Si è svolta, al Teatro Mediterraneo della Fiera d’Oltremare di Napoli, la ventiquattresima edizione del Concerto di Capodanno della Nuova Orchestra Scarlatti, diretta per l’occasione dal giovane Marco Attura.
Intitolata “Playing Orchestra”, la serata ha avuto un inizio scoppiettante con la Sinfonia d’Opera di Paisiello e la Sinfonia dal “Signor Bruschino” di Rossini.
A seguire, “Metamorfosi” (da Bach a…Bach), concepita da Gaetano Russo, fondatore della Nuova Orchestra Scarlatti e attualmente suo direttore artistico, che proponeva un continuum di motivi celebri, accompagnato da un gioco di luci e dalla performance di Giovanna Famulari (qui nella triplice veste di violoncellista, cantante e mimo), che usciva da un bozzolo nero per poi rientravi, a conclusione di un intrigante percorso musicale.
Quest’ultimo partiva dalla celeberrima “Aria sulla quarta corda di Bach” (la sigla di “Quark”, per intenderci), e ritornava al punto di partenza, dopo aver toccato, grazie a progressive trasformazioni, “Imagine” di Lennon, Gabriel’s oboe di Morricone, la Danza di Zorba di Theodorakis, l’ouverture della “Carmen” di Bizet, Maruzzella e Tu vuo’ fa’ l’americano di Carosone.
Dopo un breve intervallo, la seconda parte riportava il concerto nell’alveo della tradizione di Capodanno, iniziando con il Valzer di Praga in re maggiore di Dvořák, datato 1879, seguito dal divertente e originale “The typewriter” (sorta di pezzo per macchina da scrivere e orchestra), scritto dallo statunitense Leroy Anderson nel 1950 e portato al successo da Jerry Lewis, che lo utilizzò in una celebre scena del film “Dove vai sono guai” del 1963.
Toccava quindi alla prima proposizione di un brano degli Strauss, la Egyptischer Marsch, commissionata a Johann figlio nel 1869, in occasione dell’inaugurazione del Canale di Suez.
Nuovo ritorno a Dvořák con la Danza Slava in do maggiore (prima delle otto che costituiscono l’op. 46, tutte concepite originariamente per pianoforte a quattro mani), che precedeva la scatenata Csárdás di Vittorio Monti.
Chiusura nel segno degli Strauss, prima con la Moulinet-Polka di Josef Strauss, che dovette interrompere una promettente carriera come ingegnere per sostituire il fratello maggiore, Johann Strauss II, costretto ad un lungo stop per motivi di salute, poi con la Furioso-Polka (quasi galopp), op. 260 del già citato Johann Strauss figlio.
Uno sguardo agli interpreti, cominciando da Giovanna Famulari, che ha ben ricoperto i diversi ruoli e, quando si è dovuta confrontare con le canzoni napoletane, essendo triestina, ha dovuto sopperire con la passione e l’intensità agli inevitabili problemi di natura linguistica.
Di buon livello è apparsa la prova della Nuova Orchestra Scarlatti, diretta con notevole sicurezza da Marco Attura, fra le cui fila stanno crescendo giovani molto promettenti, da affiancare ai musicisti già affermati, molti dei quali hanno evidenziato il loro valore in passaggi solistici, come l’oboista Domenico Rinaldi, il clarinettista Luca Cipriano e il percussionista e “dattilografo” Domenico Monda.
Va altresì sottolineato che una parte dell’orchestra, come ha tenuto a precisare con orgoglio il maestro Russo, era contemporaneamente impegnata in Cina per un allestimento operistico, il che fornisce un’idea di quanto l’organico sia numeroso.
Ricordiamo ancora che il concerto era amplificato, con tutto quello che comporta questo tipo di scelta, in quanto anche il minimo fruscio (ad esempio il direttore che gira una pagina) viene riportato chiaramente, ma sono problemi che presumibilmente la maggior parte del pubblico non avverte come tali.
E, rimanendo in tema di spettatori, che gremivano il teatro in ogni ordine di posto, sono stati sicuramente disorientati dalle “Metamorfosi”, che rappresentavano un interessante esperimento (forse troppo colto per una serata del genere), ma hanno gradito moltissimo la seconda parte, applaudendo entusiasticamente in diverse occasioni e chiedendo a gran voce un bis.
Sono stati accontentati con l’esecuzione di ben quattro brani, dalla famosa Tritsch-Tratsch Polka, op. 214 di Johann Strauss figlio, alla riproposizione della Csárdás di Monti, passando per la celeberrima Radetzky Marsch, op. 228 di Johann Strauss padre e ‘O surdato ’nnammurato, di Califano-Cannio, degna chiusura di un concerto divenuto ormai un appuntamento clou del periodo legato alle festività natalizie.
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