Nella prestigiosa Sala del Toro Farnese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli ha avuto inizio la seconda edizione del Festival Barocco Napoletano, rassegna curata da Massimiliano Cerrito (Presidente Associazione Festival Barocco Napoletano), che si avvale della direzione artistica del maestro Giovanni Borrelli.
Proprio quest’ultimo, alla testa dell’Ensemble barocco “Accademia Reale”, è stato protagonista, insieme al soprano Angela Luglio, dell’appuntamento inaugurale, rivolto ad autori attivi nel Settecento.
Apertura dedicata alla Sinfonia in re maggiore per due violini e basso di Michelangelo Jerace (1700 c.a. – 1780 c.a.), compositore del quale si sa molto poco.
Nato probabilmente a Polistena, in provincia di Reggio Calabria, fu attivo nella città natale come maestro di cappella presso il principe Giovanni Domenico Milano.
Morto il nobile, raggiunse forse Parigi, al seguito di suo figlio Giacomo Francesco Milano, anch’egli musicista, nominato ambasciatore del re di Napoli alla corte di Luigi XV.
Jerace conobbe una discreta notorietà nell’ultima parte della sua vita, quando soggiornò a Londra, dove nel 1780 venne pubblicata (postuma?) dall’editore John Welcker la raccolta Twelve favorite trios for two violins and a violoncello with a thoro’ bass for the harpsichord, titolo accompagnato sul frontespizio dall’aggettivo celebrated che precedeva il nome dell’autore, a riprova della fama conseguita.
Di Jerace, oltre alla già citata Sinfonia in re maggiore, durante il concerto è stata eseguita la Sinfonia in mi minore per due violini e basso, anch’essa facente parte della raccolta londinese.
Secondo autore della serata Nicola Porpora (1686-1767), allievo di Gaetano Greco al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, che portò avanti una carriera prestigiosa sia come docente (ebbe Farinelli fra i suoi allievi) sia come compositore, in Italia (Napoli Roma e Venezia) e all’estero (Dresda, Londra e Vienna).
Dalla sua produzione era tratta l’aria di Arminio “Parto, ti lascio, o cara”, appartenente all’opera “Germanico in Germania”, su libretto di Nicola Coluzzi, che esordì nel 1732 al Teatro Capranica di Roma con un cast esclusivamente maschile, dove spiccavano, rispettivamente nei ruoli di Germanico ed Arminio, i castrati Domenico Annibali detto Domenichino e Gaetano Majorano, meglio conosciuto come Caffarelli.
Era poi la volta della Sinfonia e dell’aria di Ascanio “Ogni pena cchiù spietata”, da “Lo frate ’nnamorato”, commedia per musica di Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736), su libretto di Gennaro Antonio Federico, messa in scena a Napoli nel 1732 al Teatro dei Fiorentini.
Pergolesi, che studiò al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, ebbe Francesco Durante, Gaetano Greco e Leonardo Vinci fra i suoi docenti e la sua breve carriera può essere racchiusa in un ristretto periodo (1731-1736) durante il quale scrisse alcuni capolavori ancora oggi molto conosciuti come “La serva padrona” (intermezzo dell’opera “Il cavalier superbo”) e lo Stabat Mater.
La fama di Pergolesi, che dura praticamente inalterata da tre secoli, venne alimentata in un primo momento anche dalla diffusione di notizie, difficili da verificare, relative alla vita ed alle opere del musicista, partorita spesso dalla fantasia di improvvisati biografi, come l’episodio del completamento dello Stabat Mater in punto di morte.
Seguendo questa scia, ancora all’inizio del secolo scorso circolavano a suo nome un numero imprecisato di lavori, la cui effettiva paternità è stata stabilita solo grazie ad approfonditi studi avviati nel secondo dopoguerra.
Chiusura con Leonardo Vinci (1690-1730), tra gli autori più noti e richiesti della prima metà del Settecento, anch’egli allievo di Gaetano Greco al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo.
A lui si deve la scoppiettante “Vo solcando un mar crudele”, aria di Arbace, dal dramma per musica in tre atti “Artaserse”, su libretto di Pietro Metastasio, rappresentato per la prima volta nel 1730 al Teatro delle Dame di Roma, con protagonisti principali Raffaele Signorini (Artaserse) e Giovanni Carestini detto il “Cusanino” (Arbace).
Uno sguardo ora agli interpreti, partendo da Angela Luglio, soprano di estrema versatilità, che ha fornito un’entusiasmante esibizione, culminata nella straordinaria proposizione dell’aria di Vinci dove, più che in quelle di Porpora e Pergolesi, le difficoltà insite nella partitura erano anche legate alla destinazione del brano, concepito per le particolarissime voci dei castrati.
Buona anche la prova dell’Ensemble barocco “Accademia Reale”, formato da Giovanni Borrelli (violino barocco di concerto), Isabella Parmiciano (violino barocco), Carmine Matino (viola barocca), Francesco Scalzo (violoncello barocco), Valerio Celentano (tiorba), Tina Soldi (spinetta), che ha evidenziato il valore dei singoli componenti, il loro affiatamento e un’ottima intesa con il soprano.
In conclusione un inizio di alto livello, per una rassegna giovanissima, nata con lo scopo di celebrare i tanti autori, conosciuti e poco noti, che contribuirono all’affermazione della Scuola Napoletana nelle varie corti italiane ed europee.
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