Dopo la serata russa dello scorso anno, il Quartetto Savinio è ritornato al Teatro Sannazaro per la stagione 2018-2019 dell’Associazione Alessandro Scarlatti, questa volta con il clarinettista Calogero Palermo, presentando una novità nell’organico, in quanto, dal dicembre 2017, il violista Edoardo Rosadini ha sostituito Francesco Solombrino.
L’ensemble ha proposto alcuni classici della letteratura cameristica dell’Ottocento, a partire dal Quartettsatz in do minore D. 703 di Franz Schubert (1797 – 1828), risalente al 1820.
Il brano consta di un primo tempo (allegro assai) e di un abbozzo del secondo (andante), che giustifica il titolo di “movimento di quartetto”, ma nonostante la sua incompletezza c’è chi lo considera una sorta di prova generale dei capolavori scritti qualche anno dopo, come ad esempio il Quartetto in re minore “La morte e la fanciulla”.
Il successivo Quartetto in la maggiore op. 41 n. 3 apparteneva all’unico approccio di Robert Schumann (1810 – 1856) nell’ambito del quartetto per archi, consistente in un trittico dedicato a Felix Mendelssohn-Bartholdy, scritto nel 1842.
Prima di dare vita a questi brani, Schumann si fece inviare dall’editore Breitkopf & Härtel tutta la produzione di Mozart e di Beethoven relativa a tale genere, consultandola in un tempo brevissimo.
Così, prendendo spunto da quanto acquisito, concepì tre composizioni che risentirono degli studi frenetici portati avanti allo scopo di assimilare quanto più velocemente possibile le esperienze dei suoi predecessori, per cui talora si nota un certo disorientamento, abbinato alla consueta oscillazione di umori, tipica di molti lavori schumanniani.
La seconda parte del concerto è stata invece rivolta interamente al Quintetto in si minore per clarinetto e archi op. 115 di Johannes Brahms (1833-1897), legato ad un particolare momento della vita del musicista tedesco che, nel 1891, era ormai convinto di essere giunto alla fine della sua carriera creativa.
Recatosi a Meiningen per contattare Fritz Steinbach, direttore della locale orchestra, si trovò di fronte ad una compagine che Hans von Bülow e Richard Strauss (i precedenti direttori) avevano portato ad alti livelli.
Tra le fila della compagine vi era Richard Mühlfeld, versatile strumentista che, da un giorno all’altro, aveva lasciato il gruppo dei violini per passare nella sezione dei fiati come clarinettista.
Il suo suono e la sua bravura interpretativa lo colpirono a tal punto, che Brahms decise di scrivere per lui alcuni lavori dove il clarinetto era protagonista, quali il Quintetto in si minore, op. 115, assoluto capolavoro completato nel 1891 nella residenza estiva di Bad Ischl.
Per quanto riguarda gli interpreti, il Quartetto Savinio, formato da Alberto Maria Ruta e Rossella Bertucci (violini), Edoardo Rosadini (viola) e Lorenzo Ceriani (violoncello), ha evidenziato le consuete ottime individualità, ed è apparso ben avviato verso il ritorno agli antichi equilibri provvisoriamente interrotti, tenendo presente che la compagine dal 2000, anno della sua fondazione, aveva avuto sempre i medesimi componenti.
E forse non è un caso che il pezzo di Brahms, che si avvaleva dell’apporto aggiuntivo del clarinettista Calogero Palermo, sia risultato quello più convincente, in quanto il valentissimo strumentista è stato in grado di compattare maggiormente l’insieme, contribuendo ad un’esecuzione di alto livello.
Pubblico numeroso e caloroso, che ha chiesto a gran voce il bis, ed è stato accontentato con una versione per quintetto di Après un rêve di Fauré, che ha chiuso la serata in modo romantico.
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