L’inizio del repertorio rivolto al duo per strumenti ad arco si fa risalire al 1688, quando Giuseppe Torelli pubblicò i Dodici concertini da camera per violino e violoncello, op. 4.
Il genere ebbe grande diffusione nel Settecento e, in tale ambito, molte furono le composizioni concepite per due violini, organico che permetteva a maestro ed allievo di suonare insieme, ma anche utile, data la maneggevolezza degli strumenti, per fare musica in famiglia o per ospitare nei salotti concerti di esecutori virtuosi.
Una panoramica legata al suddetto repertorio è stata al centro del settimo appuntamento del Festival Barocco Napoletano che, nella Sala del Toro Farnese del Museo Archeologico Nazionale, ha ospitato i violinisti Enrico Parizzi e Giuseppe Guida.
In apertura abbiamo ascoltato il Duetto III, dal Second livre de duo Pour deux Violons, di Georg Philipp Telemann (1681-1767), pubblicato nel 1752 a Parigi.
Nato a Magdeburgo nel 1681, in una famiglia colta e agiata, Telemann, dopo aver studiato nel collegio della città natale, si trasferì a Lipsia per frequentare la facoltà di Legge e obbedire così al volere della famiglia.
In realtà, il suo scopo principale era quello di entrare in contatto con il mondo artistico della città, e poter finalmente mostrare il suo enorme talento musicale, manifestatosi fin dalla tenera età, e avversato dai genitori, che desideravano avere un figlio avvocato.
La carriera di Telemann iniziò proprio a Lipsia, in ambito universitario, proseguì a Żary, Eisenach e Francoforte, raggiungendo l’apice nel 1721, quando divenne direttore musicale di Amburgo, incarico ricoperto per più di 40 anni, durante i quali scrisse almeno 3000 brani, più della metà purtroppo perduti, eccellendo sia in ambito sacro che profano.
La successiva Sonata V apparteneva alla raccolta di Jean-Marie Leclair (1697-1764) intitolata Sonates à deux violons sans basse… Troisième oeuvre, datato 1730.
Nato a Lione, l’autore francese fu probabilmente il primo a scrivere per due violini ed ebbe una vita abbastanza movimentata, iniziata a Torino, dove si recò per studiare musica e danza (ballerina fu anche la sua prima moglie), per poi spostarsi a Parigi.
Lì portò avanti una prestigiosa carriera come compositore e solista, fino a giungere all’incarico di “ordinario della musica reale” durante il regno di Luigi XV.
Buona parte delle opere pubblicate ebbero come editore la seconda moglie Louise Roussel, sposata nel 1730 e abbandonata nel 1758, per andare a vivere in compagnia del suo violino, in un piccolo appartamento nei dintorni di Parigi, dove nel 1764 venne ucciso con una coltellata alle spalle.
Il corpo esanime fu rinvenuto diversi giorni dopo l’accaduto e l’assassinio, sebbene vi fossero diversi indiziati, rimase impunito.
Piuttosto scarna risulta invece la biografia di Prospero Cauciello (1730-1794), del quale è stato proposto Duet I, dalla raccolta Six Duets for two Violins, pubblicata a Londra nel 1780.
Nato a Napoli, prima di lasciare la città partenopea in cerca di maggiori fortune, suonò nella Cappella Reale e nell’Orchestra del Teatro di San Carlo.
I suoi brani vennero stampati, oltre che a Londra, città nella quale probabilmente trascorse la parte finale della sua vita, a Lione e Parigi.
Sempre in ambito londinese si mosse Johann Christian Bach (1735-1782), ultimo figlio maschio di Johann Sebastian Bach e Anna Magdalena Wilcke, autore del Duetto II, dai Six duos pour deux violons : oeuvre 13, raccolta edita a Parigi intorno al 1775.
Quando morì il padre, Johann Christian aveva appena 15 anni, per cui la sua educazione musicale venne completata dal fratello maggiore Carl Philipp Emanuel, all’epoca residente ad Amburgo.
Non a caso i due sono entrambi considerati esponenti di spicco della cosiddetta “musica galante”, caratterizzata da una certa dose di semplicità, figlia di un periodo che segnò il declino definitivo del barocco e dei suoi eccessivi fasti.
Prima di recarsi a Londra, conoscendo almeno inizialmente un discreto successo, anche se poi morì in miseria, Johann Christian Bach fu attivo in Italia, ricoprendo, fra gli altri, l’incarico di organista titolare del Duomo di Milano e risultò tra gli autori che influenzarono maggiormente il giovanissimo Mozart.
Il concerto si chiudeva con il IV Duetto, da Six duets for two violins…, [op. III], di Emanuele Barbella (1718-1777), raccolta stampata a Londra nel 1765.
Autore napoletano, studiò violino con il padre Francesco, docente al Conservatorio di Santa Maria di Loreto, Zago e Bini, e composizione con Caballone e Leo.
Come strumentista, ricoprì il ruolo di primo violino dell’orchestra del Teatro Nuovo di Napoli (1753), entrò quindi nell’organico della Cappella Reale (1756) ed infine, dal 1761, lo ritroviamo fra i componenti dell’Orchestra del Teatro di S. Carlo.
Parallelamente cresceva la sua fama di compositore e, nel periodo compreso fra 1762 e 1774, vennero pubblicate dieci raccolte di sue sonate (a due o a tre strumenti) a Londra e Parigi, all’epoca i centri più importanti dell’editoria specializzata.
Va infine ricordato che, quando il musicologo britannico Charles Burney venne a Napoli, si incontrò in più di una occasione con Barbella (che aveva una relazione molto stretta con la locale comunità inglese), per cui lo citò frequentemente nel capitolo del suo “Viaggio musicale in Italia” (1770) riguardante la situazione artistica partenopea.
Nel complesso un programma molto impegnativo, di notevole valore storico-musicale, che Enrico Parizzi e Giuseppe Guida hanno eseguito con grande bravura, denotando la sintonia tipica che si stabilisce quando si incontrano due grandi interpreti, evidenziata visivamente dal piacere di fare musica insieme.
Caratteristiche, queste, apprezzate anche dal numeroso pubblico, per la maggior parte attento e partecipe, che ha mostrato vivo interesse e discreta meraviglia per autori raramente ascoltati.
Ricordiamo ancora, fra il primo ed il secondo brano, il breve intervento di saluto del direttore del Museo Archeologico Nazionale Paolo Giulierini, che ha ringraziato i presenti e anticipato alcune novità, anche legate all’attività musicale, riguardanti la prossima apertura di nuovi spazi.
In conclusione un concerto che ha confrontato musicisti del Settecento europeo, noti e meno conosciuti, dal quale si è potuto evincere l’alto livello dei due compositori napoletani proposti, a sottolineare la bontà di una scuola che, all’epoca, poteva vantare dei rappresentanti di elevatissimo valore.
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