L’Associazione Alessandro Scarlatti festeggia nel 2019 il suo centesimo anno di attività, e ha voluto dedicare il concerto natalizio ad una delle fautrici, nel lontano 1919, della nascita di questa gloriosa istituzione musicale, la compositrice, pianista e direttrice di coro napoletana Emilia Gubitosi (1887-1972).
Per celebrare degnamente una delle protagoniste del Novecento culturale partenopeo, sono stati chiamati l’Ensemble Vocale di Napoli, diretto da Antonio Spagnolo (fondatore della compagine nel 1983), l’Ensemble Labirinto, costituito da Giuseppe Guida, Gianluca Pirro, Vincenzo Bianco, Nunzia Sorrentino, Vincenzo Corrado, Giuseppe Grieco (violini), Rosario di Meglio (viola), Leonardo Massa (violoncello), Ottavio Gaudiano (contrabbasso), Guido Mandaglio (fagotto) e Pierfrancesco Borrelli (organo), ed un quintetto di voci soliste formato da Francesca Zurzolo e Francesca Russo Ermolli (soprani), Antonia Salzano (contralto), Rosario Cantone (tenore) e Giuseppe Deliso (basso).
Il programma, che prevedeva l’esecuzione di brani di musicisti nati o attivi a Napoli, dal Settecento ai nostri giorni, iniziava con il Kyrie, il Gloria e il Sanctus dalla Missa Quatuor Vocum di Domenico Scarlatti (1685-1757).
Si tratta di un pezzo sacro risalente al 1754, il cui manoscritto è conservato nella Biblioteca Nazionale di Madrid ed ha un inestimabile valore in quanto risulta, ad oggi, l’unico documento originale scarlattiano presente in Spagna.
Era poi la volta di un paio di prime assolute, l’Ave verum di Patrizio Marrone (1961) e il Mottetto sul nome Emilia di Gaetano Panariello (1961), pregevoli contributi alla musica contemporanea di due dei maggiori compositori napoletani in attività.
La prima parte si chiudeva con Redemisti nos Domine, mottetto per coro e organo (solista Pierfrancesco Borrelli), che la Gubitosi creò quando era ancora allieva del Conservatorio di Napoli.
Dopo un breve intervallo, l’intera seconda parte era rivolta alla Messa di Santa Cecilia a 5 voci di Alessandro Scarlatti (1660-1725), scritta nel 1720 a Roma per il cardinale Acquaviva, religioso proveniente da una famiglia nobile di origini napoletane
Appartenente all’ultima fase della produzione del musicista palermitano, risulta molto particolare in quanto dà alle voci soliste, rispetto alle composizioni dello stesso genere concepite da altri autori del periodo, maggiore importanza, risultando in tal modo, secondo alcuni studiosi, in discreto anticipo sulle concezioni sviluppate in seguito da Bach, Haydn e Mozart.
Veniamo quindi ai protagonisti, per sottolineare innanzitutto la differenza fra la prima e la seconda parte in tema di sonorità, strettamente legata alla proibitiva acustica della Basilica di San Giovanni Maggiore, sede del concerto.
Un problema, questo, che stiamo ribadendo da quando l’edificio è stato meritoriamente riaperto al pubblico, restituendo alla città un luogo di estremo interesse storico, poco consono però ad ospitare manifestazioni musicali di qualsiasi tipo.
Così, se nella prima parte, l’ensemble è riuscito ad ottenere un equilibrio quasi miracoloso, superando i problemi appena accennati, nella seconda, che vedeva la contemporanea presenza di coro, orchestra e voci soliste, ottenere un risultato ottimale, che evidenziasse al meglio tutte le componenti, risultava un compito non arduo ma impossibile.
Sicché, se coro ed orchestra, sempre facendo salti mortali, hanno trovato un discreto assestamento interno e reciproco, a farne le spese sono state le voci soliste, in particolare quelle femminili (tre cantanti che abbiamo più volte ascoltato e apprezzato, ed il cui assoluto valore risulta indiscutibile), oltremodo penalizzate dal contesto ambientale.
Pubblico piuttosto numeroso, che ha applaudito tutti i protagonisti ed ha calorosamente apprezzato anche i pezzi di maggiore modernità, come quelli di Patrizio Marrone e Gaetano Panariello, presenti al concerto e anche loro omaggiati da applausi scroscianti quando, al termine dei loro brani, si sono presentati agli spettatori.
In conclusione un omaggio a Emilia Gubitosi molto ben riuscito, per quanto riguarda interpreti e programma, un po’ meno relativamente alla sede.
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