Figura fondamentale nell’ambito della storia della musica del Seicento, Giovanni Maria Trabaci rientra in quella categoria, purtroppo molto affollata, di autori celebratissimi in vita quanto ignorati dopo la morte.
Scorrendo la sua biografia, veniamo a conoscenza che il musicista nacque nel 1575 a Montepeloso (oggi Irsina), in provincia di Matera, ma già nel 1594 era a Napoli in qualità di cantore della chiesa della SS. Annunziata e, qualche anno dopo, venne nominato organista titolare dell’oratorio dei padri Filippini, oggi compreso nel complesso monumentale dei Girolamini.
Fra i suoi docenti vi fu il franco-fiammingo Jean de Macque, che Trabaci avrebbe poi sostituito nel 1614 nel ruolo di maestro della Reale Cappella, primo italiano a ricoprire tale incarico prestigioso.
La produzione di Trabaci, conservata in parte nella biblioteca dei Girolamini, comprende pezzi vocali e strumentali, come i Mottetti dedicati alla Vergine (Napoli, 1602) e le due raccolte di musica per strumenti a tastiera, pubblicate sempre a Napoli, rispettivamente nel 1603 e nel 1615, dove l’autore anticipa quei tratti salienti che contraddistingueranno la musica di Frescobaldi.
Da queste poche righe è sufficiente comprendere l’importanza del compositore nell’ambito della storia della musica napoletana ma, a fronte di questo, nella città dove fu attivo dal 1594 al 1647 (anno della sua morte), vi è oggi un’unica istituzione a lui dedicata, l’Associazione Organistica Giovanni Maria Trabaci, costituita nel 2006 dal maestro Mauro Castaldo.
Per tale motivo, appare più che meritevole l’iniziativa portata avanti dal Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini che, nella sede di San Rocco a Chiaia, ha ospitato la conferenza-concerto intitolata “Giovanni Maria Trabaci. Un geniale organista e clavicembalista alla corte di Napoli”, affidandola a Francesco Cera, uno dei massimi esperti in materia.
Prendendo spunto anche da una sua recentissima incisione con la casa discografica Brilliant, rivolta ad una serie di brani di Trabaci, tratti dalle raccolte del 1603 e del 1615, citate in precedenza, il maestro ha fornito le principali notizie sulla vita e sulla produzione del compositore, alternandole ad esempi musicali, eseguiti al clavicembalo.
Questi ultimi erano incentrati su pezzi che andavano dalla Gagliarda IV “alla spagnola”, alle Partite sopra Fedele, passando per varie canzoni “alla francese”, durezze, ligature, una toccata, una ricercata e altre gagliarde, dalle quali si evinceva la grande complessità, abbinata spesso a notevoli arditezze, delle composizioni di Trabaci.
I entrambi i ruoli Francesco Cera è apparso molto brillante, superando anche una comprensibile emozione iniziale, legata al fatto di dover eseguire la musica di Trabaci, autore da lui amato e approfondito da tantissimi anni, nella città natale del compositore.
Pubblico molto numeroso, che ha lungamente applaudito il maestro Cera, grande protagonista di una serata, contraddistinta da una eccezionale valenza storico-musicale, resa possibile anche grazie alla lungimiranza del Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini.
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