Nell’ambito delle sue molteplici iniziative, “Il Clubino” di Piera Salerno ha ospitato una serata particolare dal titolo “Classicamente Trio”, che ha avuto come protagonista il Trio Esperidi, formato da Francesca Curti Giardina (mezzosoprano), Tiziana Minervini (chitarra) e Antonella De Chiara (violino).
Il concerto si apriva con una versione per chitarra e violino del Valzer n. 2 di Dmitrij Shostakovich (1906-1975), utilizzato dal regista Stanley Kubrick nella colonna sonora del suo ultimo film e tratto dalla Suite per orchestra di varietà (e non dalla Jazz Suite n. 2, come erroneamente riportato anche in molte incisioni recenti).
Si passava quindi alla Spagna, con Los cuatro muleros e El café de Chinitas, da Trece canciones españolas antiguas, contributo poco noto di Federico García Lorca (1898-1936), che attinse alla tradizione iberica con un approccio rigoroso e registrò anche buona parte di questa raccolta nel 1931, in cinque 78 giri, dove il grande poeta accompagnava al pianoforte la cantante Encarnación López detta “La Argentinita”.
Fra i due brani di Lorca, trovava posto Recuerdos de la Alhambra di Francisco Tárrega (1852-1909), noto a tutti i chitarristi per le difficoltà legate all’uso della tecnica del “tremolo” e lavoro la cui fonte di ispirazione fu probabilmente un libro di racconti dello statunitense Washington Irvin, incentrati sulla storia dello splendido edificio situato a Granada
A seguire il celeberrimo Libertango di Astor Piazzolla (1921-1992), datato 1974, il cui titolo nacque dalla fusione dei sostantivi Libertad e Tango, ad indicare il definitivo passaggio stilistico dell’autore dal Tango Classico al cosiddetto Tango Nuevo, evento che provocò aspre polemiche da parte degli argentini tradizionalisti.
Un successivo salto nel Settecento, ci portava all’aria Tre giorni son che Nina, attribuita da sempre a Pergolesi, pur mancando un serio riscontro a sostegno.
Solo recentemente, il ritrovamento dell’aria nel manoscritto originale dell’opera I tre cicisbei ridicoli (1749) di Vincenzo Legrenzio Ciampi, ha portato a identificare in lui l’autore effettivo che, sebbene sia considerato un rappresentante della scuola veneziana, studiò a Napoli con Durante e Leo.
Toccava poi a Ombre amene, tratta dalle Sei ariette di Metastasio, op. 95, risalenti al 1816 e concepite da Mauro Giuliani (1781-1829), virtuoso della chitarra, alla quale dedicò l’intera sua produzione, comprensiva anche di motivi creati, come in questo caso, partendo da liriche di grandi poeti.
Un salto ai nostri giorni per apprezzare Amasia del francese Laurent Boutros (1964), brano che si riferisce sia ad una città armena, in ricordo delle origini dei suoi genitori, sia al fatto che scaturisce da un suggestivo ed equilibrato connubio fra ritmi americani ed asiatici.
Il concerto proseguiva con “E’ scabroso le donne studiar”, da “La vedova allegra” di Franz Lehár (1870-1948), l’operetta più famosa in assoluto e con Entr’acte per violino e chitarra di Jacques Ibert (1880-1962).
Quest’ultimo, posto inizialmente come motivo di apertura delle musiche di scena per la commedia drammatica El médico de su honra (Il medico del proprio onore) di Calderón de la Barca, allestita in Francia nel 1935, conobbe quasi subito un grandissimo successo e ancor oggi gode di una notorietà a sé stante rispetto al resto dei pezzi creati per l’occasione, caduti nell’oblio.
Gli ultimi tre brani in programma si riferivano a due opere famosissime, “La traviata” di Verdi e “Carmen” di Bizet, rappresentate rispettivamente dal preludio e dalla Habanera, intervallati da una Tarantella, il cui motivo è di gran lunga più noto sia dell’autore, il partenopeo Luigi Ricci (1805-1859), sia dell’opera dalla quale proviene (“La festa di Piedigrotta”, 1852).
Dopo questa lunga ma indispensabile dissertazione, diamo uno sguardo alle interpreti, Francesca Curti Giardina (mezzosoprano), Tiziana Minervini (chitarra) e Antonella De Chiara (violino), che hanno innanzitutto il merito di aver proposto un programma molto piacevole, che richiedeva bravura esecutiva, grande affiatamento e ampia versatilità .
Caratteristiche pienamente evidenziate dalle componenti del Trio Esperidi per cui, se consideriamo che l’ensemble si confrontava con questo repertorio per la prima volta in pubblico, possiamo affermare di aver assistito ad un esordio assolutamente positivo.
Pubblico visibilmente soddisfatto, che ha gradito moltissimo anche i due bis, entrambi appartenenti alla canzone partenopea, consistenti in “Io, mammeta e tu” di Pazzaglia-Modugno, portata al successo da Renato Carosone nel 1956 ed “Era de maggio” (1885) frutto del binomio prestigioso costituito dal poeta Salvatore Di Giacomo e dal compositore Mario Pasquale Costa.
In conclusione una serata che ha portato alla ribalta un trio giovane e di ottime prospettive, a conferma della bontà delle numerose iniziative portate avanti dal Clubino, un luogo speciale per quanti abbiano voglia di trascorrere in maniera intelligente il loro tempo libero.
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