La stagione dell’Associazione Alessandro Scarlatti ha ospitato, nel Teatro Sannazaro, il recital di Davide Cabassi, nato nel 1976 e fra i migliori pianisti della sua generazione.
L’artista milanese ha proposto, nella prima parte del concerto, due delle composizioni più note di Robert Schumann (1810-1856), Kinderszenen op.15 e Carnaval op. 9.
La prima risale al 1858 e comprende tredici brani molto brevi, dove la sensibilità è anteposta al virtuosismo, con il celebre Träumerei (Sogno), collocato in posizione centrale.
Si tratta di reminiscenze infantili dell’autore, scaturite da alcune frasi che Clara aveva scritto in una lettera, alludendo al suo comportarsi spesso come un bambino.
Per questo Schumann disse che li aveva concepiti “per i piccoli fanciulli da un fanciullo grande”, ma poi cambiò idea definendoli “reminiscenze per adulti da parte di un adulto”.
Dal suo canto Carnaval op. 9, il cui sottotitolo è Piccole scene su quattro note, venne scritto nel 1835 per Ernestine von Fricken, musicista della quale Schumann si era innamorato, dopo averla conosciuta in casa del suo maestro Friederich Wieck.
Il brano è formato da 22 pezzi, talora di brevissima durata, tutti caratterizzati da un’intestazione, dove l’autore, all’epoca venticinquenne, racchiuse episodi, sentimenti e persone legati alla sua vita, immaginando come scenario una festa di carnevale, e affidando alle maschere il susseguirsi di stati d’animo contrastanti.
Inoltre, nella partitura, Schumann sfruttò la corrispondenza fra note e lettere, legata alla convenzione musicale tedesca, introducendo la parola Asch, città natale di Ernestine, mediante una successione, ad esempio, di “la bemolle” (As), “do” (C) e “si” (H), gioco reso esplicito, al centro della composizione, dal brano intitolato A.S.C.H – S.C.H.A.
La seconda parte si apriva con Dulce Refrigerium – Sechs geistliche Lieder für Klavier, opera della maturità di Niccolò Castiglioni (1932-1996).
Datata 1984, ha come riferimento Veni Sancte Spiritus, inno legato alla liturgia del giorno di Pentecoste, attribuito all’arcivescovo di Canterbury Stephen Langton, filtrato attraverso sonorità contemporanee.
Il programma si chiudeva con i “Quadri da un’esposizione” di Modest Musorgskij (1839-1881), concepiti in memoria del suo fraterno amico Viktor Hartmann, pittore ed architetto morto nel 1873 per un aneurisma.
L’anno dopo, numerose sue opere furono esposte in una retrospettiva tenutasi a S. Pietroburgo, e Musorgskij ne scelse undici e le descrisse in una suite formata da dieci movimenti, legando fra loro i vari pezzi mediante un leitmotiv (promenade), che rappresentava il musicista stesso che si spostava da un quadro all’altro.
Una composizione impressionista ante litteram, che terminava con la solenne “Grande Porta di Kiev”, bozzetto con il quale Hartmann aveva partecipato e vinto una gara nazionale di architettura, bandita nell’ambito di un progetto, che non andò poi in porto, per l’edificazione di una nuova porta della città ucraina.
La suite fu pubblicata postuma nel 1886, sotto la supervisione di Rimskij-Korsakov, che provvide a rimaneggiare la partitura, smussandone i passaggi giudicati troppo aspri e “trasgressivi”.
Ma la notorietà del brano si deve soprattutto alla sontuosa trascrizione per orchestra, curata da Ravel nel 1922, che riscosse subito un grande successo, finendo per porre in secondo piano la versione pianistica, il cui manoscritto originale è venuto alla luce soltanto nel 1975.
Riguardo a Davide Cabassi, ha dato vita ad un recital di altissimo valore, a partire dall’interpretazione dei brani di Schumann, dove ha saputo ben descrivere e trasferire al pubblico gli opposti stati d’animo dell’autore, insiti nei cambiamenti di ritmo, talora molto bruschi, fra un pezzo e l’altro.
Molto buona anche la proposizione della composizione di Castiglioni, che abbisognava di una concentrazione particolare anche da parte del pubblico, e veramente splendidi i “Quadri da un’esposizione”, eseguiti da Cabassi con colori e sfumature, messe in luce da Ravel nella versione orchestrale, che raramente emergono quando il brano è affidato soltanto al pianoforte.
Pubblico molto numeroso, piuttosto irrequieto, al punto che il maestro Tommaso Rossi, direttore artistico della rassegna, memore di quanto accaduto nella prima parte, ha approfittato dell’intervallo per esortare i presenti a spegnere i cellulari ancora rimasti in funzione.
Successo finale meritatissimo, con lunghi e scroscianti applausi, ai quali il maestro Cabassi ha risposto con due bis, il primo tratto dalla produzione di Debussy ed il secondo consistente nell’arrangiamento di Keith Jarret del celeberrimo “Over the Rainbow” (scritto da Harold Arlen per il film “Il mago di Oz”), a conclusione di un recital che ha degnamente dato l’avvio al centesimo anno di attività dell’Associazione Alessandro Scarlatti.
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