Ai “Concerti in Villa Floridiana” il graditissimo ritorno del duo formato da Alessandro Crosta e Nadia Testa

Foto Diana Gianquitto

Terzo appuntamento con la ottava stagione dei “Concerti in Villa Floridiana”, rassegna organizzata dall’Associazione Golfo Mistico, che si svolge nel “Salone delle Feste” del Museo Duca di Martina.
Protagonisti della mattinata il flautista Alessandro Crosta e la pianista Nadia Testa, che hanno proposto un concerto dal titolo “Il volo: musiche intorno al mondo”, consistente in una panoramica interessantissima dedicata ad autori poco noti, appartenenti ad aree geografiche molto diverse.
Il recital è iniziato con il ligure Serafino Alassio (1836-1915), compositore, polistrumentista e direttore d’orchestra, che a 8 anni era organista della chiesa parrocchiale di Cervo, sua città natale.
Di questo autore estremamente prolifico (pare abbia scritto più di 700 brani, anche se c’è chi gliene attribuisce addirittura 4000!) abbiamo ascoltato la Parafrasi sulla “Tosca” di G. Puccini, che si inseriva nel classico filone salottiero, caratterizzato dal duplice scopo di far riascoltare i motivi principali delle opere in auge e permettere ai musicisti di evidenziare il loro virtuosismo.
Era quindi la volta dell’olandese Kees Schoonenbeek (1947), che nel 2012 ha concepito il pezzo Jewish Folksongs, omaggio alla tradizione ebraica ed alla musica klezmer, contenente motivi quali Hava Nagila e Evenu Shalom.
Da un popolo perseguitato all’altro, si passava ai Rom, etnia alla quale apparteneva Grigoraș Dinicu (1889-1949), uno dei più grandi violinisti del Novecento, ammirato anche da Jascha Heifetz, che attinse ai ritmi balcanici, come la sarba, danza che si balla in circolo.
Si rimaneva, quindi, nell’Est Europeo, con Stanisław Moniuszko (1819 – 1872), definito il “Padre dell’opera polacca”, autore di Prząśniczka (La filatrice), fra i brani maggiormente famosi della sua produzione per voce e pianoforte, che comprende più di 300 composizioni.
Il successivo passaggio in Andalusia ci faceva conoscere Gerónimo Giménez (1854-1923), autore specializzatosi nella creazione di zarzuelas, sostantivo derivante da zarza (rovo), in quanto le prime rappresentazioni di questo genere lirico tipicamente iberico pare siano avvenute in un giardino circondato da rovi.
Frutto della fusione fra brani cantati, parti recitate e danze, la zarzuela presentava una discreta affinità con l’opéra-comique francese, anche se era incentrata sempre su vicende accadute in Spagna, come “La boda de Luis Alonso”, dalla quale era tratto il celebre e pirotecnico Intermezzo.
Un salto nell’estremo oriente con Sakura, celeberrima melodia tradizionale giapponese, arrangiata da Hiro Fujikake (1949) per flauto e pianoforte, ha preceduto il gran finale rivolto a due brani contraddistinti da ritmi sudamericani.
Il primo, noto anche come “Tango della gelosia”, venne scritto nel 1925 dal danese Jacob Gade (1879-1963), all’epoca leader di un’orchestrina che aveva il compito di accompagnare con le sue musiche i film muti.
In questo caso la pellicola era Don Q, il figlio di Zorro, con Douglas Fairbanks nel ruolo di protagonista, e il motivo ebbe un tale successo (che dura tuttora), da permettere a Gade di vivere con i proventi dei diritti d’autore per il resto dei suoi giorni.
Il pezzo conobbe vari arrangiamenti, fra i quali quello per flauto e pianoforte, intitolato Tango Fantasia, curato dal connazionale Toke Lund Christiansen, solista e compositore tuttora vivente.
Per quanto riguarda il secondo, consisteva in Tico-Tico no Fubá, “choro” del brasiliano José Gomes “Zequinha” de Abreu (1880-1935), datato 1917.
Tico-Tico è il nome dato dai brasiliani al “passero dal collare rossiccio” (Zonotrichia capensis), al centro di studi ornitologici a partire dagli anni ’70 in quanto emette una serie di suoni molto particolari e diversificati a seconda dell’habitat e della popolazione di appartenenza.
Ma, a parte questo, è un uccellino che ama cibarsi di cereali e la canzone era stata inizialmente battezzata “Tico-Tico no farelo” (Tico-Tico nella crusca) ma, quando nel 1931 venne portata a termine una sua incisione discografica, ci si accorse che esisteva già un brano con il medesimo titolo, concepito dal chitarrista Américo Jacomino Canhoto, per cui de Abreu fu costretto a variare il nome della canzone in “Tico-Tico no Fubá” (Tico-Tico nella farina di mais).
Sempre negli anni ’30, il connazionale Aloysio de Oliveira aggiunse anche un testo, contribuendo alla diffusione di un motivo, ancora oggi famosissimo, la cui definitiva consacrazione si deve alla cantante ed attrice Carmen Miranda, che lo interpretò magistralmente nel film Copacabana (1947).
Uno sguardo ora agli esecutori, il flautista Alessandro Crosta e la pianista Nadia Testa, che costituiscono un sodalizio molto ben rodato, frutto di una ventennale frequentazione.
Per tale motivo il duo ha evidenziato un’intesa perfetta, estrema bravura ed eccezionale versatilità, proponendo brani piacevoli, decisamente più noti di chi li ha creati.
Valore aggiunto della mattinata, i divertenti aneddoti raccontati dal maestro Testa durante il recital, molto graditi dal pubblico presente, testimonianze delle numerosissime tournée intraprese in ogni angolo del mondo.
Grande successo finale e richiesta insistente di un bis, alla quale il duo ha risposto suonando un altro brano di Dinicu, il celebre Hora staccato, logica conclusione di un bellissimo concerto incentrato sulla musica popolare di qualità.

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