La terza edizione del Festival “Sicut Sagittae” propone un altro capolavoro di Donato Ricchezza

Donato Ricchezza (1648-1716) fu allievo di Francesco Provenzale al Conservatorio di S. Maria di Loreto.
Ammesso alla Real Cappella come virtuoso di violino, prese in seguito i voti, e successe a Cristofaro Caresana nel ruolo di maestro di cappella dell’Oratorio dei Filippini (oggi più noto come Oratorio dei Girolamini), così chiamato perché fondato da religiosi, arrivati da Roma alla fine del Cinquecento, appartenenti all’ordine di San Filippo Neri.
Ai padri oratoriani Ricchezza lasciò le sue composizioni, una cinquantina circa, tuttora conservate nell’archivio dei Girolamini sotto forma di manoscritti.
Fin qui la scarna biografia di un autore che, grazie agli studi degli ultimi anni, portati avanti da Dinko Fabris e Antonio Florio, si sta rivelando un’autentica sorpresa.
Per tale motivo, dopo l’Oratorio de Los Santos Niños, presentato in prima assoluta in tempi moderni nel 2017, Sicut Sagittae, la rassegna di Musica Barocca, giunta alla terza edizione e affidata alla direzione artistica del maestro Antonio Florio, ha dato nuovamente spazio a questo autore, proponendo, anche stavolta in prima esecuzione moderna, “La Ruina degli Angioli”, oratorio a 5 con violini.
Al centro della vicenda la rivolta di Lucifero e degli angeli a lui fedeli, accennata nella Bibbia, prima nel capitolo 14 del Libro di Isaia e nel capitolo 28 del Libro di Ezechiele, e poi descritta in tutta la sua complessità nell’Apocalisse di San Giovanni.
Proprio ispirandosi a tali fonti, ed avvalendosi di un testo di anonimo napoletano di fine secolo XVII, Ricchezza diede vita ad un lavoro caratterizzato da una enorme drammaticità, che coinvolge pienamente l’ascoltatore, avvincendolo fino alla fine, ad onta del fatto che la conclusione sia ben nota.
In effetti, seguendo l’oratorio, sembra di assistere in diretta all’avvenimento, al quale partecipa tutta la Santissima Trinità, e della cui risoluzione si farà carico S. Michele Arcangelo con le sue truppe celesti, sconfiggendo i ribelli, destinati a sprofondare negli inferi, da dove in futuro partiranno tutte le insidie per l’uomo.
Proprio quest’ultimo, causa del dissidio fra Dio e Lucifero, l’angelo che a Lui era più vicino (decaduto in quanto si contrappose violentemente all’idea che una divinità, allo scopo di redimere il mondo intero, potesse “sporcarsi” e scendere sulla terra, assumendo sembianze umane), viene evocato nei versi conclusivi, dove la SS. Trinità ribadisce il suo amore nei confronti del genere umano.
Il tutto è sottolineato da una musica di splendida fattura, indubbiamente debitrice degli insegnamenti del maestro Provenzale, che però appare molto vicina al raggiungimento di uno stile personale.
Per quanto riguarda gli interpreti, si sono dimostrati all’altezza del difficile, ma esaltante compito, di far rivivere un oratorio di rara intensità.
L’ottimo ed affiatato organico comprendeva le splendide voci dei soprani Olga Cafiero (Lo Spirito Santo) e Giuseppina Perna (San Michele), del controtenore Enrico Torre (Il Verbo), del tenore Leopoldo Punziano (Il Padre Eterno) e del basso-baritono Carlo Feola (Lucifero), supportate da un gruppo strumentale di grande solidità come l’ensemble Port de Voix, costituito da Marco Piantoni (violino I), Nunzia Sorrentino (violino II), Chiara Mallozzi (violoncello) e Angelo Trancone (direttore al clavicembalo ed autore anche di un interessante ed esauriente programma di sala).
In conclusione una serata che conferma la valenza di Donato Ricchezza come autore di musica sacra, per cui speriamo che, quanto prima, sia possibile ascoltare altri lavori tratti dalla sua produzione.

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