La storia dei cosiddetti intermezzi, eseguiti nel Settecento come rilassante siparietto comico fra un tempo e l’altro dell’opera seria, risulta abbastanza particolare.
In effetti, se alcuni di essi sono oggi decisamente più noti dell’opera alla quale si accompagnavano (l’esempio più eclatante è rappresentato da “La serva padrona”, intermezzo de “Il prigonier superbo”, entrambi di Pergolesi), diversi altri non hanno avuto la medesima fortuna, cadendo nell’oblio più completo.
A queste pagine, da più di un decennio sta rivolgendo la sua attenzione il violinista Egidio Mastrominico, insieme all’Ensemble “Le Musiche da Camera” da lui fondato, e all’Associazione Area Arte, con un progetto intitolato “L’intermezzo ritrovato”.
Fra i gioielli del repertorio dell’ensemble vi sono “Morano e Rosicca”, due intermezzi dell’opera “Siface Re di Numidia”, che Francesco Feo musicò su testi di Metastasio, riscuotendo un grandissimo successo, a partire dall’esordio avvenuto al Teatro San Bartolomeo di Napoli nel 1723.
I due intermezzi sono stati riproposti al Centro Culturale Domus Ars, nell’ambito del Festival Internazionale del Settecento Napoletano, organizzato dall’Associazione “Domenico Scarlatti”, nell’adattamento curato da Rosa Montano, partendo dall’allestimento di Franz Prestieri, con costumi e scene dell’esordio (tranne la prua della barca, rubata qualche giorno prima da due giovani senza alcun motivo plausibile, mentre erano in corso le prove).
Al centro della vicenda, che si muoveva nel medesimo contesto dell’opera, vi sono Morano, prestante numida e cacciatore di dote e Rosicca, sua ultima vittima.
Il primo cerca di fuggire, travestito da donna di colore, imbattendosi nel capitano francese Lafton (Rosicca travestita), la cui nave è in partenza per Marsiglia.
Morano non solo fa di tutto per farsi imbarcare, ma viene anche salvato da Rosicca-Lafton quando due aitanti mori, invaghiti dall’avvenenza di quella mora sconosciuta, cercano entrambi di approfittare di lei.
Nel secondo intermezzo Morano, tornato in abiti maschili, riesce a salire sulla nave, dove incontra una borgognona ricca e avvenente (Rosicca, che nel frattempo ha smesso i panni del capitano), che si lamenta per le sue disavventure amorose.
Morano non la riconosce e ricomincia nella sua opera di seduzione, di breve durata in quanto la donna rivelerà la sua identità, minacciandolo di morte, argomento più che convincente per placare il numida e costringerlo a sposarla.
Sebbene molto esili come trama, entrambi gli intermezzi dovettero godere dei favori del pubblico e contribuire non poco al successo complessivo dell’opera di Feo.
E si può dire che, ancora oggi, continuino a possedere una loro validità, per una serie di motivi che vanno dagli equivoci scaturiti dai travestimenti dei due protagonisti (tipici della Commedia dell’Arte), alla brillantezza delle musiche, passando per i dialoghi, infarciti di sostantivi appartenenti alle lingue più disparate (napoletano, francese, arabo, africano) con riferimenti abbastanza maccheronici e, in quanto tali, di sicuro effetto comico.
Naturalmente, per ricreare un’atmosfera adatta, è necessaria la presenza di un organico specializzato in allestimenti del genere e, in questo, i protagonisti della serata sono apparsi perfetti, con il mezzosoprano Rosa Montano ed il baritono Giusto D’Auria,calatisi ottimamente nei panni dei due protagonisti della vicenda, e l’ensemble “Le Musiche da Camera”, diretto da Egidio Mastrominico e costituito da Federico Valerio e Roberto Roggia (violini), Fernando Ciaramella (viola), Ottavio Gaudiano (contrabbasso), Leonardo Massa (violoncello) e Debora Capitanio (clavicembalo), che li ha supportati in maniera eccezionale.
Pubblico numerosissimo, che si è divertito ed ha lungamente applaudito tutti i protagonisti al termine dell’esibizione, a conferma del successo del Festival Internazionale del Settecento Napoletano, rassegna fortemente voluta dal maestro Enzo Amato, presidente dell’Associazione “Domenico Scarlatti”, che speriamo non rimanga un episodio isolato ma possa conoscere nel futuro nuove edizioni.