Il terzo appuntamento dell’Associazione Alessandro Scarlatti ha avuto come protagonisti il noto attore e cantante Peppe Barra ed il Circolo Artistico Ensemble, diretto dal maestro Mariano Patti
Due i brani proposti, Le carnaval des animaux per due pianoforti e piccola orchestra, di Camille Saint-Saëns (1835–1921) e L’Historie de Babar, le petit éléphant, melologo per pianoforte e voce recitante di Francis Poulenc (1899-1963).
Nel primo caso siamo di fronte ad un brano formato da 14 piccoli pezzi, concepito alla fine di una tournée a Praga e Vienna, che esordì nel 1886, in forma privata, durante il tradizionale Concerto del Martedì Grasso tenutosi nella casa parigina del violoncellista Charles Lebouc.
Anche la seconda proposizione avvenne, in forma privata, nell’aprile dello stesso anno, questa volta a casa della compositrice Pauline Viardot (sorella della cantante Maria Malibran), in occasione di una visita di Liszt, che apprezzò molto la composizione.
Per avere una rappresentazione in pubblico si dovette attendere invece il 1922, in quanto Saint-Saëns aveva formulato la precisa volontà che il lavoro dovesse essere eseguito soltanto dopo la sua morte.
Unica eccezione fu “Il Cigno”, pubblicato nel 1887 come pezzo a sé stante che, nel 1905, il coreografo Michel Fokine utilizzò per “La morte del cigno”, un assolo destinato ad Anna Pavlova, pietra miliare di una danza di nuova concezione, divenuto un cavallo di battaglia della leggendaria ballerina.
Ancora oggi ci si interroga sui motivi della scelta dell’autore francese e vi sono due principali correnti di pensiero, la prima che considera una certa ritrosia provata nel sottoporre al pubblico un divertissement (peraltro di grande godibilità), che rischiava di sminuire la stima di pubblico e critica nei suoi confronti , mentre la seconda fa leva sul fatto che gli animali presenti in questa “Fantasia zoologica”, come lui l’aveva soprannominata, potessero essere facilmente identificati in compositori, allievi e musicologi del suo tempo che, messi alla berlina tramite una satira non sempre bonaria, si sarebbero sicuramente offesi.
Più lineare la genesi dell’Historie de Babar, le petit éléphant, che attinge all’omonimo racconto, nato dalla fantasia di Cécile Sabouraud come fiaba per far addormentare i figli.
Stampato nel 1931 e corredato dai disegni del marito di Cécile, Jean de Brunhoff, artista e pittore francese parigino, il libro viene considerato il primo album illustrato per bambini ed ebbe un tale successo che Brunhoff diede vita ad altre cinque avventure di Babar e ad un abbecedario, che già nel 1939 avevano venduto quasi 4 milioni di copie, trasformando l’elefantino in uno dei personaggi più amati dai bambini francesi (fama ancora oggi ben solida, grazie ad uno dei figli della coppia, Laurent, che ha proseguito la tradizione paterna).
Per cui, quando nel 1940 Poulenc si recò a trovare alcuni parenti a Brive-la-Gaillarde ed ebbe a che fare con undici bambini (nove figli di cugini e due amichetti, che divennero in seguito i dedicatari del pezzo), Babar era già famosissimo.
Non deve quindi meravigliarci il fatto che, come narrato dall’autore in persona, gli venne richiesto in segno di sfida, da una delle bimbe, stufa di ascoltare le sue “noiose” esibizioni al pianoforte, di inventare delle musiche di accompagnamento alla storia dell’elefantino.
Un suggerimento subito accettato, che il compositore affrontò di buon grado, considerandolo anche un ottimo spunto pedagogico, in quanto la vicenda evidenziava la contrapposizione fra la semplicità della campagna e la ricercatezza della città (un po’ come nella celebre favola di Esopo).
Il brano venne da lui completato nel 1945 e pubblicato nel 1949, con una copertina disegnata espressamente da Laurent Brunhoff.
Veniamo ora agli interpreti, iniziando dalla parte strumentale, affidata al Circolo Artistico Ensemble, ottimamente diretto da Mariano Patti, e formato da Luca Iovine (clarinetto), Giuseppe Carotenuto (primo violino), Nicola Marino (secondo violino), Fabio Catania (viola), Manuela Albano (violoncello), Luigi Lamberti (contrabbasso), Giuseppe Lettiero (percussioni), Dario Candela e Pasquale Iannone (pianoforti), questi ultimi anche solisti di grande spessore nell’ Historie de Babar.
La compagine ha dato vita ad una splendida esecuzione, fornendo un taglio molto moderno al brano, che pensiamo sia dovuto ad un’illuminante convinzione del direttore, in quanto sia il particolare organico, sia la presenza di alcuni passaggi, apparivano precorritori di un tipo di musicalità sviluppatasi nei primi decenni del Novecento.
Dulcis in fundo, Peppe Barra, che ha fatto valere la sua consueta bravura, nella prima parte intervallando alle musiche la lettura di sue brevi e divertenti favole, legate ad alcuni animali citati nel pezzo di Saint-Saëns , e attenendosi, nella seconda, alla fedele narrazione della storia dell’elefantino.
Va detto, obiettivamente, che la sua presenza si è ripercossa sulla scarsa unitarietà del “Carnevale”.
Troppe le interruzioni, talora con applausi senza motivo, provocate da un pubblico numerosissimo, dove si individuavano intere famiglie, comprensive di bambine strepitanti, venute chiaramente per ascoltare solo Peppe Barra e alle quali della musica interessava ben poco (e che sicuramente non si vedranno più nel prosieguo della stagione).
D’altronde è un problema da tenere presente, quando sulla scena vi è un nome di richiamo che, per quanto possa muoversi, come in questo caso, con grande professionalità e discrezione, finisce inevitabilmente per mettere in secondo piano, nelle preferenze degli spettatori, quelli che lo circondano.
Diverso il discorso per Babar, confezionato in modo misuratissimo e perfetto (e non a caso, lungo la sua proposizione, si sono avute alcune defezioni, da parte di chi è rimasto deluso perché si aspettava ancora qualcosa di divertente).
In conclusione una serata, bissata con successo anche qualche giorno dopo al Teatro Verdi di Salerno, indicativa dell’enorme difficoltà di far accettare ad un pubblico vasto la grande musica così come è stata concepita.
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