Nuovo appuntamento con il festival UniMusic, organizzato dalla Nuova Orchestra Scarlatti in partnership con l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.
Questa volta, nella splendida cornice della chiesa dei SS. Marcellino e Festo, il concerto era interamente dedicato agli strumenti ad arco, e aveva come protagonisti la violinista Daniela Cammarano ed il Quartetto Mitja.
In apertura abbiamo ascoltato il Concerto in sol maggiore per archi e basso continuo RV 151 “Alla rustica” di Antonio Vivaldi (1678-1741), presumibilmente destinato alle sue allieve dell’Ospedale della Pietà, quindi di semplice esecuzione e scarsamente elaborato, il che giustificherebbe il soprannome con il quale è passato alla storia, anche se esiste una diversa scuola di pensiero che, con motivazioni altrettanto valide, attribuisce l’appellativo al ritmo che pervade l’inizio della brevissima composizione.
L’orchestra d’archi ha lasciato il posto a quattro dei suoi componenti, Giorgiana Strazzullo e Sergio Martinoli (violini), Carmine Caniani (viola) e Veronica Fabbri Valenzuela (violoncello), ovvero il Quartetto Mitja, confrontatosi con brani di Haydn, Shostakovich e Sollima.
Del primo è stato eseguito il Quartetto per archi in do maggiore op. 33 n. 3, appartenente ai sei Quartetti “Russi”, dati alle stampe dalla casa editrice viennese Artaria nel 1782, così denominati dal fatto che furono dedicati al Granduca Paolo di Russia, figlio di Caterina e futuro imperatore.
In particolare il n. 3 è noto anche come “Der Vogel”, per l’incipit del movimento iniziale, che assomiglia al canto di un uccello.
Dal repertorio di Shostakovich era tratta una polka dagli echi stravinskiani, presente nella suite legata al balletto “L’età dell’oro”, datata 1930, ovvero quando l’autore non era ancora stato colpito, a causa di una produzione poco consona ai dettami del regime, dall’ira delle autorità sovietiche, che lo avrebbero costretto a ben due “autocritiche” salvavita nel corso della sua carriera.
Invece il successivo Sonnets et Rondeaux per quartetto d’archi del violoncellista e compositore Giovanni Sollima, scritto nel 2007 a seguito di una commissione del Concorso Internazionale “P. Borciani”, risultava a metà strada fra minimalismo e temi popolari.
Ultimo brano in programma, Las cuatro Estaciones porteñas di Piazzolla, dedicate alla città di Buenos Aires (l’aggettivo porteño si riferisce infatti ai nativi della capitale argentina), proposte nell’arrangiamento per orchestra d’archi del russo Leonid Desyatnikov, con Daniela Cammarota violino solista.
Concepite originariamente per violino, pianoforte, chitarra elettrica, contrabbasso e bandoneón, e in tempi diversi (Verano porteño nel 1965, Otoño porteño nel 1969, Invierno porteño e Primavera porteña nel 1970), vennero poi riunite sotto un’unica composizione.
In esse alcuni frammenti del pezzo vivaldiano più famoso, iniziale fonte di ispirazione, sono inseriti in uno stile che fonde musica occidentale e ritmi sudamericani (il cosiddetto nuevo tango) senza però trascurare intriganti sonorità contemporanee che evidenziano il valore di Piazzolla, autore meritevole di maggiori approfondimenti, al di là dei pochi motivi noti, proposti quasi all’esasperazione da chiunque e in qualsiasi versione, per andare incontro ai gusti del pubblico.
Uno sguardo sugli interpreti, a cominciare da Daniela Cammarano, primo violino nel brevissimo Vivaldi e solista nel complesso Piazzolla, che ha mostrato grande tecnica, abbinata ad un suono preciso, denso e caratterizzato da avvolgenti sonorità, trascinando con decisa personalità l’orchestra d’archi (ed anche gli spettatori).
Per il “Mitja” possiamo parlare di ritrovato entusiasmo, da parte di un ensemble nato nel 2008, che ha conosciuto fin dall’inizio meritati riconoscimenti.
Ma, in questi ambiti, non ci si può adagiare sugli allori, ed è necessario mantenere uno standard costantemente alto, frutto del connubio fra il valore artistico dei componenti e la loro propensione ad amalgamarsi, requisito quest’ultimo indispensabile per ottenere le necessarie sinergie.
Da tale punto di vista, l’arrivo della violoncellista Veronica Fabbri Valenzuela, avvenuto tre anni fa, ha sicuramente portato nuova linfa al quartetto, sia per la bravura della musicista (il cui suono si è potuto apprezzare anche nel brano di Piazzolla, dove ha fornito il suo apporto virtuosistico all’orchestra d’archi), sia per una notevole familiarità con la musica cameristica, caratteristiche entrambe in grado di riportare la compagine a livelli elevatissimi.
Meritevoli di un grande plauso anche tutti gli altri componenti dell’orchestra d’archi, che hanno eseguito con estrema perizia Vivaldi e Piazzolla, contribuendo all’ottima riuscita della serata.
Pubblico numeroso ed entusiasta, che ha lungamente applaudito i protagonisti, chiedendo insistentemente un bis, ed è stato accontentato con la riproposizione dell’Inverno porteño, degna chiusura di un magnifico concerto.
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