Ai “Concerti in Villa Floridiana” il raffinato ed intenso viaggio musicale del duo Lanzini-Montomoli

Il secondo appuntamento con i “Concerti in Villa Floridiana”, rassegna organizzata dall’Associazione Musicale Golfo Mistico, in collaborazione con il Polo Museale della Campania, ha avuto come protagonisti Giovanni Lanzini (clarinetto) e Fabio Montomoli (chitarra).
Il prestigioso duo ha proposto un concerto dal titolo “La musica è un lungo viaggio”, iniziato in Argentina e terminato a Napoli, durante il quale si è confrontato con brani sudamericani, arie d’opera e canzoni napoletane, trascritti per clarinetto e chitarra.
In apertura abbiamo ascoltato il celeberrimo Oblivion di Astor Piazzolla (1921-1992), scritto nel 1984 per la colonna sonora del film “Enrico IV” di Marco Bellocchio, ben presto divenuto un brano di successo a sé stante.
I successivi tre brani appartenevano alla produzione del brasiliano, naturalizzato canadese, Celso Machado (1953) ed erano rivolti ad alcuni dei principali ritmi carioca.
Sono stati eseguiti, nell’ordine, una bossa nova (“Sambossa”), uno chôro dedicato alla “Paçoca” (dolce tradizionale costituito da arachidi, farina di manioca e zucchero) ed infine “Piazza Vittorio”, chôro maxixe (sorta di tango brasiliano) concepito in omaggio ad uno dei luoghi simbolo della Roma multietnica.
Sempre rimanendo in Brasile, ancora un brano famosissimo, “Garota de Ipanema”, bossa nova scritta nel 1962 da Antȏnio Carlos Jobim (1927-1994), su testo di Vinicius de Moraes.
Questa parte del viaggio si concludeva con un ritorno in Argentina, nel segno del poeta e compositore Ángel Villoldo (1861-1919) e del musicista e cantante Carlos Gardel (1887-1935).
Al primo, passato alla storia con l’appellativo di “Padre del Tango”, si devono numerosi pezzi di successo come “El Choclo” (La pannocchia), soprannome con il quale veniva definito Josè Roncallo, caro amico di Villoldo, per il suo ciuffo biondo che ricordava la barba della pannocchia.
Brano storico, fu fra i primi ad arrivare in Europa (lo spartito venne distribuito in vari porti del vecchio continente dalla nave scuola argentina Sarmento) ed anche uno dei primi ad essere inciso.
Relativamente a Carlos Gardel, tra le sue canzoni è stata scelta “Por una cabeza”, dove l’amore per una donna è paragonato ad una scommessa persa per aver puntato su un cavallo sconfitto “per un’incollatura” (la “cabeza” del titolo).
Seconda parte rivolta ad alcune melodie immortali della canzone napoletana, da “Fenesta ca lucive” (1842), la cui musica è da taluni attribuita a Vincenzo Bellini, fino a “Funiculì, Funiculà”, composta da Luigi Denza, passando per “O paese d’ ‘o sole” (1925) di Vincenzo D’Annibale, che si avvalse dei testi di Libero Bovio, e “Core ‘ngrato” (1911) di Salvatore Cardillo.
Per ognuna ci sarebbero tante curiosità ed aneddoti, ma ci soffermiamo su “Funiculì, Funiculà” in quanto è forse uno dei motivi universalmente più noti.
Non molti sanno che nacque nell’estate del 1880, quasi per caso, dall’incontro alle terme di Castellammare di Stabia tra il giornalista Giuseppe Turco ed il compositore Luigi Denza.
L’idea era di scrivere una canzone da presentare alla Piedigrotta di quell’anno, promuovendo nel contempo la funicolare che portava alle falde del Vesuvio, da poco inaugurata ma che quasi nessuno utilizzava, preferendo per la salita i muli o i portantini.
La canzone non solo spopolò letteralmente, ma conobbe subito anche un respiro internazionale poiché, già nel 1886, il tedesco Richard Strauss la inserì nel poema sinfonico Aus Italien, mentre il russo Rimskij-Korsakov la orchestrò come lavoro a parte nel 1907 (Canzone napoletana, op. 63), pensando che si trattasse di un brano di autore anonimo della tradizione classica napoletana.
Terzo e conclusivo capitolo, quello dedicato prevalentemente all’opera, con un occhio di riguardo nei confronti di Giacomo Puccini (1858-1924), del quale sono state proposte le arie “O mio babbino caro”, da “Gianni Schicchi”, “Quando me’n vo” da  “La Bohème” e “Nessun dorma!”, da “Turandot”, in una inconsueta versione per clarinetto e chitarra.
Ultimi due brani in programma, Il Carnevale di Venezia (alla maniera di Niccolò Paganini), in una particolare e virtuosistica elaborazione del duo Lanzini-Montomoli e La Danza, famosissima tarantella appartenente alla raccolta Soirées musicales, consistente in dodici canzoni scritte fra il 1830 ed il 1835 da Gioachino Rossini (1792-1868), richiamo a Napoli e punto di arrivo del viaggio cominciato in Argentina.
Per quanto riguarda i due musicisti, Giovanni Lanzini e Fabio Montomoli erano stati fra i primi ospiti, nella stagione di esordio della rassegna, e anche in questa occasione hanno saputo conquistare il pubblico, non molto numeroso, ma calorosissimo ed emozionato fino alle lacrime, grazie ad un programma che abbinava musica colta e popolare, interpretata con grande bravura, intensità e raffinatezza, arricchito da aneddoti e spiegazioni.
Graditissimo quindi il bis conclusivo, che ci ha riportati al punto di partenza, ovvero l’Argentina, con il notissimo Libertango di Piazzolla, eseguito più alla maniera della “Guardia Vieja”, che del “Tango Nuevo” (al quale appartiene), e per questo decisamente più intrigante e meno scontato di quello normalmente propinatoci ormai in tutte le salse.

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