Nuovo appuntamento con i “Concerti di Autunno”, rassegna organizzata dalla Chiesa Evangelica Luterana ed affidata alla direzione artistica di Luciana Renzetti.
Protagonista della serata il trio costituito da Andrea Montefoschi (flauto), Giovanni Borrelli (viola) e Lucia Bova (arpa), che ha proposto una serie di brani e autori di raro ascolto.
Apertura dedicata ad André Jolivet (1905–1974), musicista francese che aveva aderito nel 1936, insieme a Daniel-Lesur e Olivier Messiaen, al gruppo “Jeune France”, nato da un’idea di Yves Baudrier, che si prefiggeva di promuovere un tipo di musica da camera contemporanea volta a riportare emozioni in un settore dove iniziavano a prevalere meccanicismi e aridità.
E il Trio per flauto, fagotto (viola) e arpa, risalente al 1943, si può inquadrare in tale contesto, in quanto descrive, nei suoi quattro tempi, altrettanti momenti relativi alla Natività (La stella, i Magi, La Vergine e il Bambino, l’arrivo e la danza dei pastori), per cui è noto anche con l’appellativo di “Pastorales de Noël”.
Il successivo Elegiac Trio, datato 1916, metteva in evidenza il britannico Arnold Bax (1883–1953) che, per tale brano, si avvalse di un organico simile a quello usato da Debussy per la sua Sonata.
Quest’ultima, pur essendo del 1915, esordì in pubblico solo alla fine dell’anno successivo, per cui le varie congetture su un eventuale plagio di Bax sono solo frutto di fantasie.
Toccava quindi a Carlos Chávez (1899–1978), figura eclettica di compositore, docente, direttore d’orchestra, giornalista, che risulta pure il fondatore dell’Orchestra Sinfonica Messicana.
Il suo Trio per flauto, viola ed arpa (1940), rappresenta un lavoro piuttosto particolare, nell’ambito di una produzione tesa prevalentemente ad abbinare ritmi folcloristici a sonorità moderne.
Infatti, i quattro movimenti che lo compongono, sono costituiti da particolari trascrizioni di brani appartenenti a Children’s Corner di Debussy (The snow is dancing e Golliwogg’s cake-walk) e alle Siete canciones populares españolas di Manuel de Falla (Asturiana e Polo).
Poco frequentato anche Giorgio Federico Ghedini (1892-1965), compositore prolifico, prestigioso docente (fra i suoi allievi si annoverano Claudio Abbado e Luciano Berio) e apprezzato direttore d’orchestra.
Il suo stile, caratteristico ed originale, volto a conciliare la musica del passato con le esigenze moderne, ha finito per penalizzarlo e, una volta impossibilitato a proporre di persona le sue opere, Ghedini è stato condannato a un oblio quasi totale.
Un vero peccato, come si è potuto apprezzare dall’intenso Concertato per flauto, viola e arpa, scritto nel 1941, in pieno conflitto mondiale, e pervaso quindi da una comprensiva vena di cupa disperazione, in parte stemperata nel finale.
Il recital si chiudeva con la già citata Sonata per flauto, viola e arpa di Claude Debussy (1862-1918), composta nell’ambito di un progetto costituito da sei sonate, concepite per organici ridotti ed insoliti, che aveva fra i suoi intenti quello di omaggiare il Settecento francese, fermatosi a metà strada per la morte prematura del musicista.
Veniamo ora ai tre protagonisti, che formano un ensemble affiatatissimo, partendo da Lucia Bova, arpista di fama internazionale, e dal suo Horngacher “modello Impero”, strumento che è già una gioia per la vista, considerando la cura con la quale è stato costruito, e risulta inoltre dotato di un suono splendido, atto ad esaltare la straordinaria bravura dell’interprete.
Ottima anche la prova degli altri due componenti, il flautista Andrea Montefoschi ed il violista Giovanni Borrelli, esecutori di grande esperienza e di altissimo livello, capaci di mettere in luce le minime sfumature di ogni brano e di interagire equilibratamente con l’arpa, al punto da ottenere un impasto sonoro di grande nitidezza.
Pubblico numeroso, affascinato in particolare dall’arpa, che ha lungamente applaudito il trio, chiedendo insistentemente un bis.
E’ stato accontentato con la proposizione del Minuetto, tratto dalla trascrizione per flauto, arpa e viola della Sonatine per pianoforte di Ravel, curata da Carlos Salzedo, ennesima gemma di una serata piacevole e molto interessante, che conferma come i “Concerti di Autunno” siano ormai costantemente alla ricerca di orizzonti musicali inconsueti, ma vicini ai gusti di un pubblico, che va risvegliato dal torpore nel quale si trova, causato da decenni di generale appiattimento.
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