Nel 1930 la Comédie-Française tenne a battesimo “La voix humaine”, monologo del noto commediografo Jean Cocteau, basato su una lunga telefonata, interrotta più volte a causa del cattivo funzionamento della linea, che la protagonista fa all’amante che ha deciso di troncare il loro rapporto sentimentale.
Sulla scena si sentono solo le parole di lei, che spesso mente, altre volte è sincera, ma riesce fin dai primi momenti ad attirare su di sé le simpatie ed il compatimento del pubblico.
Il compositore Francis Poulenc, grande amico di Cocteau, decise nel 1957 di mettere in musica la pièce teatrale, e dovette poi attendere il 1959 per la “prima”, avvenuta all’Opéra-Comique di Parigi, con il soprano Denise Duval (cantante preferita dal compositore francese a Maria Callas), nel ruolo che nel 1930 era stato affidato all’attrice Berthe Bovy.
In entrambi i casi il successo fu enorme e “La voix humaine”, che prevedeva un susseguirsi ininterrotto del testo, variamente cantato, a volte senza accompagnamento strumentale, e un organico per voce ed orchestra (ristretto se necessario alla voce accompagnata dal solo pianoforte), divenne ben presto un classico della seconda metà del Novecento musicale.
Per una migliore comprensione, citiamo le indicazioni di Poulenc, che al proposito scrisse: La parte – unica – della “Voix humaine” deve essere interpretata da una donna giovane ed elegante. Non si tratta di una donna matura abbandonata dall’amante. Spetta all’interprete stabilire le lunghezze effettive delle pause, assai importanti in questa partitura. Il direttore d’orchestra dovrà prendere le sue decisioni in merito, anticipatamente, assieme alla cantante. – Tutti i passaggi senza accompagnamento sono in un tempo assai libero, in funzione della messa in scena. Bisogna passare repentinamente dall’angoscia alla calma e viceversa.
“La voix humaine” è stata recentemente proposta al Teatro Diana, nell’ambito della sezione Musica del Napoli Teatro Festival Italia, nell’incisivo e sapiente allestimento concepito da Riccardo Canessa, che ha voluto dare al monodramma un taglio ancora più tragico, mettendo in secondo piano il telefono (che ha solitamente un ruolo ben definito nell’economia complessiva) e concentrando tutto sulla protagonista.
Quest’ultima è entrata in scena avviluppata da un vestito lungo, che le bendava anche gli occhi e completamente spiegazzato, indicativo della sua condizione.
Ma, con il procedere della rappresentazione, la donna si liberava progressivamente di quella sorta di bozzolo ingombrante e, alla fine, cambiava totalmente di abito, pronta ad affrontare di nuovo la vita o, forse, a lasciarla definitivamente.
A dare vita al personaggio femminile è stata Leona Pelešková, noto soprano ceco, che si è immedesimata mirabilmente nella parte a lei affidata, abbinando le qualità vocali, che già in altre occasioni avevamo avuto modo di apprezzare, con una notevolissima abilità recitativa.
Molto brava anche Monica Leone, alla quale era affidata la parte pianistica, che ha contribuito a dettare i ritmi della vicenda, evidenziando un perfetto affiatamento con la Pelešková.
Una nota di merito va, inoltre, a Concetta Nappi, che ha creato il vestito di grande originalità indossato dalla protagonista
Infine ricordiamo Tiziana Sorrentino, Rosario Martucci, Nathalie Camps, Fabio Ambrosino, Maurizio Iaccarino, Franco Basile e Francesco Squeglia, che hanno contribuito, ognuno nell’ambito della loro professionalità, sotto la fondamentale supervisione di Riccardo Canessa, all’ottima riuscita di uno spettacolo intensissimo, rivolto ad uno dei capolavori del Novecento musicale, nell’ambito di un particolare genere collocato fra canto e recitazione.
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