L’interessante sguardo sul Novecento del duo formato da Hae-Sun Kang e Ciro Longobardi

Foto Giancarlo de Luca

E’ indubbio che, quando il programma è rivolto al Novecento, scatta in gran parte del pubblico un rifiuto quasi automatico.
Non vogliamo addentrarci nelle cause di tale repulsione, talora giustificata, ma la realtà dei fatti è che un autore come Debussy rappresenta, per una larga fetta di appassionati, il limite invalicabile oltre il quale inizia la musica cosiddetta “moderna”, nonostante l’autore francese sia morto più di un secolo fa.
Partendo da questo presupposto, riscontrabile omogeneamente in tutta la penisola, concepire un programma interamente rivolto a musicisti del XX secolo, equivale ad una sfida dagli esiti scontati, a prescindere dagli autori proposti.
Sicuramente consci di questa situazione, ma altrettanto consapevoli della validità di moltissimi dei compositori che hanno attraversato il Novecento, la violinista coreana, trapiantata in Francia, Hae-Sun Kang, ed il pianista napoletano Ciro Longobardi, hanno proposto, nell’ambito della stagione dell’Associazione Alessandro Scarlatti, un programma costituito da brani compresi fra il 1914 ed il 1932.
Apertura dedicata al ceco Leoš Janáček (1854-1928), con la Sonata per violino e pianoforte, dove è possibile percepire echi sia del folclore moravo che di quello russo, avvolti da grande tristezza in quanto il pezzo venne scritto agli albori della Grande Guerra.
Solo il secondo movimento, Ballada, si discosta dagli altri perché aggiunto nel 1922, quando la sonata conobbe l’esordio a Brno, in un concerto curato dall’Associazione dei Giovani Musicisti della Moravia, per essere successivamente riproposta al Festival di Musica Contemporanea di Salisburgo.
Era poi la volta di Mythes op. 30 per violino e pianoforte, tratto dalla produzione del polacco Karol Szymanowski (1882-1937), autore oggi veramente poco conosciuto.
Il brano, risalente al 1915, è suddiviso in tre episodi, legati alla mitologia greca (La fontana d’Aretusa, Narciso, Driadi e Pan), dove al violino vennero affidati passaggi abbastanza inconsueti, che davano all’insieme un connotato suggestivo di forte stampo impressionistico.
Più famoso il francese Olivier Messiaen (1908-1992), autore di brani organistici e pianistici di forte impatto, che nel Thème et variations evidenzia alcune delle peculiarità sviluppate in seguito, quali l’uso del linguaggio modale e la tendenza a concepire strutture avente come base i numeri primi.
Va anche ricordato che il pezzo, datato 1932, rappresentava una sorta di regalo di nozze nei confronti della futura moglie, la violinista Claire Delbos, che eseguì la “prima” insieme al marito, nello stesso anno, al Cercle Musical di Parigi.
Chiusura con la Sonata per violino e pianoforte di Claude Debussy (1862-1918), che doveva far parte di una raccolta di sei brani, pensati per organici ridotti e talora insoliti, celebrativi del Settecento francese.
Il progetto si fermò a metà strada poiché il musicista francese morì nel 1918 e la Sonata per violino e pianoforte, datata 1917, risultò la sua ultima composizione in assoluto.
E veniamo ai due protagonisti, entrambi interpreti specializzati in ambito moderno e contemporaneo, che hanno dato vita ad un concerto di ottima fattura, evidenziando un affiatamento perfetto, abbinato a sonorità nitide e prive di sbavature, contribuendo così a valorizzare composizioni di grande interesse.
Pubblico naturalmente meno numeroso del solito, ma i presenti hanno mostrato grande apprezzamento e sono stati omaggiati da un brevissimo bis bartokiano, scelto fra le Danze popolari rumene, che ha concluso in bellezza il recital.

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