Nuovo appuntamento, nell’Auditorium ipogeo del Museo Duca di Martina, della rassegna “Concerti in Villa Floridiana”, organizzata dall’Associazione Musicale Golfo Mistico, con la collaborazione della Soprintendenza Speciale per il P.S.A.E. e per il Polo Museale della città di Napoli e la direzione del Museo Duca di Martina, ai quali si è aggiunta, in questi primi tre concerti, la V Municipalità Arenella-Vomero, nell’ambito della programmazione legata alle festività appena concluse.
Protagonisti della mattinata, l’Ensemble Vocale e Strumentale Axia, diretto da Andrea Guerrini, ed il soprano Ilaria Iaquinta, confrontatisi con un repertorio sacro di ampio respiro.
Apertura con l’aversano Domenico Cimarosa (1749-1801), uno degli ultimi grandi autori della scuola napoletana, che studiò al Conservatorio di Santa Maria di Loreto con docenti del calibro di Gennaro Manna, Antonio Sacchini e Fedele Fenaroli.
Famoso soprattutto per le sue opere buffe, scrisse anche molti pezzi sacri di ottima fattura, uno dei quali è certamente il Magnificat per coro, archi e organo, brano giovanile datato 1769.
E’ stata poi la volta di Dietrich Buxtehude (1637-1707), compositore di origine danese, trapiantato in Germania, dove fu per circa quaranta anni organista titolare della Marienkirche a Lubecca.
Noto per il virtuosismo esecutivo, che finì per oscurare il suo valore di compositore, influenzò sicuramente gli autori delle generazioni successive, a cominciare da Bach.
Quest’ultimo si recò a Lubecca, quando era ad Arnstadt, dopo aver percorso più di quattrocento chilometri, con lo scopo di contattare di persona il grande maestro e carpirgli eventualmente qualche segreto.
Ascoltando sia l’Alleluja, dalla cantata Der Herr ist mit mir Bux WV 15 per coro, archi e organo (dal Salmo 118), sia la cantata Schaffe in mir, Gott, ein rein Herz BuxWV 95, per soprano, archi e organo (dal Salmo 51), non si può non pensare ai corali di Bach e, di conseguenza, al grande debito del sommo musicista nei confronti di Buxtehude.
Il successivo Inter natos mulierum in sol maggiore K. 72, offertorio per coro e archi di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), composto nel 1771 a Salisburgo per i Vespri che precedevano la festività di S. Giovanni Battista, viene considerato un lavoro “minore”.
Tale aggettivo andrebbe riferito più alla sua rara proposizione, che al valore intrinseco, molto elevato, se pensiamo soltanto al fatto che siamo di fronte ad un brano di un quindicenne.
Celeberrima, al contrario, l’Ave Maria per coro a quattro voci miste di Jacques Arcadelt, autore franco-fiammingo, nato a Liegi nei primi anni del Cinquecento, ma attivo per diversi anni in Italia, dove prestò servizio prima a Firenze e poi a Roma, nella Cappella Giulia e nella Cappella Sistina.
Pur avendo scritto molti pezzi sacri, il suo nome è legato alle raccolte di madrigali a tre e quattro voci, pubblicate a Venezia fra il 1539 ed il 1544, punto di riferimento imprescindibile per diverse generazioni di autori.
Abbastanza curiosa risulta la genesi dell’Ave Maria, emersa dal nulla nel 1842, grazie ad un oscuro compositore francese, Pierre-Louis-Philippe Dietsch, che inizialmente la propose come una sua scoperta.
In realtà Dietsch si avvalse della chanson a tre voci di Arcadelt Nous voyons que les hommes, alla quale aggiunse una quarta voce, cambiando in parte il ritmo e sostituendo il testo originale con le parole dell’Ave Maria.
Il pezzo venne poi trascritto da Liszt nel 1862, per pianoforte e per organo, il che contribuì grandemente alla diffusione ed alla fama di una composizione, che oggi viene da molti considerata ancora di Arcadelt.
Ultimo autore in programma, Niccolò Jommelli (1714-1774), nato ad Aversa come Cimarosa, che studiò al Conservatorio di S. Onofrio a Porta Capuana con Francesco Durante, per poi passare al Conservatorio di S. Maria della Pietà de’ Turchini, sotto la guida di Francesco Feo, Nicola Fago, Francesco Mancini e Leonardo Leo.
Fu attivo in varie parti d’Italia, prima di spostarsi a Stoccarda, dove rimase per ben quindici anni e, oltre alle numerose opere serie, che gli diedero una notevole notorietà, compose un discreto numero di pezzi sacri, fra i quali il Veni Creator Spiritus, per soprano solo, coro archi e organo (1751), negli anni trascorsi a Roma come maestro di cappella della Basilica di S. Pietro.
Riguardo agli interpreti, l’Ensemble Vocale e Strumentale Axia, diretto da Andrea Guerrini, ha confermato di essere una realtà corale consolidata, contraddistinta da una notevole compattezza, abbinata alla costante ricerca di particolari e sfumature, e alla versatilità indispensabile per affrontare bene un repertorio quanto mai vasto e complesso.
In questo di grande aiuto si è rivelato l’apporto di Daniele Baione e Filippo Dell’Arciprete (violini), Gerardina Rainone (viola) e Fabio Centurione (violoncello), che da qualche tempo affiancano la compagine, aggiungendosi a Giuseppe Ganzerli, organista storico dell’Ensemble.
Molto buona anche la prova del soprano Ilaria Iaquinta, che ha messo in evidenza tutte le sue doti vocali, in particolare nel complesso e difficile brano di Jommelli.
Pubblico numerosissimo e abbastanza composto, che ha mostrato di gradire un repertorio di ascolto non facilissimo, ed è stato gratificato nella parte conclusiva del concerto, rivolta ad alcuni dei canti più famosi della tradizione natalizia.
In conclusione un appuntamento che consolida il prestigio di una rassegna nata solo lo scorso anno, confermando le forti potenzialità di un bacino d’utenza, legato ad un quartiere come il Vomero, che si sta ritagliando progressivamente spazi prestigiosi nell’ambito della musica di qualità.
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