La tournée del Trio Metamorphosi, formato dal violinista Mauro Loguercio e dai fratelli Pepicelli (Francesco al violoncello e Angelo al pianoforte) ha recentemente toccato anche Napoli, inserita nella programmazione dell’Associazione Alessandro Scarlatti
Il concerto, interamente rivolto a Robert Schumann (1810-1856), si è tenuto al Teatro di Corte di Palazzo Reale, ed è iniziato con un inedito per la città partenopea, consistente nella versione originale dell’Allegro un poco maestoso, quarto ed ultimo movimento dei Phantasiestücke op. 88 (1842).
Il movimento venne poi pubblicato nel 1850 in forma dimezzata, poiché il compositore si rese conto che la sua lunghezza, da sola, era quasi pari a quella degli altri tre tempi che completavano la composizione.
Dopo questa chicca, registrata dal trio in prima mondiale lo scorso anno con la Decca, il programma ha proposto, in ordine di esecuzione, il Trio n. 2 in fa maggiore op. 80 e, dopo un breve intervallo, il Trio n. 1 in re minore op. 63.
Nonostante siano contraddistinti da due numeri d’opera abbastanza distanti fra loro, entrambe le composizioni risalgono al 1847 e furono concepite in un anno segnato da disgrazie personali (la perdita di un figlio di 16 mesi e la morte di due carissimi amici come Fanny e Felix Mendelssohn) e dalla disillusione dell’autore di potersi trasferire da Dresda a Vienna, allo scopo di frequentare un ambiente più consono alle sue ambizioni.
Fra i due trii, l’op. 63 presenta una struttura ed uno sviluppo maggiormente equilibrati ed esordì l’anno dopo la sua composizione a Lipsia, mentre l’op. 80 dovette attendere il 1850 per la “prima”, che ebbe luogo sempre a Lipsia, affidata ad un terzetto formato da Ferdinand David (violino), Julius Rietz (violoncello) e Clara Schumann (pianoforte).
Uno sguardo ora al Trio Metamorphosi, nato nel 2006 come Trio Modigliani, esempio forse unico di ensemble che ha cambiato nome, lasciando invariati i suoi componenti.
Angelo Pepicelli (pianoforte), Mauro Loguercio (violino) e Francesco Pepicelli (violoncello) hanno evidenziato una bravura eccezionale, che si è tradotta in un’esecuzione ricca di sfumature e di sonorità di estrema raffinatezza (si pensi, ad esempio, al tocco vellutato del pianista), molto romantiche ma mai sdolcinate, dove ogni componente faceva a gara nel mettersi al servizio degli altri, come dovrebbe avvenire sempre in ambito cameristico, contribuendo ad un insieme di eccezionale affiatamento.
Pubblico meno numeroso di quanto i protagonisti meritassero, causa la concomitante “prima” della Lucia di Lammermoor nell’adiacente Teatro di San Carlo (gli appassionati di musica classica sono sempre quelli e purtroppo non si possono sdoppiare).
Due i bis proposti, Tempo di marcia, movimento centrale del Piano Trio scritto nel 1937 da un diciassettenne Bernstein (molto sui generis rispetto al resto del programma) e il terzo tempo (Duetto) dai Phantasiestücke op. 88, a coronamento di un bellissimo concerto che ha evidenziato un’eccellenza musicale italiana.
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