Il Festival del Barocco Napoletano mette in luce Giovanni Bonaventura Viviani grazie al duo Parizzi-Lamon

Nato a Firenze nel 1638, il compositore e violinista Giovanni Buonaventura Viviani fu tra i protagonisti della musica del XVII secolo.
Scorrendo la sua biografia, nonostante sia piena di punti oscuri, come tutte quelle relative agli autori del periodo, ci si rende conto dell’attività portata avanti nella duplice veste di solista e maestro di cappella, ruoli ricoperti entrambi alla corte di Innsbruck, dove soggiornò fra il 1672 ed il 1676.
Lo troviamo poi a Venezia, dove nel 1678 propose la revisione dell’opera di Francesco Cavalli “Scipione affricano” e, più o meno nello stesso periodo, a Roma, a dirigere un suo oratorio in un allestimento al quale parteciparono anche Arcangelo Corelli e Bernardo Pasquini.
Viviani toccò anche Napoli in due diverse occasioni (1678–1679 e 1681-1682), giungendo a capo di un gruppo di cantanti d’opera, e nel 1686 divenne maestro di cappella del principe di Bisignano.
L’anno dopo si spostò a Pistoia, nominato maestro di cappella della cattedrale, incarico mantenuto sicuramente fino al 1692, che potrebbe essere anche l’anno della sua morte.
Autore di opere ed oratori, Viviani ci ha lasciato anche una raccolta strumentale, pubblicata a Venezia nel 1678 ed intitolata Capricci armonici da chiesa e da camera op.4.
La suddetta raccolta è stata alla base del recente concerto del Festival del Barocco Napoletano, affidato al duo costituito da Enrico Parizzi (violino) e Nicola Lamon (clavicembalo).
In programma tutta la parte relativa ai “Caprici da camera”, formata da Sonate e arie di grande interesse, che culminava alla fine con la Sinfonia cantabile, brano di rara bellezza.
Per quanto riguarda i due protagonisti, già in altre occasioni avevamo avuto il piacere di ascoltare Enrico Parizzi, che ha confermato di essere attualmente uno dei violinisti barocchi di maggior prestigio.
Al suo fianco, nell’occasione, il clavicembalista Nicola Lamon (impegnato anche come solista in una Toccata e fuga di Alessandro Scarlatti), con il quale ha evidenziato un notevole affiatamento nel proporre un repertorio sicuramente di raro ascolto, che prossimamente diventerà parte di una incisione dedicata all’integrale dell’op. 4 di Viviani.
Ricordiamo ancore le esaurienti note di presentazione, curate dal maestro Dario Ascoli che, in due interventi successivi, ha ben inquadrato sia il contesto in cui è maturata la carriera di Viviani, sia le principali caratteristiche dei suoi brani.
Pubblico numeroso, spostato questa volta, per problemi logistici, nella cosiddetta Sala dei Tirannicidi, che ha lo svantaggio di essere un posto di passaggio (per cui chi sta al di fuori, volente o meno, disturba chi è all’interno), ma rispetto alla Sala del Toro Farnese, sede abituale dei concerti, presenta l’indiscusso vantaggio di un’acustica nettamente superiore.
In conclusione un concerto che ha evidenziato Giovanni Bonaventura Viviani, validissimo autore del Seicento, meritevole di essere conosciuto e maggiormente approfondito.

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