Al Museum Shop la rassegna “Musica antica nel Corpo di Napoli” ha ospitato recentemente il concerto “ ‘No cchiù Ciccillo mio” – Cantate, Arie e Sonate in Lengua Napoletana tra Seicento e Settecento, affidato a tre degli elementi che costituiscono l’Ensemble “Le Musiche da Camera”, Rosa Montano (mezzosoprano), Egidio Mastrominico (violino e fondatore del gruppo) e Debora Capitanio (clavicembalo).
La serata ha avuto inizio con Passaggio rotto a violino senza basso e Ground after the Scotch humour a violino e basso, entrambi di Nicola Matteis (ca. 1640 – dopo 1714), napoletano trapiantato a Londra intorno al 1670, dove portò avanti una prestigiosa carriera e venne apprezzato soprattutto per il suo virtuosismo violinistico.
Fra i due pezzi è stato inserito il Brando Dicho “El Melo” (dove per brando si intende la traduzione italiana di branle, danza di origine francese, nata a cavallo fra il XV ed il XVI secolo), tratto da una raccolta di Andrea Falconiero (ante 1670 – c. 1698), compositore e liutista attivo in numerose corti, compresa quella partenopea.
Toccava quindi al primo brano vocale, la cantata a voce sola e basso continuo “Non cchiù Ciccillo mio” di Nicola Sabino (1675? – 1705), maestro di Cappella del Conservatorio di Sant’Onofrio a Porta Capuana fra il 1699 ed il 1702, anch’egli napoletano.
Nativo di Villa San Michele (Chieti) era invece Michele Mascitti (1664 – 1760), del quale abbiamo ascoltato la Sonata op. 2 n. 5 a violino solo e basso continuo.
L’autore si spostò a Napoli per studiare con suo zio Pietro Marchitelli, primo violino della Reale Cappella, ensemble dove in seguito Mascitti avrebbe ricoperto il ruolo di “violino soprannumerario”.
Nel 1704 lasciò tale posto ed intraprese un lungo tour europeo, che si concluse a Parigi.
Lì, infatti, decise di fermarsi, raggiungendo ben presto il successo e la fama come interprete e compositore.
Entrato nelle grazie della famiglia reale, ottenne vari privilegi, fra i quali quello di poter stampare tutte le sue composizioni a spese dello stato e, nel 1739, richiese e gli fu concessa anche la cittadinanza francese.
Questo spiega il motivo per il quale in terra transalpina lo chiamano “Michel” Mascitti e risulta molto più noto che da noi.
Il secondo pezzo vocale era costituito dall’aria “T’aggio voluto bene” del barese Gaetano Latilla (1711 – 1788 ), che studiò al Conservatorio di Sant’Onofrio a Porta Capuana, e iniziò e chiuse la sua carriera a Napoli, dopo aver soggiornato a Roma e Venezia.
Uno dei protagonisti della seconda metà del Settecento fu senza dubbio Giovanni Paisiello (1740-1816) omaggiato, nel secondo centenario dalla morte, con Notturno e La partenza (canzona).
Queste due composizioni presenti nella “Raccolta di Sonate, Sinfonie, e Rondò per Cembalo o Piano forte con l’accompagnamento di violino del Sig. re Giovanni Paisiello”, risalgono al periodo 1776-1784, durante il quale l’autore soggiornò a San Pietroburgo, e vennero dedicate alla Granduchessa Marija Fëdorovna (nata Sofia Dorotea di Württemberg), erede al trono di Russia in quanto sposa di Paolo, primogenito dell’imperatrice Caterina II.
Ultimi due brani in programma Alla veneziana, dalla Sonata III a violino e basso continuo di Emanuele Barbella (1718-1777) e “Sfogandose no juorno”, cantata sopra l’arcecalascione, di Giuseppe Porsile (1680 – 1750).
Entrambi napoletani, il primo fu allievo e poi apprezzato docente del Conservatorio di S. Maria di Loreto, oltre che virtuoso violinista.
Ebbe una relazione molto stretta con i componenti della comunità inglese a Napoli, per cui lo troviamo citato più volte dal britannico Charles Burney nel capitolo del suo “Viaggio musicale in Italia” (1770) rivolto alla situazione musicale partenopea.
Dal canto suo Porsile studiò con Gaetano Greco al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, debuttando nella città natale come operista.
Spostatosi prima a Barcellona e poi a Vienna, finì i suoi giorni nella capitale austriaca.
Veniamo quindi agli interpreti, Rosa Montano (mezzosoprano), Egidio Mastrominico (violino di concerto) e Debora Capitanio (clavicembalo) che hanno evidenziato una grande bravura e un ottimo affiatamento, sottolineati da un programma vario, piacevole e di estremo interesse, perfettamente disegnato per esaltare le capacità artistiche dei singoli.
In conclusione un concerto rivolto ad autori noti, o poco conosciuti, ma meritevoli di uscire dall’oblio, che tra Seicento e Settecento diedero lustro ad una città, annoverata all’epoca fra i più importanti poli musicali d’Europa.
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