Nella chiesa dell’Immacolata al Vomero si è tenuto il secondo appuntamento dell’Ottobre Organistico Francescano, rassegna organizzata dai Frati Minori Conventuali, in collaborazione con l’Associazione Organistica “Giovanni Maria Trabaci”.
Protagonista del concerto il maestro Mauro Castaldo, che si è confrontato con un programma compreso fra il Seicento e i giorni nostri, iniziando con un omaggio a Giovanni Maria Trabaci (1575-1647), nato in provincia di Matera.
Spostatosi a Napoli studiò, fra l’altro, con il franco-fiammingo Jean de Macque che avrebbe poi sostituito nel ruolo di maestro della Reale Cappella, risultando il primo italiano a ricoprire un ruolo così prestigioso.
Dalla sua produzione tastieristica abbiamo ascoltato la Partita Prima sopra Fedele, appartenente alla raccolta “Ricercate, canzone francese, capricci, canti fermi, gagliarde, partite diverse, toccate, durezze e ligature, e un madrigale passagiato” (1603).
Era quindi la volta delle Partite sopra “O Gott, du frommer Gott” BWV 768 di Johann Sebastian Bach (1685-1750), il cui testo di riferimento era tratto dal Devoti musica cordis, innario datato 1630 del poeta tedesco Johann Heermann.
Risalenti al periodo degli studi giovanili del sommo compositore, portati avanti dal 1699 a Lüneburg in Bassa Sassonia, rappresentano uno dei contributi ad un genere, quello delle Partite, che consisteva nello scrivere variazioni su un corale, eseguito prima di una funzione, allo scopo di permettere ai fedeli di familiarizzare con il motivo che sarebbe stato poi cantato durante il rito religioso.
Le successive Fuga II in sol maggiore e Fuga VII in mi bemolle maggiore di Nicola Porpora (1686-1767), evidenziavano uno fra i massimi rappresentanti della scuola napoletana del Settecento.
Allievo di Gaetano Greco al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, divenne quindi apprezzato docente al Conservatorio di S. Onofrio, per poi proseguire la sua carriera a Roma, Venezia e nelle corti di Dresda, Londra e Vienna, dove parallelamente si affermò anche in qualità di operista.
Un salto in Inghilterra con il Voluntary VIII in re minore, op. 5 di John Stanley (1712-1786), che diede lustro ad un genere tipicamente britannico (così definito perché lasciato alla “buona volontà” improvvisativa dell’esecutore).
Non fu comunque estraneo alle influenze di autori in auge nell’Europa continentale, come testimonia il brano eseguito, che rimandava allo stile corelliano.
Oggi poco famoso, ma ai suoi tempi molto apprezzato, Fedele Fenaroli (1730-1818), abruzzese trapiantato a Napoli, dove studiò probabilmente con Francesco Durante e Pietro Antonio Gallo e, a sua volta, ebbe allievi del calibro di Zingarelli, Cimarosa e Mercadante.
L’attività di docente, sfociata in numerosi trattati, ha finito per mettere in ombra la sua produzione, che comprendeva anche pregevole musica per strumenti a tastiera, come quella proposta al concerto.
La serata si è chiusa con Ouverture, composizione concepita originariamente per clavicembalo, al quale poi è stata aggiunta una parte per solo pedale, che Mauro Castaldo scrisse verso la fine degli anni ’90 in una sorta di omaggio alla letteratura organistica francese.
Uno sguardo conclusivo su Mauro Castaldo, che ha avuto innanzitutto il merito di concepire un programma di grande interesse, contraddistinto anche da alcuni brani di autori, come Porpora e Fenaroli, difficilmente collegabili in prima battuta alla produzione per tastiere.
In più, ha fornito un ulteriore saggio della sua bravura, grazie anche al Mascioni op. 1072, strumento che lui conosce molto bene (in quanto tempo addietro è stato organista titolare della chiesa dell’Immacolata), sfruttandone in pieno le notevoli potenzialità e dando vita ad un recital di elevato livello, molto apprezzato dal numeroso pubblico presente.
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