Nel 1679 Alessandro Scarlatti, all’epoca appena diciannovenne, iniziava a Roma la sua prestigiosa carriera, proponendo la prima delle sue circa 120 opere.
Si trattava di una “favola pastorale”, divisa in tre atti, intitolata “Gli equivoci nel sembiante”, i cui testi erano dell’abate Domenico Filippo Contini.
Il lavoro, dopo la “prima”, allestita privatamente in casa Contini, e le successive repliche, tenutesi in vari palazzi della nobiltà e dell’alto clero romano, iniziò la sua diffusione in tutti i teatri della penisola, conoscendo subito un successo strepitoso.
Diversi furono i motivi che concorsero alla fama dell’opera, dal suo intrinseco valore musicale ed anche letterario, alle circostanze in cui si svolsero l’esordio e le successive riproposizioni, in aperto contrasto con la proibizione di rappresentare qualsiasi tipo di spettacolo, decretata dal papa dell’epoca Innocenzo XI.
Ma, a parte ogni cosa, decisivo fu l’apprezzamento ricevuto dalla Regina Cristina di Svezia che, dopo varie peripezie, si era definitivamente stabilita a Roma nel 1668 e godeva di una notevole influenza nell’ambito della società culturale del tempo.
Riguardo alla vicenda ideata dal Contini, siamo in piena atmosfera arcadica, con la presenza di due ninfe Clori e Lisetta.
La prima ama il pastore Eurillo e la seconda, anch’ella innamorata del giovane, cerca di sottrarlo alla sorella, facendo leva sulla gelosia.
Quando Lisetta sembra aver ottenuto lo scopo prefisso, facendo entrare in crisi, grazie ad un sotterfugio, il legame fra Clori e l’amante, appare un quarto personaggio, tale Armindo, che entrambe scambiano per Eurillo (da cui il titolo dell’opera).
Questi inizialmente sta al gioco, poiché gode, senza comprendere il perché, delle attenzioni di entrambe, ma alla fine l’arcano sarà svelato, in quanto Armindo non è altri che il gemello di Eurillo, dal quale era stato separato in tenera età.
Il lieto fine vede Eurillo riconciliarsi con Clori, e Lisetta conquistare il cuore di Armindo che, in fondo, rappresenta una sorta di “altro” Eurillo.
Dal punto di vista musicale, l’opera è formata da almeno 44 arie, contraddistinte, a seconda dell’argomento trattato, in lamenti, arie di sdegno, di paragone o di sonno (che saranno in seguito alla base delle opere serie di Alessandro Scarlatti), da 10 duetti e da un quartetto finale.
Il tutto all’insegna di una notevole difficoltà, che caratterizza molti passaggi affidati, in particolare, ai personaggi femminili, e di una variegatura e ricercatezza tali da evidenziare, già in età giovanissima, l’enorme talento di Alessandro Scarlatti.
Da quanto fin qui descritto, appare chiaro che non sia per niente semplice proporre “Gli equivoci nel sembiante”, per cui l’allestimento presentato sul palcoscenico dell’Auditorium di Castel S. Elmo (presumibilmente in “prima” assoluta a Napoli in epoca moderna), nell’ambito della stagione dell’Associazione Alessandro Scarlatti, frutto della coproduzione fra il Festival Opera Barga, il Festival Bresice di Lubiana e Auser Musici, rientra in quei veri Eventi napoletani, più numerosi di quanto si possa supporre, che la città ospita quasi in sordina, senza riconoscerli come tali, in quanto non fanno notizia e non possono quindi fungere da cassa di risonanza per i responsabili di turno della pseudocultura dominante.
D’altronde sarebbe quasi impensabile, per simili personaggi, abituati a sostenere eventi inesistenti allo scopo di giustificare vergognosi sprechi di denaro pubblico, concepire un piccolo gioiello come questo che, con mezzi e risorse limitate, ha letteralmente conquistato gli spettatori presenti.
Merito di un organico eccezionale, che va nominato dal primo all’ultimo, cominciando dai quattro cantanti, il mezzosoprano Giuseppina Bridelli (vincitrice lo scorso anno del prestigioso Concorso Internazionale di Canto Barocco Francesco Provenzale), il soprano Manuela Ranno ed i tenori Matteo Mezzaro e Alberto Allegrezza, tutti molto giovani, caratterizzati da voci splendide prive di sbavature, da una notevole presenza scenica e dotati di una dizione talmente chiara che non era necessario seguire il libretto per comprenderli.
Di eccezionale livello, per suono ed affiatamento, anche l’ensemble Auser Musici, ottimamente diretto da Carlo Ipata e formato da Rossella Borsoni, Daniela Godio (violini), Daniele Del Lungo (viola), Sebastiano Severi (violoncello), Francesco Romano (tiorba), Francesco Tomei (contrabbasso) e Daniele Boccaccio (clavicembalo).
Ricordiamo, infine, la intelligente regia affidata a Dagny Müller-Hornig, che si avvaleva di una scenografia minima ma efficacissima, curata da Nicolas Bovey e dei costumi di Kerry Bell.
Prima di chiudere, va constatato, con grande rammarico, la presenza di un pubblico decisamente inferiore al solito e privo non solo di un buon numero di abbonati, che non si sono probabilmente resi conto dell’importanza della serata ma, con le dovute e lodevoli eccezioni, anche di molti specialisti del settore, il che risulta sicuramente più sconcertante.
Non ci resta che rinnovare i complimenti a tutti i protagonisti de “Gli equivoci nel sembiante” e ricordare il prossimo concerto della stagione, giovedì 7 marzo, con il terzo appuntamento dello Scarlatti/Lab barocco rivolto all’opera buffa del Settecento napoletano.
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