Sonate napoletane per flauto del XVIII secolo

Dopo il cd “Si suona a Napoli!”, che ha riscosso ampio successo di pubblico e critica, la Dynamic prosegue il suo approfondimento relativo ad autori poco noti o completamente sconosciuti della scuola napoletana del Settecento.
Questa volta al centro dell’incisione, costituita da brani tutti in “prima registrazione mondiale”, vi sono alcune sonate per traversiere (flauto traverso) e basso continuo, legate a una produzione fino ad oggi scarsamente considerata, a dispetto della visibilità raggiunta in quel periodo negli ambienti partenopei.
Frutto anche dei mutamenti sociali, che sul finire del Settecento sfociarono nell’emergenza di una nuova classe benestante, il flauto conobbe una enorme diffusione.
Ciò favorì la nascita e lo sviluppo di un repertorio specifico e di ditte costruttrici che, con il passare degli anni, diedero vita a strumenti sempre più affidabili e sofisticati, grazie alla passione di figure quali Cristofaro Custode, Andrea Venbacher e Giovanni Panormo.
Dopo queste premesse, indispensabili per comprendere il momento storico focalizzato, passiamo alla descrizione del disco, che ha come principale interprete la flautista Renata Cataldi, responsabile dell’intero lavoro a monte dell’incisione (dal recupero delle composizioni alla loro trascrizione), accompagnata dal duo Partenope Stravagante, formato dal violoncellista Leonardo Massa e dalla clavicembalista Debora Capitanio.
L’apertura è dedicata alla Sonata in do maggiore n. 1 e alla Sonata in mi minore n. 2, entrambe tratte dall’op. 1 di Antonio Stulichi, la cui biografia è quanto mai scarna.
Vissuto nel XVIII secolo, si suppone sia stato un violinista e “napolitano”, come recita l’intestazione che si trova sul frontespizio dell’op.1, raccolta pubblicata dall’editore parigino Boivin intorno al 1740.
Meno nebulose le notizie riguardanti Nicola Calandro (1715 – 1759/60), noto anche come “Frascia”, forse perché nato a Frasso Telesino, in provincia di Benevento.
Calandro affrontò vari generi, compreso quello cameristico, al quale appartiene la Sonata seconda in sol maggiore e la sua presenza è testimoniata da numerosi documenti disseminati in Italia e nel resto d’Europa.
Il napoletano Francesco Ricupero (Prima metà del XVIII secolo – 1806 ca.) fu invece solista della Reale Cappella e dell’Orchestra del Teatro di San Carlo.
Alla sua vasta produzione, volta in particolare alla musica sacra, appartengono la Sonata VI in do maggiore e la Sonata XVI in sol maggiore.
Ultimi due autori in programma, Gennaro Rava (? – 1779) e Antonio Caputi (1720/30 – dopo 1800) presenti rispettivamente con la Sonata in si minore e la Sonata in re maggiore.
Il primo fu un virtuoso e docente di oboe che svolse la sua attività in alcune delle maggiori compagini e istituzioni scolastiche di Napoli, mentre il secondo era un nobile, autore di lavori sacri e profani ritrovati in varie parti d’Europa, molti dei quali rivolti al flauto, per cui si presume abbia portato avanti una duplice carriera in qualità di compositore ed esecutore “dilettante”, nella accezione più positiva del termine.
Nel complesso, ascoltando le diverse composizioni, si rimane fortemente impressionati dal fatto che, pur non raggiungendo apici assoluti, i pezzi siano di notevole qualità e mai banali, rappresentativi di una scuola di ottimo livello e al passo con i tempi, in quanto doveva necessariamente assecondare il cambiamento di gusti e tendenze che caratterizzarono la seconda parte del Settecento.
Va inoltre aggiunto che, alle spalle di questo disco, vi è un lungo e faticoso lavoro di ricerca e approfondimento, da parte della flautista Renata Cataldi, sfociato anche in pubblicazioni specializzate e volto a trarre dall’oblio una serie di musicisti del XVIII secolo di area napoletana.
Riguardo agli esecutori, se la Cataldi si conferma interprete di assoluto valore internazionale, non sono da meno i due musicisti che l’accompagnano, Leonardo Massa al violoncello e Debora Capitanio al clavicembalo, anche loro grandi specialisti del repertorio barocco, che mostrano un perfetto affiatamento con la solista.
Ricordiamo, infine, che la registrazione è avvenuta nella chiesa napoletana di Santa Caterina, sede del Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini, che ha messo a disposizione il clavicembalo a due tastiere di costruzione fiamminga, utilizzato per i brani di Stulichi e Rava, mentre gli altri pezzi sono stati suonati con un clavicembalo Ciocca del 1997, costruito su un modello italiano del XVIII secolo.
Concludendo, siamo di fronte ad un cd che evidenzia come la storia del Settecento musicale napoletano sia piuttosto lontana da una completa conoscenza, al punto da necessitare ancora oggi di studi e approfondimenti continui, che sono quasi sempre fonte di piacevoli sorprese.

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