Secondo appuntamento con il ciclo “Organi Storici della Campania”, organizzato dall’Associazione Alessandro Scarlatti, la cui direzione artistica è curata dal maestro Angelo Castaldo.
Anche stavolta la sede scelta per l’occasione, la cappella della Fondazione del Real Monte Manso di Scala, risultava di particolare suggestione in quanto ubicata al terzo piano di un edificio del centro storico, proprio sopra la celeberrima Cappella Sansevero.
Costruita nel Settecento per agevolare le attività dei seminaristi gesuiti, che erano ospitati nell’edificio, altrimenti costretti a recarsi per le loro attività spirituali in zone abbastanza lontane della città, la cappella (a tutti gli effetti una vera e propria chiesetta) è ritornata al suo antico splendore solo qualche anno fa, per cui sono in pochi a conoscerne l’esistenza.
Oltre a varie opere d’arte, fra le quali spicca una tela di Francesco de Mura e un altare ligneo con statue policrome, l’edificio sacro ospita un organo di scuola napoletana del XIX secolo che, insieme al maestro Carlo Maria Barile, è stato il protagonista del concerto intitolato “Giovanni Maria Trabaci e la musica per organo nella Napoli spagnola”.
L’apertura era rivolta alla Canzon francese del Principe di Carlo Gesualdo da Venosa (1566-1613), ancora oggi più noto per aver ucciso la prima moglie Maria d’Avalos e l’amante Fabrizio Carafa, colti in flagrante adulterio, che per la sua abilità di compositore, per le quali merita un posto di grande riguardo nella storia della musica.
La successiva Seconda ricercata (da Libro primo di ricercate, Napoli 1575) era invece del barese Rocco Rodio (ca 1530 – XVII secolo), compositore e teorico, che fece parte della Camerata di Propaganda per l’Affinamento del Gusto Musicale, formatasi intorno a Gesualdo, e costituita da autori attivi a Napoli, probabilmente anche di origine spagnola e polacca.
Si è quindi passati alla parte centrale del programma, rivolta alla produzione di Giovanni Maria Trabaci (1575-1647), figura fondamentale nell’ambito del Seicento, nato a Montepeloso (oggi Irsina), in provincia di Matera e spostatosi a Napoli nel 1594, dove entrò nel coro della chiesa della SS. Annunziata e, qualche anno dopo, venne nominato organista titolare dell’oratorio dei padri Filippini, oggi compreso nel complesso monumentale dei Girolamini.
Parte della sua produzione è conservata nella biblioteca dei Girolamini, e comprende numerosi pezzi sacri vocali e due volumi, pubblicati a Napoli rispettivamente nel 1603 e nel 1615, dedicati alla musica per strumenti a tastiera.
Da questi erano tratti Canzon franzesa prima, Dodici versi del secondo tono, Gagliarda VIII, Durezze et ligature e Toccata VIII tono.
Ultimi due autori considerati Antonio de Cabezón (1510 -1566) e Bernardo Storace (ca. 1637 – ca. 1707).
Il primo portò avanti una prestigiosa carriera in Spagna come musicista di corte, al servizio prima di re Carlo V e poi del figlio Filippo II, accompagnando entrambi anche nei viaggi in altre nazioni, per cui venne numerose volte in Italia e soggiornò probabilmente anche a Napoli.
La sua Diferencias sobre la pavana italiana è contenuta nella raccolta Obras de música para tecla, arpa y vihuela de Antonio de Cabeçon, pubblicata postuma dal figlio Hernando nel 1578.
Relativamente a Storace, di lui non si sa quasi nulla e, per quanto riguarda in modo specifico la sua produzione, fino a noi è giunto soltanto il volume Selva di varie compositioni d’intavolatura per cimbalo et organo (Venezia 1664), dal quale erano tratte l’ Aria sopra la spagnoletta e il Ballo della battaglia.
Nel complesso un programma molto interessante, dedicato ad un repertorio ancora in gran parte da riscoprire e valorizzare, che il maestro Carlo Maria Barile ha ottimamente eseguito, davanti ad un pubblico numeroso, sfruttando appieno le potenzialità di uno strumento piccolo, ma contraddistinto da sonorità perfettamente adeguate all’ambiente nel quale è collocato.
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