Il Forum Universale delle Culture di Napoli e Campania, insieme con l’Associazione Domenico Scarlatti di Napoli e l’Associazione Paola Manfredini di Cremona, presenta la rassegna “Le Invisibili ombre di un Mito” che si svolgerà a Napoli dal 28 al 31 ottobre presso il Centro di Cultura Domus Ars in via Santa Chiara 10 e la Mostra d’Oltremare.
L’idea di un Convegno e di una serie di concerti dedicati ai “figli” dei compositori napoletani del XVIII secolo ha impegnato le due associazioni coinvolte associazioni per lungo tempo.
Ciò che si ascolterà è pertanto il frutto di un approfondito studio della musica italiana del Settecento, composta sia in Italia che oltralpe, non dimentichiamo che i compositori italiani dominarono l’intero scenario europeo, essendo presenti in tutte le corti del vecchio continente, e dell’intero corpus manoscritto dei “figli” in oggetto: Francesco Bianchi allievo di Niccolò Jommelli – Andrea Luchesi allievo di Giacchino Cocchi – Giuseppe Gazzaniga allievo di Nicola Porpora.
La rassegna sarà così articolata, martedì 28 ottobre esecuzione in prima esecuzione mondiale dell’oratorio “Abramo” di Francesco Bianchi allievo di Niccolò Jommelli, ore 20.30, presso il Centro di Cultura Domus Ars in Via Santa Chiara 10.
Interpreti il Coro Filarmonico Jubilate Deo, l’Orchestra da Camera di Napoli, il contralto Patrizia Porzio, i soprani Bernadette Siano, Marina Zyatkova e Mariateresa Polese.
Direttore del Coro Giuseppe Polese, dirige Giovan Battista Columbro.
Mercoledì 29 ottobre, sempre presso il Centro di Cultura Domus Ars, alle ore 20.30, “Sinfonie” di Giuseppe Gazzaniga, allievo di Niccolò Porpora, protagonista l’Orchestra da Camera di Napoli, diretta da Enzo Amato e la sorprendente esecuzione del Concerto in Sib maggiore di Domenico Cimarosa per pianoforte e orchestra con il giovanissimo pianista Lorenzo Traverso.
La rassegna si conclude alla mostra d’Oltremare il giorno 31 ottobre infatti – la mattina alle ore 11.00, ci sarà un convegno sul ruolo fondamentale della Scuola musicale napoletana nel Classicismo musicale, la scuola napoletana, autentica fucina musicale, ha da sempre dettato armonie e ritmi nella storia dell’arte musicale italiana e più ampiamente mondiale.
Sicuramente molti sono stati in passato i progetti volti alla sua rivalutazione, ma il nostro vuol essere un’operazione ancor più inclusiva: la rivalutazione della musica napoletana del Settecento attraverso i suoi “figli” che hanno composto opere la cui sapiente scrittura musicale, suggestionata dallo stile teatrale e nell’attenta consonanza al gusto dell’epoca, è stilisticamente rilevante per nobiltà d’ispirazione, per seduzione melodica e per una non comune cura dei particolari ritmici, armonici ed espressivi.
Al convegno parteciperanno: Mario Valente, Presidente Comitato Pietro Metastasio di Roma, Marta Columbro, scrittrice, musicologa e docente al Conservatorio di Napoli, Stelvio Mestrovich, scrittore e critico musicale, Robert Newman, scrittore e musicologo, Agostino Taboga, regista, ricercatore, Giampiero Bernardini, scrittore, musicologo docente al Conservatorio di Frosinone, Giovan Battista Columbro, direttore d’orchestra, musicologo, docente al Conservatorio di Milano, Enzo Amato, direttore d’orchestra, musicologo e Presidente dell’ Istituto internazionale per lo Studio del Settecento Musicale napoletano e Carlo Dumont, violinista, spalla e maestro concertatore dell’Orchestra da Camera di Napoli.
Durante il convegno sarà affrontata la problematica della damnatio memoriae della Scuola Musicale napoletana con la conseguente alterazione della storia della musica. Sulla base degli studi finora compiuti e con animo scevro da ogni sterile spirito di competizione siamo in grado di affermare che i musicisti di scuola napoletana, non solo furono il punto di riferimento della celebre Wiener Klassik, ma l’anello mancante tra Vivaldi e Rossini, sfatando così l’idea che il romanticismo tedesco -Haydn, Mozart e Beethoven- sia un mero evento miracoloso.
E’ pertanto lecito chiedersi perché non si possa dar loro legittimo e meritato posto nella storia della musica.
Sempre venerdì 31 ottobre, alle ore 20.30, sarà eseguita la Passione di Gesù Christo per soli coro e orchestra di Andrea Luchesi vero protagonista del Classicismo musicale, maestro di L. van Beethoven e autore degli ultimi lavori di W. A. Mozart e di J. Haydn. Anche in questo caso protagonisti d’eccezione, Alessandra Vavasori contralto nella parte di Pietro, Federica Zanello, soprano nella parte di Maddalena, Luigi Strazzullo, tenore nella parte di Giuseppe, il contraltista Angelo Manzotti nella parte di Giovanni e il soprano Russo Marina Zyatkova nel ruolo di Nicodemo, oltre al Coro Filarmonico Jubilate Deo, diretto da Giuseppe Polese e l’Orchestra da Camera di Napoli.
Direttore Giovan Battista Columbro.
Appuntamenti da non perdere.
Ufficio Stampa
Istituto Internazionale Domenico Scarlatti
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Durante il lavoro di riscoperta della musica del passato spesso ci si imbatte in veri e propri capolavori ed è in particolare la musica del Settecento a fornirci pagine di alto valore spirituale e di indubbio nitore formale, dove la melodia spesso gareggia in bellezza con i testi seguendo con straordinari simbolismi le pieghe della narrazione poetica.
La scuola napoletana, autentica fucina musicale, ha da sempre dettato armonie e ritmi nella storia dell’arte musicale italiana e più ampiamente mondiale.
Sicuramente molti sono stati in passato i progetti volti alla sua rivalutazione, ma il nostro vuol essere un’operazione ancor più inclusiva: la rivalutazione della musica napoletana del Settecento attraverso i suoi “figli” che hanno composto opere la cui sapiente scrittura musicale, suggestionata dallo stile teatrale e nell’attenta consonanza al gusto dell’epoca, è stilisticamente rilevante per nobiltà d’ispirazione, per seduzione melodica e per una non comune cura dei particolari ritmici, armonici ed espressivi.
L’idea di un Convegno e di una serie di concerti dedicati ai “figli” dei compositori napoletani del XVIII secolo ha impegnato le nostre associazioni per lungo tempo.
Ciò che ascolteremo è pertanto il frutto di un approfondito studio della musica napoletana del Settecento, composta sia in Italia che oltralpe (non dimentichiamo che i compositori napoletani dominarono l’intero scenario europeo, essendo presenti in tutte le corti del vecchio continente), e dell’intero corpus manoscritto dei “figli” in oggetto: Francesco Bianchi allievo di Niccolò Jommelli – Andrea Luchesi allievo di Giacchino Cocchi – Giuseppe Gazzaniga allievo di Nicola Porpora.
Andrea Luchesi (Motta di Livenza 1741 – Bonn 1801), sulla base di recenti studi delle fonti manoscritte e di una approfondita ricerca storica e musicologica, seppur sconosciuto ai più, è da considerarsi tra i maggiori protagonisti del panorama musicale europeo.
Già maestro a vent’anni lavorò per le chiese di molte città venete, per i teatri veneziani e soprattutto per il celebre Ospedale degl’Incurabili (uno dei quattro conservatori veneziani), apprezzato sia come esecutore all’organo che come compositore di opere sacre e teatrali. A trent’anni fu invitato per chiara fama dal principe arcivescovo Max Friedrich a Bonn, dove ricoprì la più alta carica a cui un musicista potesse ambire, quella di “maestro di cappella a vita”.
Sotto la direzione di A. Luchesi la cappella musicale di Bonn fu annoverata tra le migliori di tutto il Settecento non solo dagli addetti ai lavori, ma altresì dai numerosi e colti viaggiatori che allora visitavano le terre del Reno.
Ebbe versatili e geniali allievi, sarebbe impossibile enumerarli tutti, ma per far meglio comprendere la valenza didattica del nostro compositore citiamo forse il più grande, per ben dodici anni suo discepolo: Ludwig van Beethoven (come già evidenziato nel simposio berlinese di qualche anno fa da Luigi della Croce).
Di quell’opaco J. G. Neefe, che viene additato ormai per consolidata quanto fallace tradizione come il maestro di L. van Beethoven, rimangono solo alcune trascrizioni com’è ovvio che sia, dato che solo al Kapellmeister competeva il comporre, e neppure gli appartiene il ritratto che, sempre secondo la fantasiosa tradizione, lo rappresenta.
Di Luchesi invece conserviamo numerose opere, sinfonie, sonate e molta musica sacra. All’epoca, nonostante le rappresentazioni teatrali (opere liriche) difficilmente oltrepassassero i confini della patria d’origine, le opere del maestro Luchesi furono rappresentate nelle principali città europee, Vienna, Praga, Bonn e persino nel lontano Portogallo: neppure W. A. Mozart ebbe tale riconoscimento e successo di pubblico in vita.
Giuseppe Gazzaniga (Verona 1743 – Crema 1818) allievo di N. Porpora fu compositore tra i più prolifici a cavallo fra i due secoli, ma anche in questo caso quasi sconosciuto ai nostri giorni.
Le sue opere trionfarono a Lisbona, Vienna, Ratisbona, Berlino e presso la corte del principe Esterházy; la sua brillante carriera lo portò nel 1791, invitato dal marchese Silvio Zurla nella città di Crema, allora sotto il dominio veneziano, dove fu maestro di Cappella per ben 27 anni.
Anche l’odierna fama, limitata esclusivamente al suo Don Giovanni o sia
Il convitato di pietra su libretto del Bertati, non gli rende il giusto merito a causa di uno dei tanti cliché della storia della musica che attribuisce ostinatamente alle opere di Mozart un’originalità che, alla luce dei fatti, non appartiene loro.
Il Don Giovanni di Gazzaniga non solo precede di ben otto mesi il Don Giovanni di Mozart – Da Ponte, ma è prova concreta di quanto fu fonte di “ispirazione” per Mozart. Non è un caso se l’opera di Gazzaniga godette all’epoca di ben maggiore fortuna e notorietà di quella mozartiana, fu infatti replicata in diversi teatri italiani e stranieri tra cui, Parigi, Lisbona, Madrid.
Chi è a conoscenza di quel contesto storico-cultural musicale può ben valutare il significato profondo, denso di implicazioni storiche, di giudizio e di merito, di quella maggior fortuna e di quelle numerose repliche.
Francesco Bianchi (Cremona 1752 – Londra 1810) fece i suoi primi studi in campo musicale nei celebri conservatori napoletani sotto la guida di uno tra i più grandi maestri di ogni tempo: Niccolò Jommelli.
Fu poi a Parigi come maestro al cembalo presso il Theatre des Italiens dove mise in scena molte sue opere. Di ritorno in Italia fu direttore dei cori alla Scala e organista del Duomo, mentre a Venezia, nel 1785, fu nominato organista della Basilica di San Marco.
Durante la sua permanenza in Italia si adoperò per rappresentare decine di sue opere tra cui la Villanella rapita, sicuramente la più riuscita e fortunata, dallo stile comico con venature patetiche su un prezioso libretto di G. Bertati, anticipatrice del Matrimonio per astuzia di Cimarosa o della Nina di Paisiello. Anche Bianchi fu spesso fonte di ispirazione per W.A. Mozart, ma dalla Villanella rapita il salisburghese attinse letteralmente a piene mani per alcuni suoi freschi brani concertati a più voci, oggi nelle biblioteche di tutta Europa.
In seguito al clamoroso successo ottenuto con la splendida opera La Vendetta di Nino su testi di Voltaire (replicata inusitatamente per quattro anni consecutivi), Bianchi nel 1794 lasciò l’Italia soggiornando a Londra (King’s Theatre) e a Dublino, dove fu direttore dei due principali teatri. Fu membro della prestigiosa Accademia Filarmonica di Bologna, ambitissimo titolo che prevedeva il superamento di un impegnativo esame in cui si cimentò, senza peraltro superarlo, anche Mozart.
Nel 1937 il musicologo tedesco Th. A. Henseler disquisiva sull’incidenza della musica di Luchesi sul giovane Beethoven rilevando, tra l’altro, che il tema dell’Inno alla gioia della Nona sinfonia si trova già in un inno sacro di Luchesi del 1783 e che la Passione di Luchesi e l’oratorio Christus am Olberge di Beethoven si trovano ai due capi di uno stesso filo.
Contrariamente al silenzio che oggi circonda la vita e le opere di Luchesi, abbiamo le prove che la sua musica era alquanto nota in Italia e in Germania fino agli anni trenta del secolo scorso.
Non solo: abbiamo anche testimonianza che in occasione del Carnevale del 1852 venne eseguito a Roma, all’istituto apostolico S. Michele, l’oratorio Misac, Sidrac, Abdenago, ovvero i tre fanciulli ebrei, con musiche tratte da lavori di Verdi, Bellini, Meyerbeer e Luchesi, a riprova che la musica del Kapellmeister Luchesi fu talmente d’avanguardia da poter essere affiancata a quella di celeberrimi compositori a lui di molto posteriori. Questo episodio, che secondo il nostro odierno pensare potrebbe sembrare del tutto marginale e inconsistente, calato nel suo contesto storico è invece molto significativo, se si tien conto che fino agli anni trenta del Novecento il fenomeno della riscoperta o più semplicemente della replica di una composizione musicale era pressoché sconosciuto.
La musica prodotta di anno in anno veniva “consumata” in quello stesso anno e quasi esclusivamente nel luogo in cui era stata composta e la replica era appannaggio di pochissime opere riconosciute d’eccellenza.
A differenza dell’opera lirica l’oratorio non ha scene; la forza didascalica e apologetica di quanto narrato è affidata esclusivamente alla parola e alla musica. Per questo gli oratori raggiunsero spesso un’alta valenza poetica e musicale e il loro fascino sul pubblico non fu certo inferiore a quello esercitato dall’opera lirica.
L’Abramo di Francesco Bianchi, che narra la nota e saliente vicenda biblica del Vecchio Testamento e il cui manoscritto si trova presso la Biblioteca del Conservatorio di Milano, fu rappresentato nel 1783 a Venezia con un cast vocale tutto al femminile e noi oggi lo riproponiamo in prima esecuzione mondiale in tempi moderni con il medesimo organico.
La Passione di Nostro Signore di Andrea Luchesi, su testo del celebre poeta cesareo Metastasio, ebbe la prima esecuzione nella quaresima del 1776 presso la corte di Bonn ed un’unica prima moderna nel 2006 al Festival Lodoviciano di Viadana (MN).
I due argomenti sacri hanno trovato molte intonazioni nei compositori barocchi, classici e romantici, da Antonio Caldara (1730), a Niccolò Jommelli (1749), Antonio Salieri (1776), Giovanni Paisiello (1783), Gaspare Spontini (1788), Stanislao Mattei (1792), Francesco Morlacchi (1812): i lavori di Bianchi e Luchesi si inseriscono a pieno titolo in questa esaltante tradizione del genio italiano essendo la sublime espressione delle rispettive doti compositive, le melodie di Bianchi e le armonie di Luchesi. La scrittura musicale di entrambi rivela in modo inequivocabile la matrice compositiva napoletana, nonché una magistrale organizzazione del materiale sonoro e dei sui effetti sull’ascoltatore; il sapiente uso di accordi rivoltati nei recitativi accompagnati offre grande pathos e le melodie sono cariche di un intenso afflato emotivo “mozartiano”, ma, si badi bene ante litteram.
Se l’oratorio di Bianchi prevede un organico settecentesco “tradizionale”, quello di Luchesi è una novità assoluta, includendo un’ampia compagine di fiati e anticipando di almeno 7 anni quello dell’orchestra di Paisiello che il musicologo Roberto Zanetti accredita alla sua Passione.
Luchesi e Bianchi scrivevano come Haydn e Mozart? No, Haydn e Mozart devono la loro scrittura a Luchesi, Bianchi, Gazzaniga e alla lunga tradizione di musicisti italiani.
In nessun campo dell’arte e più ampiamente del sapere esiste né è mai esistito il genio assoluto.
Anche i geni sono tali perché si inseriscono in una tradizione di conoscenza, di pensiero e di sapienza artigianale.
Perché la musica dovrebbe essere un’eccezione?
Ci sembra che anche in campo musicale sia giunto il momento di una seria rilettura dei fatti su base più scientifica e meno aneddotica e mistificatoria.
Purtroppo le falsità ripetute a lungo hanno avuto un sciagurato destino di diventare verità passivamente accettate, a cui l’opinione comune, e non solo, si affeziona al punto da perderne di vista le criticità, le contraddizioni e le inverosimiglianze al punto da guardare con sospetto, o peggio zittire e oscurare, chi perseguendo la verità storica osa metterle in discussione.
Anthony Grafton nel suo Falsari e critici scriveva: “Gli studiosi tedeschi del tardo diciottesimo secolo e primo diciannovesimo secolo furono dei veri maestri nel credere e diffondere elaborate ipotesi, alcune delle quali fondate, al pari di traballanti piramidi rovesciate, su un unico elemento di prova. Molti di essi furono bravissimi nel credere con estrema facilità finanche le cose più inverosimili”.
Programma
28 Ottobre, ore 20.30 – Centro di Cultura Domus Ars
Abramo Oratorio per Soli Coro e Orchestra
Francesco Bianchi allievo di Niccolò Jommelli
Coro Filarmonico Jubilate Deo
Orchestra da Camera di Napoli
Direttore: Giovan Battista Columbro
Abramo: Patrizia Porzio, Contralto
Sara: Bernadette Siano, Soprano
Isacco: Marina Zyatkova, Soprano
Angelo: Mariateresa Polese, Soprano
Direttore del Coro: Giuseppe Polese
29 Ottobre, ore 20.30 – Centro di Cultura Domus Ars
Sinfonie per Orchestra da Camera
di Giuseppe Gazzaniga allievo di Niccolò Porpora
Orchestra da Camera di Napoli
Direttore Enzo Amato
31 Ottobre ore 11.00 – Mostra d’Oltremare
Convegno Internazionale:
Le invisibili ombre di un Mito:
Conoscenza, ruolo fondamentale della Scuola Musicale napoletana nel Classicismo musicale
Mario Valente: Presidente Comitato Pietro Metastasio – Roma
Marta Columbro: scrittrice, musicologa Conservatorio di Napoli.
Stelvio Mestrovich: scrittore, critico musicale.
Robert Newman: scrittore, musicologo.
Agostino Taboga: regista, ricercatore.
Giampiero Bernardini: scrittore, musicologo Conservatorio Frosinone.
Giovan Battista Columbro: Direttore d’orchestra, musicologo Conservatorio di Milano.
Enzo Amato: Direttore d’orchestra, musicologo Presidente IISSMN. (Istituto Internazionale per lo Studio del Settecento Musicale Napoletano)
e Carlo Dumont, violinista, spalla e maestro concertatore dell’Orchestra da Camera di Napoli.
31 Ottobre, ore 20.30 – Mostra d’Oltremare
La Passione di Gesù Christo sulla Croce per Soli Coro e Orchestra
Andrea Luchesi allievo di Gioacchino Cocchi
Coro Filarmonico Jubilate Deo
Orchestra da Camera di Napoli
Direttore: Giovan Battista Columbro
Pietro: Alessandra Vavasori, Contralto
Maddalena: Federica Zanello, Soprano
Giuseppe: Luigi Strazzullo, Tenore
Giovanni: Angelo Manzotti, Contralto
Nicodemo: Marina Zyatkova, Soprano
Direttore del Coro: Giuseppe Polese
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