L’Orecchio di Giano chiude la sua stagione al Conservatorio napoletano di San Pietro a Majella

Fabio Cafaro e Flavio Colusso 2Rassegna romana che si avvale della collaborazione dell’Institutum Romanum Finlandiae, del sostegno del MiBAC e del patrocinio dell’Ambasciata di Finlandia presso la Santa Sede, “L’Orecchio di Giano: Dialoghi della Antica & Moderna Musica” ha voluto chiudere la sua stagione al conservatorio di Napoli nell’ambito del ciclo “Natale a San Pietro a Majella”.
Il concerto conclusivo, dal titolo “In stil Moderno”, ha avuto come protagonisti il violinista Fabio Cafaro ed il maestro Flavio Colusso, direttore artistico della manifestazione capitolina, al cembalo.
Apertura con il Balletto VI di Maurizio Cazzati (1616-1678), autore mantovano molto noto ai suoi tempi, seguito da due Sonate di Dario Castello (XVII secolo), tratte dal libro secondo e dal libro primo delle “Sonate Concertate in Stil Moderno”, raccolte pubblicate rispettivamente nel 1629 e nel 1621 a Venezia, dove il compositore svolse principalmente la sua attività.
Fra i due brani di Castello è stato possibile ascoltare una Sonata del romagnolo Marco Uccellini (1603 ca. – 1680), anch’egli discretamente famoso alla sua epoca, sia come musicista, sia come violinista, che fu maestro di cappella prima alla corte degli Estensi a Modena e poi a quella dei Farnese a Parma.
Dopo un breve intervallo, un omaggio alla musica contemporanea finlandese con The Tale of Astolpho on the Moon (La Storia di Astolfo sulla Luna) per violino solo di Kai Nieminen, che ha attinto dall’omonima vicenda tratta dall’Orlando Furioso dell’Ariosto, a sua volta ispirata ai lavori dello scrittore greco Luciano di Samosata.
Ultimi brani in programma, la Sonata III in do maggiore di Arcangelo Corelli (1653-1713), ancora oggi noto in particolare per aver portato all’apice una forma tipicamente barocca come quella del “Concerto grosso”, e la Sonata II in do maggiore “Il Pastor Fido”, da una serie di sei sonate ispirate all’omonimo dramma pastorale di Giovanni Battista Guarini, che si pensava fossero di Antonio Vivaldi, mentre recentemente sono state attribuite al francese Nicolas Chédeville.
In complesso un programma che descriveva molto bene il periodo di transizione dalla musica rinascimentale a quella barocca, durante il quale emersero autori che sfruttarono una discreta libertà di azione, al punto da apparire fortemente innovativi, sensazione che, sebbene in misura minore, si riesce a percepire tuttora.
Di ciò va dato grande merito ai due ottimi ed affiatati interpreti, che hanno proposto alcune perle di raro ascolto, con un bis rivolto ad Amarilli, su testo del Guarini (del quale si celebrano i 400 anni dalla morte), davanti ad un pubblico molto numeroso e, spesso, turbolento.
Infatti il concerto è stato il primo di una lunga kermesse, inserita nella “Notte bianca del centro storico”, alla quale ha partecipato anche il conservatorio, accogliendo flussi di curiosi, che con la musica avevano veramente poco da spartire e sicuramente il loro grado di cultura non è aumentato affacciandosi per trenta secondi in un auditorium.
Non ci resta che ringraziare, per la perizia e la pazienza dimostrate, Fabio Cafaro e Flavio Colusso, sperando di ascoltarli in condizioni “ambientali” meno proibitive.

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