Domenica 23 marzo la stagione dell’Associazione Alessandro Scarlatti ospita la pianista Leonora Armellini

Logo Associazione ScarlattiA quattro pianisti giovani ma già affermati è dedicato un nuovo appuntamento fuori abbonamento, che riporta il pubblico della Scarlatti nella sede di Villa Pignatelli, così profondamente legata alla storia della Associazione: protagonista del primo concerto domenica 23 marzo, alle ore 20 sarà la ventenne Leonora Armellini, che ha sostituito Daniel Barenboim sul palco dell’Ariston al Festival di Sanremo 2013 suonando gli Studi op. 10 di Chopin.
Vincitrice nell’ottobre 2010 del premio “Janina Nawrocka” al Concorso F. Chopin di Varsavia per l’ “eccezionale musicalità e bellezza del suono” – unica donna italiana premiata nella storia del prestigioso concorso – la Armellini presenta un programma tutto dedicato a Fryderyk Chopin.

Prezzo del biglietto
Intero: 15 Euro
Ridotto (abbonati della stagione concertistica 2013/14 della Associazione Alessandro Scarlatti): 10 Euro

Associazione Alessandro Scarlatti
Infoline: 081 406011
Sito web: www.associazionescarlatti.it
e-mail: info@associazionescarlatti.it

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Programma

Fryderyk Chopin (1810 – 1849)
Due notturni op. 48
n.1 in do minore
n.2 in fa diesis minore

Allegro da concerto in la maggiore op. 46

Notturno in do diesis minore opera postuma
lento con gran espressione

Dodici studi op. 25
n.1 in do maggiore
n.2 in la minore
n.3 in mi maggiore
n.4 in do diesis minore
n.5 in sol bemolle maggiore
n.6 in mi bemolle minore
n.7 in do maggiore
n.8 in fa maggiore
n. 9 in fa minore
n. 10 in la bemolle maggiore
n.11 in mi bemolle maggiore
n. 12 in do minore (“la chûte de Varsovie”)

Leonora Armellini
Leonora ArmelliniVincitrice del premio “Janina Nawrocka” al Concorso F. Chopin di Varsavia (ottobre 2010) per l’ “eccezionale musicalità e bellezza del suono”, unica donna italiana premiata nella storia del prestigioso concorso, Leonora Armellini, 20 anni, si diploma a 12 anni con lode e menzione sotto la guida di Laura Palmieri, erede della grande scuola di Arturo Benedetti Michelangeli.
Dopo il diploma vince il “Premio Venezia” (2005) e studia poi con Sergio Perticaroli, diplomandosi a 17 anni con lode all’Accademia di S. Cecilia di Roma.
Frequenta il “Master in Piano Performance” di William Grant Naborè presso l’Università di Musica di Lugano in qualità di “Lieven Scholar” e trae grande ispirazione dalle lezioni con Lilya Zilberstein presso l’Hochschule für Musik und Theater di Amburgo e con Marian Mika, con il quale approfondisce in particolare il repertorio chopiniano.
Ha tenuto più di 300 concerti in prestigiose sale europee (in tutta Italia, Polonia, Francia, Inghilterra, Germania, Austria, Svizzera, Rep. Ceca), alla Carnegie Weill Recital Hall di New York, alla Musashino Concert Hall di Tokyo, a New Delhi e Tunisi.
Segnaliamo tra i tanti, i concerti per il “Progetto Martha Argerich” di Lugano, Società Chopin di Ginevra, Festival “Chopin and His Europe” di Varsavia, Festival Internazionale “Chopin” di Duszniki-Zdroj (Polonia), “Royal Piano Festival” di Cracovia, “Mardi Rèvelation” presso la Salle Cortot a Parigi, “MiTo” Settembre Musica a Torino, Festival A. B. Michelangeli di Bergamo e Brescia, Serate Musicali di Milano, Camerata Musicale Barese al Teatro Petruzzelli di Bari, Festival “Dino Ciani” di Cortina D’Ampezzo, Musikverein di Regensburg, Steinway Hall di Londra, stagione estiva dell’orchestra LaVerdi a Milano e i recenti importanti debutti nelle stagioni dell’Accademia Filarmonica Romana e di Ferrara Musica.
Ha suonato con innumerevoli orchestre tra le quali ricordiamo l’Orchestra di Padova e del Veneto, I Solisti Veneti, Orchestra del Teatro Verdi di Trieste, Orchestra Filarmonica di Torino, Orchestra del Teatro La Fenice, Orchestra dell’Arena di Verona, Orchestra Filarmonica Marchigiana, I Virtuosi Italiani, Orchestra da Camera di Kiev, Orchestra Nazionale Ucraina, Radiowa Filharmonia New Art di Lodz, Sinfonia Varsovia.
Ha collaborato quindi con importanti direttori d’orchestra come Alexander Rabinovich-Barakowsky, Claudio Scimone, Zoltan Pesko, Anton Nanut, Damian Iorio, Daniele Giorgi, Giordano Bellincampi, Christopher Franklin, Massimiliano Caldi, Andrea Battistoni, Emilian Madey.
Si dedica anche alla musica da camera, suonando, tra gli altri, con Giovanni Angeleri, Sonig Tchakerian, Lucia Hall, Jeffrey Swann, Lilya Zilberstein.
Ha inciso cinque CD ed effettuato numerose registrazioni radiotelevisive per emittenti italiane e straniere (da ricordare il recital trasmesso da Rai Radio 3 in diretta dal Quirinale di Roma, 2009, e la partecipazione come ospite al 65° Festival di Sanremo in diretta in mondovisione con l’esecuzione di un studio di Chopin, 2013).
Recentemente, l’Istituto Chopin di Varsavia ha pubblicato un suo CD con musiche di Chopin nella “Serie Blu”, progetto dedicato alle personalità musicali più interessanti del XVI Concorso Chopin; inoltre un CD contenente l’integrale dell’Album per la Gioventù di Schumann per l’etichetta tedesca Acousence è di prossima pubblicazione.
A fine febbraio 2014 ha eseguito il concerto n. 2 di Chopin con l’Orchestra Filarmonica di Varsavia.

Le musiche (nota a cura di Stefano Innamorati)

Tra le opere che maggiormente hanno contribuito alla popolarità di Fryderyk Chopin vi sono senza dubbio i Notturni, pagine ora appassionate ora tenere, delicate o velate di tristezza, che riflettono una vita interiore carica di sogni e di vibranti pulsioni.
“Inventore” del Notturno pianistico è considerato l’irlandese John Field il quale, tra il 1812 e il 1835, diede alla luce una serie di pagine che con il titolo di Nocturnes raggiunsero ben presto una certa notorietà.
In questi lavori, generalmente in tempo lento o moderato e dal carattere lirico e sognante, la linea melodica si distende alla mano destra in stile belcantistico, solitamente accompagnata da larghi arpeggi o accordi alla mano sinistra.
Affascinato dalle potenzialità espressive e dal carattere improvvisativo di una forma libera come il Notturno fieldiano, Chopin ne subì inizialmente l’influenza, aggiungendovi progressivamente ricchezza e forza inventiva tali da scardinare la stessa funzione “primaria” del Notturno come genere di semplice intrattenimento nella Salonmusik del primo Ottocento.
Composti a Parigi nell’autunno del 1841, i Due Notturni op. 48 furono pubblicati nel novembre dello stesso anno.
Il primo brano, in do minore, è uno dei Notturni chopiniani più lunghi e drammatici, quasi una sorta di “diario intimo” che ha scatenato la fantasia dei biografi nella ricerca di suggestive circostanze ispiratrici.
Un senso di dolorosa inquietudine traspare fin dalle prime tre note della melodia iniziale, che Chopin raccomandava di eseguire con lo stesso terzo dito, suggerendo così all’interprete una precisa scelta timbrica; segue, nella sezione centrale, un corale, il cui andamento solenne viene progressivamente turbato da folate di ottave in un clima di agitazione che si protrae anche nella ripresa, per distendersi solo nell’accorato finale.
Altrettanto lungo è il secondo Notturno (in fa diesis minore) che, con la sua malinconica dolcezza, si pone in forte contrasto con la drammaticità del precedente.
La struttura, anche in questo caso, è tripartita, con la prima sezione aperta da una lunga “melodia continua” che si snoda su un basso dall’andamento ondeggiante; segue una parte centrale caratterizzata dalla reiterazione di un disegno tematico che lo stesso Chopin consigliava di suonare come un recitativo; con la ripresa della sezione principale ritorna la malinconia iniziale, apparentemente stemperata da un pacato senso di riconciliazione interiore.
Catalogato come Notturno in do diesis minore, il Lento con gran espressione (pubblicato postumo solo nel 1875) è un brano del 1830 che Chopin inviò alla sorella Ludwika in quello stesso anno, senza tuttavia specificarne l’appartenenza a questo genere musicale.
La pagina, piuttosto nota e apprezzata dal grande pubblico, è un personale omaggio del compositore alla sorella, con citazioni di alcuni dei temi da lei prediletti, presi a prestito dal finale del Concerto op. 21 e dal Canto polacco op. 74 n. 1 (Zyczenie, «Desiderio»).
Meno conosciuto, invece, è l’Allegro da Concerto in la maggiore op. 46, originariamente concepito nel 1832 come primo tempo di un Concerto per pianoforte e orchestra (il terzo, dopo l’Opus 11 e l’Opus 21); tuttavia, sfumato il progetto, il lavoro non andò oltre un’estesa bozza.
Nove anni dopo Chopin ritornò sul materiale accantonato in precedenza, riorganizzandolo in una veste idonea alla pubblicazione, avvenuta come Opus 46 nel 1841 a Parigi.
La struttura del brano risente appieno dell’originaria destinazione: si tratta, infatti, di un vero primo tempo di Concerto non orchestrato o, per meglio dire, di un concerto trascritto per solo pianoforte, nel quale sono chiaramente riconoscibili la “canonica” introduzione orchestrale, l’entrata e l’esposizione del solista con i raccordi fra i vari interventi, un accenno di riesposizione e la coda.
La continua esplorazione delle potenzialità del pianoforte, l’indagine delle risorse timbriche dello strumento, la ricerca sul suono e sulla tecnica pianistica, costituiscono alcuni degli aspetti essenziali della poetica di Chopin.
Uno dei generi in cui questo lato del compositore emerge con caratteri di assoluta genialità è rappresentato dallo Studio.
Con questo termine, in musica, s’intende solitamente un brano con finalità più propriamente didattiche che estetiche; ciò nondimeno, ragioni di opportunità pedagogica spinsero gli autori di Studi, nei primi decenni dell’Ottocento, a non produrre aridi formulari tecnici ma a elaborare composizioni “piacevoli”, rendendo le figurazioni tecnico-didattiche più accattivanti con l’inserimento di linee melodiche; emblematica, in tal senso, la fiorente produzione sorta grazie ad autori come Cramer, Czerny, Clementi, Moscheles, le cui raccolte di Studi non solo diedero un impulso decisivo allo sviluppo della tecnica pianistica, ma sono ancora oggi una tappa obbligata per gli studenti di pianoforte.
Tuttavia il mutamento decisivo, con la trasformazione dello Studio da puro esercizio pedagogico a stile concertistico che rivendica una più alta dignità artistica, si deve proprio a Chopin con la pubblicazione, nel 1833, dei Dodici Studi op. 10.
All’Opus 10, considerato la prima compiuta rivelazione del genio di Chopin, seguirono i Dodici Studi op. 25, pubblicati nel 1837.
Sebbene contempli la maggior parte delle difficoltà tecniche già incontrate nel primo libro, questa seconda raccolta mostra, insieme a una tendenza ad ampliare le dimensioni formali, una maggiore completezza dal punto di vista delle esigenze pianistiche.
Sotto il profilo costruttivo, la maggior parte degli Studi chopiniani si attiene alla forma già definita a quel tempo: ogni lavoro, infatti, sostanzialmente monotematico, si concentra su un precipuo problema tecnico, articolandosi normalmente in una prima parte che funge da esposizione, una sezione centrale in cui il materiale tematico, come in un tradizionale sviluppo, è trasposto in varie tonalità, e una sorta di ripresa.
La forma dello Studio, con la sua brevità e duttilità, si rivela anche nell’Opus 25 altamente congeniale all’ispirazione chopiniana, con un itinerario tecnico-virtuosistico perfettamente organizzato che rappresenta il pretesto, o meglio, il tramite per una superba creazione dove coincidono mirabilmente altezza dell’invenzione musicale, soluzioni formali e sperimentazione tecnico-timbrica all’avanguardia, in una progressione espressiva che culmina con una straordinaria terna di brani dallo slancio quasi epico.

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