Ai “Concerti di Autunno” un intrigante ed inconsueto abbinamento fra mandolino e musica al femminile

Proseguono, nella Chiesa Evangelica Luterana, gli appuntamenti con i “Concerti di Autunno”, rassegna affidata alla direzione artistica di Luciana Renzetti.
Al centro della serata alcuni brani eseguiti da Raffaele La Ragione (mandolino) e Giacomo Ferrari (pianoforte), tratti dalla produzione di sei compositrici vissute nell’Ottocento e nel Novecento.
Apertura con Sérénade espagnole, Rondeau, op. 97 e Capriccio, op. 18 di Cécile Chaminade (1857-1944).
Bambina prodigio, fu consigliata da Bizet a sostenere l’esame di ammissione al Conservatorio di Parigi.
Gli esiti furono positivi, ma il padre si oppose, per cui fu costretta a studiare, quasi di nascosto, con Marsick e Godard.
La sua attività compositiva cominciò ad essere apprezzata dopo la pubblicazione, nel 1881, di alcuni brani, che riscossero notevole successo e, dal 1887, anno della morte del padre, la musica divenne fonte di sostentamento economico, essendo la Chaminade anche un’ottima pianista.
Prima compositrice a ricevere la Legion d’Onore (1913), è unanimemente riconosciuta come una precorritrice della chanson francese, che ebbe l’apice con artisti del calibro di Edith Piaf, Ives Montand, Charles Trenet e George Brassens.
Seconda musicista in programma la britannica Rebecca Clarke (1886-1979), della quale abbiamo ascoltato Lullaby (1909), Chinese puzzle (1921) e Midsummer moon (1924).
Nata ad Harrow in Inghilterra, ebbe un’infanzia infelice, dovuta ad un padre violento e donnaiolo, che era spesso lontano da casa per lavoro.
Poiché era anche un musicista dilettante, impose a tutti i figli lo studio di uno strumento per poter disporre di un quartetto che suonasse per lui.
A Rebecca toccò il violino e a dieci anni prese le prime lezioni, mostrando notevole bravura.
Più tardi, seguendo il consiglio del compositore irlandese Stanford, amico di famiglia, dal violino passò alla viola e fu sicuramente la sua fortuna perché, una volta rotti irreversibilmente nel 1910 i rapporti con il padre, che la cacciò di casa, ottenne la tranquillità economica grazie alla sua attività concertistica, terminata nel 1942 a causa di una fortissima artrite.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale si trovava negli USA, dove rimase fino al 1979, anno della sua morte.
Lì lavorò come istitutrice, si sposò con James Friskin, vecchio compagno del Royal College ritrovato per caso a New York e, in un primo tempo, intraprese una attività divulgativa in varie università.
Seguì un lunghissimo oblio, che si interruppe quando, in occasione dei suoi 90 anni, la stazione radiofonica newyorkese rivolta alla musica classica le dedicò una trasmissione, riportando in auge il nome della Clarke.
Rimanendo negli USA, il recital continuava con Amy Cheney Beach, autrice della Romance op.23.
Nata nel New Hampshire, a due anni aveva già dimestichezza con la scrittura musicale, a quattro compose il primo brano ed a sette si esibì in pubblico come pianista.
A otto anni si trasferì a Boston con la famiglia e lì iniziò a prendere lezioni ufficiali di pianoforte, armonia, contrappunto e composizione.
A sedici anni debuttò con la Boston Symphony Orchestra e per due anni prese parte regolarmente come solista ai concerti della prestigiosa compagine.
La sua vita cambiò a 18 anni, quando sposò l’affermato fisico Henry Harris Aubrey Beach di 25 anni più anziano di lei.
Sotto la spinta del marito si dedicò esclusivamente alla composizione (fu tra l’altro la prima donna a scrivere una sinfonia) e abbandonò la carriera solistica, dando concerti solo a scopo benefico o in occasione della presentazione di nuovi brani.
Alla morte del marito, nel 1910, la Beach intraprese una tournée di tre anni per poi stabilirsi a New York City.
Era quindi la volta delle 3 Romances op. 22 di Clara Wieck Schumann (1819-1896), sicuramente l’unica compositrice nota al grande pubblico, figlia minore di Marianna Tromlitz, proveniente da una famiglia di cantanti lirici, e di Friedrich Wieck, istitutore, didatta e pianista.
Clara mostrò una precoce attitudine artistica e, quando i genitori si separarono, fu affidata al padre, che decise di sfruttarne le doti, iniziando ad impartirle lezioni di pianoforte e di composizione.
Così, a nove anni, fu in grado di scrivere brani musicali, mentre a undici esordì ufficialmente come solista alla Gewandhaus di Lipsia, sua città natale.
Nel 1830 il ventenne Robert Schumann cominciò a studiare pianoforte in casa Wieck, un evento che avrebbe cambiato la vita di Clara.
Infatti nel 1835 i due si fidanzarono segretamente e, nel 1837, Robert chiese ufficialmente la sua mano al padre, ricevendo un violentissimo rifiuto.
Riuscirono comunque a sposarsi nel 1840, a conclusione di una dura battaglia legale, senza il consenso di Wieck, ma con il matrimonio la produzione di Clara subì un forte rallentamento, così come la sua attività di pianista.
All’indomani della morte del marito Robert, riprese con intensità la sua attività di solista, mentre come compositrice si limitò a scrivere pochi pezzi, fra i quali le tre romanze proposte nel concerto, dedicate nel 1853 al celebre violinista e amico Joseph Joachim.
Penultima musicista in programma, Eileen Pakenham (1914-2009), la cui vita avventurosa, trascorsa fra Africa e Inghilterra, meriterebbe un articolo a parte.
Pianista e docente molto apprezzata, a partire dalla fine degli anni ’60 si innamorò del mandolino, dopo averne comprato uno al Luton Music Shop (probabilmente un Umberto Ceccherini fabbricato a Napoli).
Lì fece amicizia con la figlia del proprietario del negozio Irene Bone, mandolinista virtuosa, che la convinse a scrivere nuovi brani per lo strumento, in modo da alimentare una letteratura che da tempo languiva.
Alla fine la Pakenham scrisse 13 brani per mandolino e orchestra, vari pezzi per orchestra da camera e mandolino solista e 21 brani per mandolino e pianoforte, fra i quali Birds over Grey Water e Dance of the wooden leg, eseguiti al concerto.
Chiusura con Nocturne, Cortège e D’un matin de Printemps, della parigina Juliette-Marie Olga (soprannominata Lili) Boulanger (1893-1918).
Sorella della leggendaria Nadia, che ha formato generazioni di compositori del Novecento non solo francesi, Lili soffrì, fin dalla tenera età, di una infiammazione del tratto gastro-intestinale, nota come sindrome di Crohn, che sarebbe stata la triste compagna di tutta la sua breve esistenza.
Nonostante le limitazioni dovute alla malattia, Lili ebbe una notevole vita sociale ed il suo fortissimo senso religioso le permise di lenire le sofferenze alle quali era frequentemente sottoposta.
Ebbe una carriera artistica strepitosa, se si pensa che a sei anni prendeva lezioni di organo da Vierne mentre, con l’aiuto della madre, studiava violino, violoncello, pianoforte ed arpa.
Ma il suo sogno era di aggiudicarsi il Prix de Rome, il concorso per compositori più prestigioso e difficile dell’epoca, che anni addietro era stato vinto dal padre.
Perciò iniziò a studiare armonia con Caussade, insegnante al Conservatorio di Parigi, contrappunto e composizione e apprese tutto in maniera estremamente veloce al punto che, nel 1912, al secondo tentativo, stravinse il concorso.
Il suo trionfo ebbe vasta eco sulla stampa in quanto, in una società ancora fortemente maschilista, fece quasi scalpore la vittoria di una ragazza poco più che diciannovenne.
A partire da quel momento, Lili conobbe un grande successo e scrisse altri lavori significativi come i Salmi n. 24, n. 129 e n. 130 e il Pie Jesu, terminato nel 1918, qualche giorno prima di morire, ed eseguito al suo funerale in un’atmosfera di costernazione generale.
Ci siamo dilungati, forse troppo, ma il programma meritava un articolo un po’ più approfondito, in quanto rivolto ad una serie di assolute protagoniste della storia della musica.
Per tale motivo un enorme plauso va al mandolinista Raffaele La Ragione, la cui costante presenza ai “Concerti di Autunno” è sempre stata accompagnata da recital di particolare valenza, come ha tenuto a sottolineare il direttore artistico Luciana Renzetti nella breve presentazione iniziale.
Ottimamente accompagnato al pianoforte da Giacomo Ferrari, ha concepito stavolta una serata durante la quale è stato possibile apprezzare una serie di figure femminili, in gran parte ignote anche agli addetti ai lavori, abbinandole ad un repertorio di rarissimo ascolto.
Pubblico numeroso ed entusiasta (fra i quali vi erano anche due Calace, eredi della leggendaria famiglia di liutai, attiva nel mondo del mandolino dal 1825), che hanno chiesto ed ottenuto un bis, la Serenatella di Giovanni Calveri, presente in un cd della Brilliant Classics, pubblicato dal duo nel 2015.
In conclusione i “Concerti di Autunno” si confermano come una delle poche stagioni in grado di andare incontro al gusto degli spettatori, senza cadere mai nel banale e nella consuetudine, grazie alla proposizione di musica interessante e di alta qualità.

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