La rassegna concertistica “Federimusica”, promossa dall’Università degli Studi di Napoli Federico II in collaborazione con A.Di.S.U. – Azienda per il Diritto allo Studio Universitario Federico II, ed affidata alla direzione artistica del M° Mario Coppola, ha recentemente ospitato Antonio Pompa-Baldi, pianista foggiano trapiantato da molti anni negli USA, dove insegna al Cleveland Institute of Music.
Preceduto da una ampia ed esauriente introduzione del musicista e musicologo Sandro Marrocu, relativa ai brani in programma ed al loro contesto storico-musicale, il recital è iniziato con la Ballata n. 2 in si minore di Franz Liszt (1811-1886).
Il brano risale al 1853 e venne scritto durante il suo soggiorno a Weimar, città che l’autore stava risollevando culturalmente, anche con l’apporto economico della sua nuova compagna, la principessa Carolyne von Sayn-Wittgenstein.
La ballata è nota anche con l’appellativo di “Ero e Leandro” in quanto presumibilmente ispirata al componimento del poeta greco Museo Grammatico, incentrato sulla tragica vicenda dei due giovani amanti, che abitavano sulle sponde opposte dello stretto dei Dardanelli e si incontravano tutte le sere grazie al fatto che Leandro raggiungeva l’altra sponda a nuoto, guidato dalla lucerna di Ero.
Questo fino a quando, in una notte di tempesta, la lucerna si spense e Leandro, avendo perso l’orientamento, annegò.
All’alba il suo corpo esanime venne scoperto da Ero che, per la disperazione si uccise buttandosi da una torre.
Tutto questo sarebbe descritto nella composizione, a detta non solo di molti alunni di Liszt, ma anche del grande Claudio Arrau, che asseriva di aver identificato il punto preciso della partitura corrispondente all’annegamento di Leandro.
Con la successiva Sonata in mi minore, op. 7, datata 1865, si passava ad un brano giovanile di Edvard Grieg (1843-1907).
All’epoca l’autore norvegese, dopo essersi diplomato a Lipsia nel 1862, si stava perfezionando a Copenaghen con Niels Gade (dedicatario del brano), per cui la sonata oscilla fra l’anima tedesca, rappresentata da reminiscenze di Schubert, Schumann e Brahms e la tradizione scandinava.
Ultimo brano in programma, i Dodici Studi, op. 10 di Fryderyk Chopin (1810-1849), pubblicati nel 1833 ed aventi come riferimento anche i Capricci di Paganini.
Lo scopo di partenza, come per tutti gli studi, era quello di affinare la tecnica dell’esecutore, ma la raccolta, sia per il tipo di esercizi contenuti, estremamente complessi e difficoltosi, che per la musicalità proposta, fu giudicata negativamente dalla maggior parte dei critici dell’epoca (ad esempio il tedesco Ludwig Rellstab affermava che gli studi di Chopin potevano essere eseguiti solo da chi avesse avuto le dita storte, mentre consigliava caldamente ai pianisti “sani” di evitarli, per non incorrere in problemi articolari).
Per quanto riguarda Antonio Pompa-Baldi, che conosciamo da anni ma non avevamo mai avuto l’opportunità di ascoltare nell’ambito di un recital solistico, ha confermato di essere un pianista sensibile, raffinato, molto versatile e dotato di un tocco particolarmente nitido, tutte peculiarità che hanno contribuito a fargli raggiungere una meritata fama internazionale.
Pubblico numeroso ed entusiasta (e, alla fine, abbastanza congelato, considerando che nella chiesa dei Santi Marcellino e Festo, sede dell’evento, non ci si può trattenere a lungo stando fermi), che ha chiesto ed ottenuto un bis, consistente in un arrangiamento dello stesso Pompa-Baldi de “Les chemins de l’amour” per voce e pianoforte di Poulenc, a conferma della grande ecletticità dell’artista e degno coronamento di uno splendido concerto.
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