Al Teatro Diana il duo Alogna-Ammara protagonista di un ottimo concerto davanti ad un pubblico musicalmente poco educato

Duo Alogna-AmmaraProsegue, al teatro Diana, con notevole successo, la stagione “Diciassette e Trenta Classica”, affidata alla direzione artistica di Antonello Cannavale e Alberto Maria Ruta.
Ospite del recente appuntamento è stato il duo formato da Davide Alogna (violino) e Alessandra Ammara (pianoforte), che si è confrontato con un programma molto interessante, suddiviso in due parti ben distinte.
Nella prima abbiamo ascoltato la Sonata K. 378 in si bemolle minore per violino e pianoforte di Wolfgang Amadeus Mozart e la Sonatina in sol minore, op. postuma 137 n. 3 D. 408 per violino e pianoforte di Franz Schubert (1797-1828).
Riguardo alla K. 378, apparteneva ad una raccolta di sei sonate per violino e pianoforte, pubblicata nel 1781 dalla casa editrice Artaria e dedicata alla viennese Josepha von Auernhammer, allieva di pianoforte di Mozart nonché uno dei suoi amori giovanili.
Dal canto suo la Sonatina di Franz Schubert chiudeva un trittico che il compositore completò nel 1816, utilizzando un organico a lui abbastanza inusuale.
Ancora oggi sono sconosciute le cause che portarono l’autore alla creazione di questi brani, pur se l’ipotesi maggiormente accreditata è che, nel caso la raccolta fosse stata immediatamente pubblicata, Schubert avrebbe goduto di una discreta popolarità fra i numerosi musicisti dilettanti di Vienna.
Non fu così in quanto le tre sonate vennero date alle stampe nel 1836, otto anni dopo la morte del musicista, dall’editore Diabelli che, per incrementare le vendite, fornì loro una patina di semplicità ribattezzandole “Sonatine”, appellativo con il quale sono ancora oggi spesso identificate.
La seconda parte si è aperta nel segno di Ottorino Respighi (1879-1936), con brani tratti dai Sei pezzi, op. 31 e dai Cinque pezzi, op. 62, entrambi concepiti per per violino e pianoforte, risalenti al periodo 1901-1906.
Si tratta di piccole gemme musicali, purtroppo poco note, nelle quali l’autore riassunse generi appartenenti a differenti epoche e luoghi, per cui si andava da un Valse caressante, tipicamente viennese ad un Humoresque (termine coniato per pezzi romantici di natura allegra), passando per un Madrigale, un’Aubade e una Berceuse.
Gran finale con le incalzanti e quasi diaboliche sonorità della Tzigane, rapsodia da concerto, di Maurice Ravel (1875-1937), composta nel 1924 dall’autore francese, su richiesta della violinista ungherese Jelly d’Arányi.
Scritta originariamente per violino e luthéal (pianoforte sul quale era inserito un meccanismo, che permetteva allo strumento di emettere suoni simili al cymbalom), ebbe la “prima” a Londra, nello stesso anno, con la dedicataria accompagnata al pianoforte da Henri-Gil Marcheix e, sempre nel 1924, conobbe a Parigi il suo esordio nella versione per violino ed orchestra, anch’essa curata da Ravel.
Veniamo ora ai due interpreti, il violinista Davide Alogna e la pianista Alessandra Ammara, che hanno dato vita ad un recital gradevole e molto interessante, mostrando ottimo affiatamento, notevole bravura e grandi doti virtuosistiche.
Ulteriore pregio, le brevi ma esaurienti descrizione dei diversi brani eseguiti, da parte del maestro Alogna, che hanno impreziosito il concerto, cercando di fornire un minimo di erudizione ad un pubblico apparso quanto mai refrattario alla buona educazione.
E, in effetti, l’unico neo della serata era rappresentato da un folto gruppo di spettatori, che ha iniziato ad applaudire subito dopo il primo tempo della sonata mozartiana, continuando imperterrito alla conclusione di ogni movimento di entrambe le sonate, e c’è stato perfino chi ha chiesto il bis prima ancora di ascoltare l’ultimo brano in programma.
In definitiva un insieme di comportamenti abbastanza inspiegabile, considerando che i frequentatori della stagione sono più o meno sempre gli stessi e, almeno da tale punto di vista, non avevano mai creato molti problemi.
Successo conclusivo e richiesta di bis (stavolta al momento giusto), prontamente accolta, facendo risuonare le note della celeberrima e travolgente Czardas del napoletano Vittorio Monti, degna chiusura di un concerto molto bello, che avrebbe meritato un pubblico migliore.

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