Continua, giovedì 7 giugno, alle ore 20.00, la V edizione del Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia.
Un evento, nato dalla sinergia del Conservatorio Statale di Musica “G. Martucci” di Salerno, promotore di un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani, con la Bottega San Lazzaro di Chiara Natella che nella Chiesa di Sant’ Apollonia offre di ospitare la rassegna.
Dopo le eccellenze della scuola di canto, impegnate in una serata tutta francese, i riflettori verranno accesi sul trio con clarinetto.
La serata, avrà quale protagonista il clarinettista Francesco Pio Ferrentino, il quale principierà il programma con le note del “Kegelstatt” Trio di Wolfgang Amadeus Mozart, musica destinata ad un circolo “familiare”, dal lessico giovane, melodico e innovativo, come gli strumentisti chiamati ad interpretarlo.
Il Trio per clarinetto, viola, che sarà suonata da Francesca Senatore, e pianoforte, cui siederà Alessandro Amendola, è un complesso insolito per la storia della musica colta occidentale, in quanto è più facile trovare composizioni per altri tipi di formazioni.
Sembra che l’ispirazione del “Trio per pianoforte, clarinetto e viola, in Mi bemolle maggiore, K 498 (Kegelstatt-Trio)” (1786) venne a Mozart durante una partita di birilli.
Un pubblico, dall’udito particolarmente attento, potrebbe percepire nella figura di semibiscrome nella prima battuta il rumore dei birilli che cadono.
Particolare rilievo assume il gruppetto anche nel corso del breve sviluppo contribuendo alla definizione di una Stimmung caratterizzata da una cantabilità potenziata dalle morbide tinte dello strumento a fiato e della viola.
Francesco Pio Ferrentino, dividerà la ribalta con il fagottista Francesco Quaranta e la pianista Giovanna Basile, per l’esecuzione del Trio n. 4, op.11 in si bemolle maggiore di Ludwig van Beethoven, datato 1798, pagina serena e scorrevole, articolata nei canonici tre movimenti che pongono in luce la perfezione delle forme esteriori e la piacevole naturalezza melodica.
Nell’Allegro con brio che apre la composizione il primo e il secondo tema dell’esposizione riflettono il contrasto abituale della musica dell’epoca tra un esordio marziale e affermativo e una risposta dal carattere più cantabile.
Lo sviluppo, piuttosto breve, concede ampio spazio al pianoforte che utilizza ripetutamente gli accordi spezzati fino alla ripresa, che si presenta perfettamente simmetrica all’esposizione.
Nell’Adagio l’esordio è affidato al violoncello nel registro acuto.
Qui il compositore anticipa certi stati d’animo della musica schumanniana, specie nel trattamento del pianoforte utilizzato in tutta la sua estensione, dinamica e di registro.
L’Allegretto finale è formato da una serie di variazioni il cui tema (preso da una famosa opera comica del tempo, L’Amor marinaro di Joseph Weigl, 1797) ispirò anche autori come Hummel e Paganini.
La prima e la seconda delle nove variazioni presentano gli strumenti separatamente (prima il pianoforte e poi violoncello e violino), quasi che Beethoven volesse far ascoltare le qualità dell’organico prima di immergersi nuovamente nell’equilibrato gioco a tre.
Chiusura affidata ai 5 pezzi di Dmitrij Shostakovich nella trascrizione per violino, clarinetto (che sostituisce il secondo violino) e pianoforte, con Preludio, Gavotta, Elegia, Valzer, Polka che costituiscono brevissimi brani, gradevoli ma di poco impegno e spessore, quasi un divertimento
Sabato 9 giugno ci si dedicherà al duo, iniziando col violino e pianoforte impegnati nella Settima Sonata op.30 n. 2 in Do minore di Ludwig van Beethoven, le cui innovazioni più sintomatiche sono individuabili nei suoi movimenti esterni, cioè nell’iniziale Allegro con brio e nel conclusivo Finale-Allegro. In scena quindi, il sassofono, con la Petite Suite Latine di Jerome Naulais, che si esprime in quella lingua e in quel ritmo, così magicamente amalgamati, in un complesso esercizio di traduzione, composizione e interpretazione, dominato da puzzle formati da coordinate di reperti che, incrostano la pagina, per poi continuare con le tradizioni sudamericane e proporre il Tango Studio n. 3 di Astor Piazzolla. Finale con la Suite Hellénique di Pedro Iturralde in cui il duo dovrà distillare timbri popolari e classici, dando corpo al sincretismo dell’autore con infinita energia, in una incalzante antitesi di ritmi e armonie.
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