Costantino Catena è il primo pianista campano del settore classico (e forse ancora l’unico) a essere stato nominato “Yamaha Artist”.
Basterebbe questo titolo prestigioso, in tempi nei quali c’è chi ostenta riconoscimenti ottenuti da oscure e misconosciute istituzioni, per avere la misura del suo valore.
Eppure, solo ora è stato inserito per la prima volta nel cartellone dell’Associazione Alessandro Scarlatti (e di questo siamo profondamente grati al direttore artistico Tommaso Rossi), mentre le sue pregevolissime presenze napoletane si erano finora limitate ad alcune rassegne “minori”, dove tale termine spesso va riferito non tanto al valore complessivo, quanto alla scarsa capacità delle stesse di ottenere visibilità.
Dopo questo indispensabile preambolo, passiamo alla descrizione della serata, svoltasi al Teatro Sannazaro, che ha visto il musicista salernitano confrontarsi, nella prima parte, con le Davidsbündlertänze, op. 6 di Robert Schumann (1810-1856), completate nel 1837.
Si tratta di diciotto pezzi che, come per Papillons e Carnaval, scritti in precedenza, vennero affidati, più o meno alternativamente, ai due lati opposti della personalità del musicista, il sognatore Eusebio e l’uomo d’azione Florestano (e talora anche ad entrambi), con tanto di lettera identificativa apposta sullo spartito, a capo di ogni brano.
In questo caso, però, non abbiamo il mondo di amici e amiche, veri o di fantasia, ma al centro di tutto vi sono quelli che Schumann aveva soprannominato “Davidsbündler”, ovvero i “Compagni di David”, colleghi musicisti che lottavano, riuniti in una lega immaginaria, contro i “Filistei della musica”, categoria in cui erano raggruppati musicologi, compositori e chiunque altro, in ambito artistico, risultasse ancorato alle banalità del passato, osteggiando il vento di novità che cominciava a soffiare.
Si trattava anche di una sorta di rivalsa nei confronti di chi, nel 1831, lo aveva cacciato dall’ “Allgemeine Musikalische Zeitung”, all’indomani della pubblicazione di un suo articolo celebrativo del genio di Chopin.
Un episodio piuttosto increscioso, che però lo aveva spronato a proseguire in proprio l’attività di critico, fondando la “Neue Zeitschrift für Musik” (Nuova rivista musicale), giornale diretto per dieci anni, dove ebbe la possibilità di ribadire e diffondere le nuove idee, tramite articoli, a firma di vari pseudonimi, dietro i quali si celavano lui e alcuni dei “Compagni di David”.
Dopo un breve intervallo, il concerto proseguiva con due composizioni lisztiane, Gondoliera, Canzone e Tarantella, dal supplemento al II anno delle Années de pèlerinage, rivolto a Venezia e Napoli, e la Tarantella di bravura su “La Muta di Portici” di Auber, opera in cinque atti legata alla rivolta di Masaniello, posta a chiusura del programma.
Per la prima, l’autore si avvalse di un motivo legato alla tradizione della città lagunare (La biondina in gondoleta) e di alcuni temi della canzone classica partenopea, raccolti da Guillaume Cottrau, mentre la seconda venne concepita, come si usava all’epoca, per eventi salottieri, atti a far riascoltare i motivi più in voga del momento, fornendo nel contempo ai grandi solisti l’opportunità di mettere in mostra le loro doti virtuosistiche.
Uno sguardo ora all’esecutore, che ha evidenziato un pianismo di altri tempi, ovvero non circoscritto alla sola tecnica virtuosistica, indubbiamente indispensabile per affrontare soprattutto Liszt, ma caratterizzato anche dalla ricerca delle minime sfumature e di quei particolari ricchi di sottintesi, peculiari nella musica pianistica di Schumann, che costringe inoltre a continui e repentini cambi di atmosfera, legati alle due opposte personalità (Eusebio e Florestano) nelle quali il musicista tedesco si riconosceva.
Personalmente, essendo frequentatori piuttosto assidui anche di stagioni meno prestigiose, il recital di Costantino Catena ha rappresentato l’ennesima conferma della sua bravura, abbinata ad un modo di porsi piuttosto modesto e riservato, vincente nei confronti di chi, come noi, non ama gli atteggiamenti da star, ma purtroppo molto penalizzante nel momento in cui ci si confronta con la media degli appassionati.
Non è quindi un caso se, per gran parte degli spettatori (e duole ammetterlo, anche dei critici) Costantino Catena rappresentasse una novità assoluta.
Si deve comunque dare atto al pubblico, giunto molto numeroso, di aver riconosciuto l’assoluto valore dell’artista, tributandogli applausi calorosissimi e chiedendo inoltre un bis a gran voce.
Nonostante una buona dose di stanchezza, al termine di un concerto quanto mai impegnativo, Catena ha offerto ben due bis, la Canzone Napolitana S248 – Notturno di Liszt e la Tarantella, op. 43 di Chopin, brani che ha voluto dedicare alla memoria del pianista e compositore Carlo Bruno, scomparso nei giorni scorsi, ottima chiusura di un recital di elevatissimo spessore.
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