben supportati dalla Nuova Orchestra Scarlatti, compagine compatta ed affiatata, diretta in modo impeccabile da Leonfranco Cammarano.
Spettatori numerosi ed entusiasti, molti dei quali presumibilmente ascoltavano per la prima volta i brani proposti, e bis affidato al duo Cammarano-Deljavan consistente in un’incursione nella cameristica di Grieg, con l’Allegretto tranquillo dalla Sonata per violino e pianoforte in sol maggiore n. 2 op.13, intensa chiusura di un concerto di spessore molto elevato.
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