Lo ScarlattiLab è nato nel 2011 con lo scopo di proporre brani di autori del XVI e del XVII secolo, affidandoli a giovani interpreti.
Portato avanti dall’Associazione Alessandro Scarlatti in collaborazione con il Dipartimento e Master di Musica Antica del Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli, il progetto si avvale della direzione di Antonio Florio e Dinko Fabris, che hanno voluto, fin dall’inizio, privilegiare il vastissimo repertorio legato alla produzione napoletana.
Quest’anno, per vari motivi, si è pensato di spostare l’attenzione sul barocco romano, con due appuntamenti, intitolati rispettivamente “Luigi Rossi, musico di tre corti: Napoli, Roma, Parigi”, e “Il mito di Roma. Cantate per i cardinali al tempo di Bernardo Pasquini”
Il primo, tenutosi nella chiesa dei SS. Marcellino e Festo a chiusura del ciclo “La Stagione del Barocco”, era rivolto alla figura di Luigi Rossi (1597/1598–1653), nato a Torremaggiore (FG) che studiò a Napoli con il franco-fiammingo Jean de Macque, all’epoca maestro della Cappella Reale.
Nel 1620 lasciò la città partenopea alla volta di Roma, iniziando una prestigiosa carriera, come solista e compositore, che raggiunse l’apice quando era al servizio dei cardinali Francesco e Antonio Barberini, nipoti del papa Urbano VII.
Quando i Barberini, alla morte dello zio, si rifugiarono per motivi politici in Francia, presso il cardinale Mazzarino, Rossi li seguì e l’influentissimo prelato gli commissionò l’opera “Orfeo”.
Il lavoro, troppo italiano, a cominciare dal testo, per essere gradito al pubblico locale, non ebbe successo, ma influenzò comunque gli autori francesi, che tennero sempre in grande considerazione il collega, ribattezzato “Monsieur Luiggi”.
Dopo la parentesi transalpina Rossi ritornò a Roma dove si spense nel 1653, lasciando, solo per quanto riguarda la produzione vocale, oltre 300 brani, rappresentativi di tutti i generi in auge all’epoca, compresa la cantata da camera, alla quale fornì un contributo determinante.
Ritornando al concerto a lui dedicato, per l’occasione sono stati proposti numerosi brani, soprattutto a due voci, in buona parte custoditi nella Biblioteca del conservatorio “San Pietro a Majella”, ed un pezzo clavicembalistico del coevo genovese Michelangelo Rossi, anch’egli attivo a Roma.
Per quasi tutti, identificare il periodo di composizione risulta estremamente difficile, in quanto uno dei problemi legati al repertorio di Rossi è quello dell’esistenza di numerose copie delle sue cantate, talora pubblicate a diversi anni di distanza fra loro e, soprattutto, in date spesso lontane da quella relative alla creazione originale, andata irrimediabilmente perduta.
In complesso eravamo di fronte ad una musica piacevole, briosa e ben strutturata, che forniva un’idea esauriente dello stile e dell’abilità del compositore pugliese.
Per quanto riguarda Bernardo Pasquini (1637–1710), sul quale era incentrato l’appuntamento conclusivo del ciclo “Miti di Musica”, tenutosi nella Sala del Toro Farnese del Museo Archeologico Nazionale, era nato in provincia di Pistoia, ma si formò alla corte di Ferrara.
Spostatosi a Roma intorno al 1755, raggiunse ben presto grandissima fama come solista e docente e la sua produzione clavicembalistica, ancora oggi molto nota, ha finito per oscurare, dopo la sua morte, quella vocale, che comprende numerose cantate, sacre e profane, praticamente sconosciute anche agli addetti ai lavori.
Una produzione data alle stampe nel 2012, grazie all’immenso lavoro portato avanti dalla clavicembalista, organista e musicologa Alexandra Nigito, che ha raccolto l’intero corpus in un solo e voluminosissimo libro.
Da questo repertorio sono state scelte le cantate per voce e basso continuo di argomento amoroso Su l’arene del Nilo, Su le sponde tirrene e Agrippina, amici io moro, la cantata a due voci e basso continuo Lidia e Clori (Non trovo ristoro), l’aria per soprano con violini Fuggi pur t’adorerò, dalla cantata “Sovra un’accesa pira” ed infine la cantata sacra per soprano, 3 violini e basso continuo S’apriro i cieli.
Anche in questo caso, come nel concerto precedente, è stato inserito un pezzo esclusivamente strumentale di un altro autore, ovvero la Sonata op. 1 n. 10 per 2 violini e basso continuo del romagnolo Arcangelo Corelli (1656-1716), celebre violinista e compositore, che con Pasquini condivise l’appartenenza all’Accademia romana dell’Arcadia.
Il tutto ben evidenziava lo straordinario valore delle cantate di Pasquini, oggi di dominio pubblico, che meritano una più ampia divulgazione.
Veniamo ora ai bravissimi protagonisti, iniziando dall’organico vocale, che comprendeva i soprani Federica Altomare, Ester Facchini e Giuseppina Perna, ed il tenore Leopoldo Punziano, ai quali, nel secondo appuntamento, si sono aggiunti il soprano Olga Cafiero ed il basso Roberto Gaudino.
Eravamo quindi di fronte ad un gruppo formato da artisti di maggiore esperienza e da giovani promesse che, facendo tesoro dei consigli del maestro Florio, hanno tutti fornito una prova di elevato livello.
Relativamente alla parte strumentale, essa si avvaleva, nel primo concerto, di un trio molto affiatato costituito da Luigi Trivisano al cembalo (anche brillante solista nella Toccata di Michelangelo Rossi), e dai tiorbisti Ugo Di Giovanni e Pierluigi Ciapparelli, mentre l’appuntamento dedicato a Pasquini era affidato a Angelo Trancone (ottimo direttore al cembalo), Ugo di Giovanni (tiorba), Chiara Mallozzi (violoncello), Marco Piantoni, Giuseppe Guida e Giuseppe Grieco (violini) e Guido Mandaglio (fagotto), che hanno evidenziato una notevole compattezza, supportando al meglio tutti i cantanti.
In conclusione due concerti che hanno risposto pienamente agli scopi ed allo spirito che contraddistinguono lo ScarlattiLab fin dalla sua nascita.