Nominato recentemente direttore musicale e artistico dell’Orchestra di Padova e del Veneto, il maestro Marco Angius è attualmente tra i direttori d’orchestra italiani più richiesti.
Interprete di riferimento per il repertorio contemporaneo, ha collaborato con i principali enti lirici italiani, diretto numerose compagini nazionali ed internazionali quali l’Orchestra Nazionale della Rai di Torino (con la quale ha effettuato una tournée in Russia lo scorso anno), le orchestre del Teatro La Fenice, del Maggio Musicale Fiorentino, del Comunale di Bologna (dove ricopre un rilevante incarico di direttore ospite per il repertorio moderno e contemporaneo), l’Orchestra Verdi di Milano, l’Orchestra della Svizzera Italiana, la Luxembourg Philharmonie, così come innumerevoli sono le sue partecipazioni a Festival come Mi.To., Biennale di Venezia, Warsaw Autumn, RomaEuropa, Traiettorie, Milano Musica.
Ricopre dal 2011 la carica di coordinatore artistico e direttore principale dell’Ensemble Giorgio Bernasconi presso l’Accademia del Teatro alla Scala e affianca alla sua attività direttoriale una ricca produzione saggistica (Come avvicinare il silenzio, Rai Eri, 2007; Ali di Cantor – La musica di Ivan Fedele, Esz 2012; Del suono estremo, Aracne, 2014).
E’ fondatore dell’ensemble Algoritmo con cui ha inciso numerosi cd, vincendo il Premio del Disco Amadeus 2007 per Mixtim di Ivan Fedele.
Fra le sue produzioni liriche più recenti si ricordano: Aspern di Sciarrino, Jakob Lenz di Rihm, Don Perlimplin di Maderna, La volpe astuta di Janáček, L’Italia del destino di Luca Mosca, Il suono giallo di Alessandro Solbiati, Gianni Schicchi di Puccini, Alfred Alfred di Donatoni.
Abbiamo intervistato il maestro all’indomani del terzo appuntamento del percorso Mahler (ciclo da lui concepito nell’ambito della stagione 2015-2016), che ha visto l’Orchestra di Padova e del Veneto confrontarsi con un programma comprendente la Sinfonia n. 1 dell’autore austriaco, nella versione cameristica di Klaus Simon, la Sinfonia da “Luisa Miller” di Giuseppe Verdi e le Folk Songs di Luciano Berio
Maestro Angius, da settembre è stato nominato direttore musicale e artistico dell’Orchestra di Padova e del Veneto. Come sta vivendo quest’esperienza? Cosa può già dire a distanza di quattro mesi di lavoro e quali sono i progetti per il futuro?
Sono molto felice di quest’incarico e del lavoro avviato, ma anche di stare con una certa continuità in una città così bella e vivibile.
L’Orchestra mi sta sostenendo e sta condividendo il percorso di rinnovamento intrapreso.
Rinnovamento sotto il profilo del repertorio e dell’identità stessa dell’Opv rispetto a un passato glorioso ma anche storicizzato, guardando verso altri e nuovi obiettivi.
Tra i progetti in corso vi è il consolidamento della collaborazione con Salvatore Sciarrino (compositore in residenza 2015-2016) che terrà delle lezioni-concerto all’Università e presiederà la giuria del concorso internazionale di composizione, oltre l’uscita recente dei bandi per spalla e primo contrabbasso.
Dunque un rinnovamento interno della compagine orchestrale e uno, a indirizzo più globale, proteso verso un ampliamento del repertorio che distingua e individui l’Opv rispetto ad altre realtà patavine.
Parliamo del concerto dello scorso 29 gennaio e dell’accostamento tra Mahler, Verdi e Berio. Le relazioni tra i grandi compositori di una volta non sono una novità: come mai la scelta è ricaduta proprio su questa terna di nomi e su questi particolari lavori?
Per vari motivi.
Intanto Berio ha orchestrato opere di Verdi e di Mahler; quest’ultimo era anche direttore di opere verdiane.
In particolare, i silenzi drammaturgici della Sinfonia da Luisa Miller, inserita nel programma, si collegano idealmente all’uso del silenzio e dei suoni-sfondo nella Prima Sinfonia di Mahler.
Ho tentato di esaltare l’importanza di questi silenzi che sembrano posticipare ogni volta l’inizio della Sinfonia verdiana mentre al centro di essa creano zone d’ombra in cui la forma implode.
Su un altro fronte, ho avviato un percorso Mahler con nuove letture delle sinfonie da parte di compositori contemporanei che nella prossima Stagione si convertirà nel suo rovescio: le strumentazioni mahleriane di opere altrui.
Le versioni per orchestra da camera, presenti fin dai tempi di Mahler, non sono semplici riduzioni ma rielaborazioni che la critica ha mostrato di non apprezzare particolarmente ma in cui invece credo molto, sia per l’originalità di approccio al mondo mahleriano sia per l’estrema efficacia con cui possono emergere dettagli più reconditi; inoltre, lavorando su organici ridotti, si ha l’occasione di approfondire caratteri strumentali e interpretativi dalle notevoli implicazioni didattiche e divulgative.
Qual è il suo rapporto con il pubblico? Si parla spesso di un pubblico sempre più “distratto” e sempre meno competente… Lei cosa pensa a riguardo?
Sono piuttosto scettico nei confronti del concetto di competenza.
Può accadere che una persona esca di casa, paghi il biglietto e resti affascinato per caso dal concerto…non sarebbe una sfida ancora maggiore?
Non sono quindi prevenuto nei confronti del pubblico perché credo che il problema della diffusione e ricezione della musica classica o contemporanea non risieda solo nella preparazione del pubblico quanto piuttosto nella curiosità che si riesce a suscitare in esso e non solo nella percezione che un certo evento sia speciale e irrinunciabile; in questo senso considero il pubblico una massa neutra, che ascolta e digerisce praticamente tutte le proposte, come è logico che sia.
Ironicamente dico che il pubblico è un corpo fono-assorbente che migliora l’acustica perché sento da sempre questa frase: col pubblico l’acustica della sala cambierà…
Ogni artista, a proprio modo, sente molto la presenza psicologica del pubblico/interlocutore e ci dialoga (Carmelo Bene aveva rovesciato questo concetto argomentando che il teatro più è pieno e più è vuoto…).
C’è senza dubbio una differenza tra culture e interessi a seconda dei Paesi in cui ci si trova ed è chiaro che una società globalizzata come la nostra si muova in modo tendenzialmente uniforme nei consumi e negli orientamenti; a ben guardare però anche il mondo del web pullula di realtà locali assai diversificate.
Certo che il piacere di andare a teatro o a un concerto dipende dalla sensibilità soggettiva e i sistemi di comunicazione attuali tendono a veicolare i gusti in modo tirannico.
Tanto più allora la musica rappresenta un valore di rifugio dalla banalità quotidiana purché non lo diventi essa stessa, ossia nel caso in cui ci sia solo un intento di marketing attraverso l’ideologia nefasta della musica per tutti che in realtà spaccia solo intrattenimento a buon mercato: una furba stupidaggine che punta a vendere indipendentemente dal contenuto artistico (lo slogan è: propongo una musica che tutti comprendono, come se l’accesso semplificato sia un indizio di valore oggettivo del messaggio musicale).
A me piace incontrare il pubblico dei concerti, presentare le idee interpretative, etc. Ho sempre trovato attenzione e riscontro in queste iniziative e anche qui a Padova l’abitudine di presentare i programmi con incontri antecedenti il concerto sta funzionando in modo molto efficace.
La musica e i giovani: negli ultimi anni si è verificata un’inversione di tendenza e molti giovani sono tornati ad apprezzare i grandi classici. Cosa si sente di dire ai musicisti della nuova generazione?
Di essere sempre curiosi e di mettere in discussione i luoghi comuni e le categorie storicistiche.
Si può passare la vita a studiare pochi autori, ripensandoli, oppure continuare a meravigliarsi scoprendo nuove forme e linguaggi.
Per fortuna la musica offre queste possibilità e l’avvicinamento al suono è sempre un’esperienza magica.
Anche considerando il solo Novecento musicale, il terreno si presenta tuttora vasto e poco esplorato.
Personalmente considero fecondo occuparsi di orientamenti compositivi opposti perché fa crescere e maturare un artista liberandolo da gabbie concettuali e limiti stilistici.
Ciò, a mio avviso, si verifica in modo particolare nelle esperienze di teatro musicale e nella trasversalità dell’esperienza artistica.
Marco Angius al di là della musica: quali sono le sue passioni e i suoi hobby? Come passa il tempo libero oltre la musica?